sabato 30 novembre 2013

Lo spirito di Sintagma

Nella società greca, devastata dalle misure imposte dalle istituzioni politiche e finanziarie europee, le autogestioni nate dopo la grande esperienza di Piazza Sintagma ripensano la democrazia non solo come forma di partecipazione e modo di prendere decisioni. Il senso della democrazia è stato re-inventato dalla gente che si è incontrata, riconosciuta come uguale e ha sognato un altro modo possibile di vivere. Stavros Stavriles, architetto e docente all’Università tecnica nazionale di Atene, lo ha raccontato in un incontro al centro sociale madrileno Patio Maravillas. Ecco la trascrizione del suo intervento e un sintetico resoconto delle risposte date al pubblico nella trascrizione scritta da Diagonal
di Eva Garcia e Beatriz Garcia
cocina_colectiva“L’occupazione della piazza Sintagma non era semplicemente una forma collettiva di manifestarsi né era solo una maniera di avanzare richieste. Era un modo di proporre un’altra, diversa vita sociale e per riprenderci le nostre vite”. Stavros Stavrides, architetto e docente all’Università tecnica nazionale di Atene, è stato a Madrid per una serie di conferenze sui movimenti contro l’austerità in Grecia, dal punto di vista dei processi di autogestione o di occupazione, da parte della popolazione, di servizi sanitari,  piazze, mense, mercati, centri sociali. “Le esperienze vissute in Europa (compresa quella di Madrid) sono molto legate alla richiesta di un nuovo tipo di democrazia e alla costruzione delle nostre vite”, ha affermato Stravides nel suo intervento al centro sociale madrileno Patio Maravillas, di cui qui riproduciamo una trascrizione e le successive domande dei partecipanti.
Mutuo sostegno di fronte alle rovine del debito pubblico
Questo periodo ha creato un nuovo modo di produrre soggetti politici. Che non sono semplicemente soggetti impegnati nell’azione e nella rivendicazione ma anche nella proposta e nella creazione. Questi soggetti, senza essere neanche pienamente consapevoli di questo, hanno creato nuove forme di auto-organizzazione e di auto-aiuto nel mezzo di una crisi economica e politica molto grave. La prima caratteristica dei movimenti e delle iniziative che si sono sviluppate a partire dalla piazza di Sintagma era precisamente il loro rapporto con l’autogestione. In questo periodo di crisi, in Grecia, ad Atene, siamo di fronte a gravi problemi che hanno a che fare con la sopravvivenza del giorno per giorno. Sono sorti nuovi soggetti che cercano di aiutare i più bisognosi: ONG o associazioni filantropiche. Queste iniziative riproducono le forme del potere: clientelismo e potere diretto. Dall’altro lato, abbiamo i frutti dell’esperienza di Sintagma: iniziative che puntano allo stesso modo ad aiutare in rapporto alle necessità ma si basano, in questo aiuto, sulla partecipazione e il coinvolgimento.
Per esempio: è stato creato un centro sociale nel centro di Atene, a Yografu. In questa zona, anche il municipio di Atene aveva un centro che offriva pasti giornalieri ai senza dimora. Con la crisi, il Municipio non ha avuto più le risorse per mantenerlo, così il centro e il relativo intervento sono stati abbandonati. Allora le persone assistite dal centro del Municipio si sono rivolte al centro sociale. Che, a sua volta, è stato aperto in una proprietà comunale, in una piccola caffetteria occupata per avere un centro sociale e culturale, nello stesso quartiere con lo spirito di Sintagma. La gente del centro sociale ha detto ai senza tetto che non avrebbe potuto aiutarli a meno che non avessero (i senza dimora, ndt) cominciato anche loro a partecipare ad azioni di aiuto per loro stessi e per gli altri: “ Se sapete cucinare, unitevi alla squadra della cucina per cucinare per voi e per gli altri”. È un piccolo esempio dello spirito di Sintagma, da cui si evidenziano  l’auto-organizzazione e l’auto-aiuto (aiuto reciproco) attraverso progetti di collaborazione.
Democrazia
Questi soggetti politici non possono essere classificati alla stessa maniera in cui lo erano prima di Sintagma. Secondo l’idea di Jacques Rancière (filosofo francese contemporaneo), l’azione politica è fondamentalmente un’azione che de-classifica i soggetti. Credo che le persone coinvolte nelle iniziative si re-inventavano socialmente e politicamente attraverso queste azioni. Per esempio, ci sono un gran numero di centri di salute nella città di Atene: i professionisti coinvolti svolgono la loro attività senza riprodurre il ruolo tradizionale del medico perchè stanno costantemente re-inventando la relazione con il paziente. L’aiuto che ci si scambia è di tipo neutrale, non legato al mercato nè al conseguimento di benefici. Nella maggioranza dei casi non ci sono neppure sostegni pubblici. Tutto è basato semplicemente sulla solidarietà. Queste esperienze, sviluppate sotto l’ombrello di Sintagma, hanno un rapporto molto particolare con la democrazia.
Dopo Sintagma, e certamente anche in rapporto con le esperienze vissute a Madrid, la democrazia non rappresenta solo una forma di partecipazione e un modo di prendere decisioni. La democrazia è diventata una questione di creazione, di coordinamento e di pratica. Il senso della democrazia è cambiato a Sintagma, è stato re-inventato perchè la gente si è incontrata, si è vissuta come uguale, ha dovuto agire in modo coordinato senza che ci fosse nessun centro. Possiamo dire che queste iniziative hanno come caratteristica comune l’impiego della democrazia come forma di coordinamento e creazione attraverso iniziative collettive. Democrazia, in altre parole, è condividere tra uguali in una situazione in cui questa uguaglianza è la pre-condizione.
Senza avanguardia
Durante e dopo Sintagma l’idea di avanguardia è stata messa alla prova. Non è un caso che tanto la parte più stalinista del Partito comunista quanto la parte più combattiva degli anarchici si siano opposte al processo-esperienza di Sintagma in nome della lotta contro la borghesia (era l’accusa che veniva rivolta). Al contrario, Sintagma ha dimostrato che se tutti sono considerati uguali, tutti sono in grado di partecipare a un processo collettivo. Credo che lo spirito di Sintagma, la sua eredità, si possa ritrovare in quelle iniziative in cui nessuna parte del movimento appare con un ruolo di leader. Queste esperienze basate sulla orizzontalità sono riuscite a connettere molta più la gente di quanto non abbiano fatto quelle fondate su una idea di avanguardia.
Il “fare” produce il comune
Le iniziative nello spirito di Sintagma che cercano di affrontare gli effetti della crisi non si caratterizzano solo per un tipo di procedimento ma anche per un tipo di prodotto. Se siamo d’accordo sul fatto che i prodotti sono il frutto di relazioni sociali, e che per “prodotti” possiamo intendere tanto i beni fisici tangibili quanto i servizi e le relazioni sociali, possiamo essere concordi sul fatto che sono sorti nuovi prodotti, il risultato di queste nuove forme di collaborazione, cioè, dei beni comuni che sono stati prodotti attraverso il fare ( in) comune (commoning). Per esempio, ci sono molte cucine collettive nella città, alcune sono legate a collettivi anarchici o di sinistra, altre sono legate con associazioni di vicinato, ma in nessuna di esse si produce solo cibo. Ci sono sempre nuove forme di collaborazione, relazione e abitudini che producono nelle persone una nuova comprensione di quali sono le situazioni in cui vivono. È il caso anche delle reti di scambio che si sono sviluppate attraverso tutto il paese: la gente può scambiare beni e servizi senza avere alcuno scambio monetario. In maniera simile a quello che accadde in Argentina e in altre situazioni analoghe, sappiamo che durante le crisi si sviluppano reti attraverso le quali si può trovare ciò di cui si ha bisogno oppure scambiare senza bisogno di possedere denaro.
In questi casi non è il mercato a stabilire il prezzo delle cose ma si produce una rivalutazione sociale del valore dei prodotti e dei servizi. Un altro esempio sono i collettivi di lavoro, in cui si capisce che il problema del lavoro, in un contesto di grande disoccupazione, non è un problema individuale ma collettivo. Ci sono numerosi esempi di piccoli caffè e di negozi a gestione collettiva, senza un capo, in cui sono i lavoratori che si dividono il ricavato e valutano il servizio che stanno fornendo in funzione di criteri diversi di valutazione. Abbiamo altri due esempi indicativi di vecchie imprese che sono state abbandonate e sono state recuperate dai lavoratori: la prima è una media industria di materiali da costruzione a Salonicco, la seconda è un grande giornale di città che ora viene prodotto dai suoi lavoratori.
La politica non è da un’altra parte
Siamo in un momento in cui la politica non si definisce meramente come un’azione indistinta, separata da qualsiasi altra azione. Perchè solidarietà, democrazia e corresponsabilità non sono considerati come elementi solamente ideologici. Dopo Sintagma la democrazia e la solidarietà fanno parte di una lotta quotidiana per ridefinire quello che significa una vita degna. Molte persone coinvolte oggi non erano state coinvolte nella politica, nel senso tradizionale, in precedenza, anche se per politica intendiamo una pratica antiegemonica e anticapitalista. Questo modo di considerare la politica come qualcosa che attraversa tutti i livelli della vita quotidiana è una ridefinizione della politica. In questo tipo di politica la gente è invitata a giudicare la vita che sta vivendo e anche a sognare quale possa essere un altro modo possibile di vita.
mercado_municipal_ocupado(Foto: mercato occupato nel quartiere Kypseli, Atene)
Spazi intermedi
Questa ri-politicizzazione del quotidiano produce un nuovo tipo di spazio pubblico creato dal fare comune, dalla “comunalizzazzione”. E questo tipo di spazio non è un tipo di spazio regolato dall’autorità, non è uno spazio concesso sotto certe regole e condizioni. E’ un tipo di spazio pubblico che si produce attraverso le persone che stanno re-inventando il fare cose in comune. Allora, pubblico non è ciò che è appartiene allo Stato o a qualsiasi tipo di istituzione pubblica ma è lo spazio che le persone producono creando la loro vita e i beni che sono necessari per essa. Questo tipo di spazio (cucine comunitarie, centri sociali di salute, centri sociali per la produzione di educazione e cultura…) è sempre uno spazio che deve rimanere aperto alla negoziazione, non è uno spazio chiuso. Dovremmo parlarne come di uno spazio comune perchè non è più lo spazio pubblico così come lo intendiamo.
Questi spazi hanno necessariamente alcuni limiti, che però non sono chiusi ma porosi. È un grande insegnamento della piazza Sintagma che lo spazio pubblico non è quello che è aperto ma quello che sta continuamente aperto. Al contrario del tipo di intervento con cui la polizia ha cercato di marcare lo spazio della piazza come uno spazio di ribellione o della stessa strategia di quelli che accusavano  questo spazio di essere asociale, additandolo come enclave di illegalità (tutto il contrario di quanto accadeva lì).
La lezione che offre Sintagma è che questo tipo di spazio  è il terreno di prova di un nuovo tipo di vita sociale. Devono essere, questi, spazi intermedi, primi passi di un processo, spazi che non appartengono a nessuno e che appartengono a tutto il mondo. Questo è il lascito, una gran quantità di esperienze e iniziative a cui si sta tentando di mettere mano e che erano sconosciute. Non è facile e ci costringe a superare noi stessi in alcune occasioni. Ma è importante per ottenere un futuro di emancipazione, migliore.
Cucina collettiva ad Atene
Una preoccupazione a proposito del comune parte dalla definizione di ciò che è di tutti e di ciò che non è di nessuno, perchè lascia fuori la corresponsabilità nella gestione dei processi. Questa è senza dubbio una caratteristica dello spazio pubblico. Gli spazi comuni, come quelli dei centri sociali, si costruiscono intorno alle comunità, diverse, porose, inclusive, che si aprono e chiudono, ma che sono necessarie, perchè trattare i beni comuni senza la questione della comunità non corrisponde tanto alla realtà. Forse il futuro del comune passa per il riconoscimento delle risorse e delle comunità, ben oltre l’ovvio e le loro reciproche relazioni.
Nella definizione di spazio pubblico come comune, l’idea che esso può appartenere a tutti e al contempo a nessuno fa emergere il problema delle comunità. Vi sono due grandi linee nella teoria sul comune, una in relazione a questa forma di emancipazione sociale, l’altra vede il comune come forma di produzione di risorse a sostegno di una specifica comunità. Credo che la nostra risposta debba essere quella di sostenere il comune come l’opzione che sostiene comunità sempre in evoluzione.
Non comunità stabili, perchè le comunità che si autoriproducono non sono necessariamente in un processo di emancipazione ma immerse in un processo di ripetizione che è nella sua essenza di carattere conservatore. Attraverso il processo del fare comune e le ri-negoziazioni costanti, le comunità si ridefiniscono e emergono in questa ridefinizione che sarebbe emancipatoria.
Durante e dopo Sintagma è stato necessario confrontarsi col problema di come potessero lavorare insieme in percorsi di collaborazione comunità con identità molto diverse. Alcune volte ciò ha creato una nuova forma di comunità a scapito delle identità precedenti. Se consideriamo le comunità non come chiuse e stabili ma aperte e impegnate in un processo continuo di elaborazione, possiamo ottenere una risposta alle considerazioni sul comune come processo di emancipazione. In termini di identità politica, dopo il dicembre del 2008 e Sintagma, i collettivi di sinistra, di estrema sinistra e quelli anarchici collaboravano, il che era impensabile cinque anni prima.

DOMANDE E RISPOSTE
Rispetto alla strategia della polizia di ridurre Sintagma ad una enclave, credi che se ne possa dedurre una strategia generale del governo che consisterebbe nel ridurre qualunque punto di rottura (la città stessa) in un’enclave spaziale?
Credo che la creazione di spazi enclaves risponda a una strategia di dominio generale. Viviamo in una città di enclaves, in una situazione in cui si produce una separazione sociale e un controllo di queste modalità di separazione. A fronte di questa esperienza, che non è semplicemente fatta dai luoghi di apartheid o dalla grande segregazione delle megalopoli latinoamericane, possiamo agire negli spazi in cui si cerca di produrre processi di confronto sociale e politico. In termini di linguaggio spaziale, questo significa apertura e porosità. In un linguaggio più strettamente politico, è inclusione. Nel linguaggio di Sintagma, equivale a “stiamo dappertutto e non siamo nessuno”. Oppure, come si diceva nel 15Maggio in Spagna, Non veniamo da nessuna parte, nessuno ci aspettava”. Tutto ciò esprime lo stesso concetto, un tipo di apertura radicale che pretende di lottare contro i processi di formazione di enclave, un termine che esiste in inglese e che si riferisce alle forme aggressive di separazione sociale e spaziale.

Come fanno gli spazi di autogestione a resistere a questa tendenza alla formazione di enclave?
Sull’efficacia di questi dispositivi, lasciati come elementi di limitazione (l’esempio della big society inglese, la strategia di lasciare che la città si faccia carico dei problemi di esclusione.) Stiamo facendo il loro lavoro? In realtà no, perchè in queste esperienze si generano valori antagonisti, di espansione del comune. Ma il rischio è latente.
Come lottare contro questi processi? Come suggerimento credo che dobbiamo cercare e creare spazi aperti, spazi di prefigurazione, così come le esperienze sociali che si sviluppano in questi spazi di sperimentazione, e attraverso il metodo di lottare contro la città delle enclaves, costruendo dal basso e in maniera eterogenea e imprevedibile questa città di sperimentazione e prefigurazione di ciò che non è ancora. Sintagma potrebbe essere un prototipo di questo tipo di città perchè è la prova che la dialettica de-centralizzazione-ri-centralizzazione può svilupparsi nello spazio pubblico. E’ stata creata attraverso una rete di micropiazze e collettivi, una rete che non si sostituiva alla necessità di un’assemblea generale attraverso la quale queste iniziative potevano condividere una idea o una base comune. Credo fermamente che il processo di creazione di una città di prefigurazione, dal basso, sia un processo di metastasi.

In questo contesto di crisi eccezionale, vi sono una serie di necessità di base insoddisfatte tanto per la borghesia quanto per il popolo. Credi che questa situazione si prolungherà nel futuro?
Rispetto alla crescente somiglianza tra la borghesia e la classe dei lavoratori, tra le classi medio alte e quelle basse, e se tutto questo ha determinato un “declassamento” , non sono certo che questi processi stiano producendo uguaglianza tra le classi, ma certamente stanno provocando un tipo diverso di relazione tra loro. Senza andare a fondo nella discussione teorica su questa questione, credo che la definizione marxista secondo la quale le classi si individuano sulla base dei rapporti di produzione non sia sufficiente, giacchè vi è un problema nella composizione delle classi rispetto al modo di immaginare il proprio ruolo nella società e la relazione con il desiderio di organizzare la propria vita.
Voglio dire che quando le classi medie perdono il lavoro, o perfino le prospettive di crescita sociale, non necessariamente diventano anticapitaliste o che comprendono, prendono coscienza, di quale possa essere il loro ruolo nella struttura della società di cui fanno parte. Lo stesso succede per la classe operaia con la perdita del lavoro, che, allo stesso modo, non la rende più portata alla comprensione della questione anticapitalista e di ciò che essa presuppone. Nello stesso tempo, la possibilità di paragonare la tua situazione attuale con un passato recente è piena di opportunità perchè ti fa pensare che realmente le cose possono cambiare.

In America latina vi è una grande ricchezza di pratiche di autogestione, di auto-costruzione nei quartieri, ma non ne deriva un cambiamento nello stato delle cose. Per esempio lo spazio pubblico, in Messico, è sotto sequestro
Non credo che sia del tutto certo, perché, di fatto, stiamo assistendo a grandi cambiamenti politici in America latina (come in Bolivia o in Ecuador), sono basati su forme di solidarietà quotidiana, lo stesso può accadere in Messico. Continuo a pensare che gli zapatisti rappresentano un grande cambiamento politico che ha prodotto trasformazioni globali. Non dobbiamo immaginare, però, che una proliferazione di movimenti presupponga la capacità di coordinarsi e di operare cambi qualitativi nella struttura globale. Credo che stiamo vivendo in Grecia il limite di questo tipo di esperienze in rapporto con la capacità di sopravvivenza delle persone. Come sappiamo le società non si suicidano, così andiamo a vedere che cosa succede. Nessuno si aspettava la rivoluzione a Tunisi, né in Egitto. Nessuno si aspettava gli indignati greci, nè Wall Street. Siamo in un periodo di grandi cambiamenti dal basso.

Nel resto dell’Europa ci sono preoccupazioni rispetto alle notizie che giungono su Alba dorata: anche loro stanno costruendo comunità e questo comporta dei pericoli
Non è una questione tanto complicata. Alba dorata è un movimento nazi, fascista e razzista, che propugna la superiorità di una razza, che in questo caso non è la greca ma quella bianca, di ispirazione tedesca. La sua struttura ideologico-politica è abbastanza naif, non è questa la sua pericolosità ma piuttosto l’attribuzione ai migranti di tutte le responsabilità di quanto stanno soffrendo i Greci. Disgraziatamente questo messaggio convince una parte della gente, che cerca una spiegazione semplice alla distruzione della propria vita. Tutto quello che fa Alba dorata in termini di solidarietà ha a che vedere con questa idea. Aiutano i poveri, o fanno certe cose anche apprezzabili, sempre che essi siano greci. Dobbiamo demistificare questo profilo solidaristico. Nella maggioranza dei casi, sono solidarietà di reti quasi mafiose, vale a dire, noi ti proteggeremo sempre e  tu ci darai il tuo voto e ci accetterai come  leader politici in una area colpita dalla crisi. Alba dorata fornisce un certo tipo di aiuto in cambio di un ricatto politico.
Non credo che ci sia un pericolo reale che Alba dorata distorca il sentimento sincero della solidarietà. Credo che essenzialmente produca un comportamento razzista e xenofobo in alcune parti della popolazione, così come fanno anche lo Stato e l’establishment per imporre maggiori aggressioni e repressione da parte della polizia. Un altro aspetto importante che forse non è facile capire per coloro che non sanno molto della storia della guerra civile in Grecia, anche se si può immaginare, è che Alba dorata è utilizzata come una leva per produrre una significativa frattura nella società greca. Accusando il crescente movimento di sinistra, che è in stretta relazione con Syriza, di essere antisociale, antigreco ed antieuropeo, cercano di forzare questa divisione usando Alba dorata come ariete per rompere in due parti la società. Anche se non credo che riusciranno a farlo.

Guardare al passato recente come a una fonte di ispirazione è l’unica cosa che ci può dare il passato? Non ci può spiegare perchè oggi stiamo in queste condizioni e continuiamo a collezionare fallimenti? Ci interessa anche un resoconto sulle esperienze che esistevano prima di Sintagma come esprerienze del procomune. Mi meraviglio che si dica che la comunità anarchica ha rifiutato, in un primo momento, l’esperienza di Sintagma. Qual è ora la situazione?
Non cerchiamo solamente i successi ma dobbiamo apprendere anche dai fallimenti del passato, non utilizzandoli solo come esempi ma considerandoli come situazioni che non dobbiamo ripetere. Permettetemi di insistere sull’importanza della comparabilità tra il passato e il presente e le differenti situazioni di questo momento, aggiungendo il problema della traduzione. Traduzione non significa semplicemente vedere ciò che è diverso e fare confronti ma vedere anche cosa può essere trasformato in comune e fare paragoni. Le differenze con le esperienze di Exarquia precedenti a Sintagma consistono nel fatto che ora le esperienze non si limitano a collettivi anarchici o di estrema sinistra. Alla fine ci siamo liberati di quest’idea di quartiere libero che è Exarquia. Questo faceva parte dell’essere prigionieri in una enclave alternativa. Ora siamo testimoni di esperienze con caratteri simili in tutta la Grecia.
Tutto questo ha avuto inizio nel dicembre del 2008, con l’assassinio di un giovane da parte della polizia durante una manifestazione, che ha provocato manifestazioni in luoghi in cui non c’erano state per cinquanta o sessanta anni. Queste iniziative sono ora molto più integrate nella società e collegate alle pratiche quotidiane che non sei o sette anni fa. È facile verificare questo se si considera il numero di iniziative proliferate, come nel caso di Volos, che raccontava prima la compagna che ha parlato. Una città che ha avuto sempre un  movimento di sinistra e un forte sindacato che ora è sede di iniziative collegate tra le differenti parti della società.

Come vengono convocate le mobilitazioni generali e come nascono? Il coordinamento è stabile o episodico?
Non c’è grande coordinamento, non c’era durante l’esperienza di piazza Sintagma. Sappiamo anche che non c’era nelle altre Sintagma, che si sono sviluppate in altri luoghi. Forse dovremmo fermarci ogni tanto a pensare su questa questione: è qualcosa che dovremmo imporre o invece dovremmo aspettare che le cose accadano con ritmi e livelli diversi. Perchè magari se proviamo ad usare la prima strada potremmo ottenere il risultato opposto, un soggetto che impone le modalità di azione su questo strato eterogeneo. Non sono certamente contrario al coordinamento, ma  dobbiamo tener conto e cercare di produrre meccanismi che ci aiutino a comprendere come il movimento non ha sempre gli stessi obiettivi, perché non sempre si focalizza nello stesso luogo, né con le stesse necessità. È questa stessa molteplicità che può produrre effetti importanti.

Si sta reinventando la democrazia nelle strade, ma si immaginano anche nuove forme di democrazia, a livello più ampio? Come si può immaginare la trasformazione del sistema dei partiti e del sistema della rappresentanza?
Sulla democrazia, l’idea predominante a Sintagma era la democrazia diretta, in un rapporto omogeneo con le esperienze analoghe in altre parti del mondo. C’è stata una grande assemblea che ha provato a lavorare proprio su questa questione della democrazia diretta, della democrazia essenziale. Sono stato invitato, insieme ad altri, a fare un intervento. A parte il fatto che questa è stata una delle esperienze più importanti della mia vita, questa discussione girava intorno a come risolvere il problema della rappresentanza. C’era gente che pensava che l’occupazione della piazza avrebbe dovuto servire da sprone per richiedere cambiamenti nella legislazione ma la maggioranza era del parere che dovevano essere loro stessi a prendere le decisioni e non quelli che stavano in alto, nel Parlamento. L’idea della democrazia si è sviluppata attraverso tutte le esperienze che ho menzionato, insieme allo scetticismo verso la classe politica, a maggior ragione dopo le decisioni che stanno prendendo negli ultimi tempi. Tuttavia, non bisogna dimenticare che una gran parte della società crede che ci sia un movimento di sinistre istituzionali dietro Syriza, un movimento che potrebbe produrre cambiamenti reali e aprire nuove opportunità nelle condizioni sociali. Molti pensano che questo ha provocato una nuova nascita di fiducia nella democrazia partecipativa e nella capacità dei partiti politici di cambiare effettivamente le cose. Queste due cose oggi si verificano in contemporanea.

Traduzione per Comune-info di Massimo Angrisano.

Eva Garcia e Beatriz Garcia fanno parte dell’Observatorio Metropolitano di Madrid.

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