"Licenza di tortura": ecco i volti delle vittime di Stato
Ilaria Cucchi. La famiglia di Federico Aldrovandi, Aldo Bianzino, Riccardo Rasman. La nipote di Franco Mastrogiovanni. Parenti e amici di persone picchiate o uccise da forze dell'ordine, guardie penitenziarie, medici. La giovane fotografa Claudia Guido ha deciso di immortalare i loro volti. Per mostrare che potrebbe succedere ad ognuno di noi
di Francesca Sironi
Rudra Bianzino indossa una giacca blu, ha le mani in tasca, sullo sfondo le colline di Perugia. Suo padre, Aldo, è morto in carcere cinque anni fa. Era entrato in ottima salute. È uscito due giorni dopo in una bara. L'unica certezza che Rudra e i suoi fratelli hanno avuto dal processo, finora, è che il padre si sarebbe potuto salvare, se qualcuno avesse ascoltato le sue urla di dolore. Ma la guardia carceraria ch'era servizio non ha chiamato i soccorsi. Per questo l'agente è stata condannato a un anno e mezzo di reclusione: ma in carcere non ci andrà perché la pena è sospesa.
Quella di Aldo Bianzino e dei suoi figli è una delle undici storie raccontate attraverso i ritratti dei parenti e dei “sopravvissuti” da Claudia Guido, giovane fotografa padovana che li ha raccolti in una mostra itinerante intitolata “ Licenza di tortura ”. Un progetto che, spiega l'autrice, è diventato anche una forma di protesta: «Per due anni ho vissuto con queste famiglie. Ho conosciuto le loro battaglie, lo sconforto, la difficoltà di arrivare non dico a una sentenza, alla punizione dei colpevoli, ma anche semplicemente al processo: che costa tanto, economicamente ed emotivamente. Con loro ho conosciuto anche la tortura quotidiana dell'abbandono e delle parole di chi accusa, deride o rilegge le loro storie senza pensare alla sofferenza che provano intere famiglie».
Gli scatti della Guido sono frontali, scarni, senza forzature: «Non ho aggiunto elementi distintivi, non ho associato ai ritratti le immagini agghiaccianti delle vittime che abbiamo visto sui giornali», spiega l'autrice: «Perché quello che vorrei trasmettere è il sentimento che ho provato io stessa leggendo queste storie sui quotidiani: l'idea che quelle violenze sarebbero potute capitare a me. Quando mia madre ha visto la foto di Patrizia Moretti ha detto: “Potrei essere io”».
Quella di Aldo Bianzino e dei suoi figli è una delle undici storie raccontate attraverso i ritratti dei parenti e dei “sopravvissuti” da Claudia Guido, giovane fotografa padovana che li ha raccolti in una mostra itinerante intitolata “ Licenza di tortura ”. Un progetto che, spiega l'autrice, è diventato anche una forma di protesta: «Per due anni ho vissuto con queste famiglie. Ho conosciuto le loro battaglie, lo sconforto, la difficoltà di arrivare non dico a una sentenza, alla punizione dei colpevoli, ma anche semplicemente al processo: che costa tanto, economicamente ed emotivamente. Con loro ho conosciuto anche la tortura quotidiana dell'abbandono e delle parole di chi accusa, deride o rilegge le loro storie senza pensare alla sofferenza che provano intere famiglie».
Gli scatti della Guido sono frontali, scarni, senza forzature: «Non ho aggiunto elementi distintivi, non ho associato ai ritratti le immagini agghiaccianti delle vittime che abbiamo visto sui giornali», spiega l'autrice: «Perché quello che vorrei trasmettere è il sentimento che ho provato io stessa leggendo queste storie sui quotidiani: l'idea che quelle violenze sarebbero potute capitare a me. Quando mia madre ha visto la foto di Patrizia Moretti ha detto: “Potrei essere io”».
Lucia Uva - sorella di Giuseppe. La notte tra il 13 e il 14 luglio 2008 Giuseppe Uva rimase per tre ore nella caserma dei carabinieri di Varese. Da lì fu trasferito in ospedale, dove morì. Il giudice di primo grado, Orazio Muscato, ha scritto che le cause del decesso andrebbero individuate "in una tempesta emotiva legata al contenimento, ai traumi auto e/o etero prodotti, nonché all'agitazione da intossicazione alcolica acuta". Se ha assolto i medici, il tribunale ha stabilito però che "permangono ad oggi ignote le ragioni per le quali Giuseppe Uva, nei cui confronti non risulta esser stato redatto un verbale di arresto o di fermo, mentre sarebbe stata operata una semplice denuncia per disturbo della quiete pubblica, è prelevato e portato in caserma, così come tutt'ora sconosciuti rimangono gli accadimenti intervenuti all'interno della stazione dei carabinieri di Varese (certamente concitati, se è vero che sul posto confluirono alcune volanti di polizia) ed al cui esito Uva, che mai in precedenza aveva manifestato problemi di natura psichiatrica, verrà ritenuto necessitare di un intervento particolarmente invasivo quale il trattamento sanitario obbligatorio"
Alberto Biggiogero - amico di Giuseppe Uva, morto all'ospedale di Varese nel 2008 dopo esser rimasto per tre ore alla caserma dei carabinieri
Duilio Rasman - padre di Riccardo. Il 27 ottobre 2006 Riccardo Rasman, che soffriva di disagio psichico, viene immobilizzato, picchiato e asfissiato da tre poliziotti nel suo appartamento. Nel dicembre 2011 i tre agenti sono stati condannati in via definitiva a sei mesi per omicidio colposo. Sei mesi. Per aver legato col filo di ferro, imbavagliato e picchiato selvaggiamente un trentaquattrenne che aveva problemi di salute mentale
Maria Albina Rasman - madre di Riccardo, ucciso in casa il 27 ottobre del 2006
Stefano Gugliotta - Il 5 maggio del 2010 alla fine di una partita di Coppa Italia (Roma-Inter) si trova vicino all'Olimpico di Roma. Ha 25 anni, è in motorino, non indossa il casco. La sua testimonianza coincide con le immagini riprese col cellulare da un abitante del palazzo di fronte. Il video mostra un agente che si avvicina a Stefano e lo colpisce più volte alla testa. Arrivano altri poliziotti, le botte continuano. Stefano verrà detenuto per una settimana, accusato di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. Quei reati cadono, di fronte all'evidenza delle immagini. E ora è iniziato il processo che vede invece imputati nove agenti per le violenze contro di lui: lividi, lesioni alla testa, un incisivo spezzato
Domenica Ferrulli - figlia di Michele Ferrulli. Alle 21:30 del 30 giugno 2011 Michele Ferrulli, 51 anni, era a Milano in compagnia di due amici. Bevevano e scherzavano. All'arrivo di una volante la situazione si fa tesa. Dei video, girati col cellulare da alcuni abitanti del quartiere, mostrano gli agenti che immobilizzano e ammanettano Ferrulli per poi buttarlo a terra e colpirlo. Michele Ferrulli muore allora, in quel momento, per un arresto cardiaco.
Luciano Isidro Diaz - Il 5 aprile del 2009, mentre guidava, a una velocità superiore ai limiti consentiti, viene fermato dalla polizia. Da quel momento è stato operato 6 volte agli occhi per distacco della retina. Ha i timpani perforati. Ha conservato le fotografie degli enormi lividi sulla schiena e i segni delle violenze subite. L'anno scorso il tribunale di Tortona ha condannato un brigadiere a due anni e 3 mesi per lesioni personali con l'aggravante di abuso dei poteri inerenti la pubblica funziona svolta, mentre i giudici di Voghera hanno rinviato a giudizio sei carabinieri per i reati commessi quella notte
Ilaria Cucchi - sorella di Stefano, morto il 22 ottobre 2009. La corte d'assise di Roma ha condannato per omicidio colposo i medici perché Cucchi sarebbe morto di "malnutrizione", mentre ha assolto gli infermieri e gli agenti della polizia penitenziaria che secondo i familiari avrebbero picchiato brutalmente Stefano. "È legittimo il dubbio che Stefano Cucchi, arrestato con gli occhi lividi (perché molto magro e tossicodipendente e che lamentava di avere dolore, fosse stato già malmenato dai carabinieri". "Ho girato tutta l'Italia per parlare di quanto sta accadendo nelle aule di giustizia", ha scritto Ilaria Cucchi sul suo blog: "In tutte le università in cui sono stata non c'è stato un solo professore, giurista o avvocato che non si sia chiesto come poteva essere mantenuta in piedi la ridicola accusa di lesioni lievi. Stefano Cucchi è stato picchiato, per quel pestaggio è stato ricoverato al Pertini e lì, perché non curato, è morto. Come è possibile negare giuridicamente questa sequenza? Questa era la domanda sempre uguale che mi veniva rivolta". "Noi, se anche in appello ci troveremo una pubblica accusa arroccata su queste posizioni!", ha concluso: “Ce ne andremo e faremo la causa civile".
Aruna Bianzino - figlio di Aldo, arrestato il 12 ottobre 2007 per coltivazione di canapa. Due giorni dopo alla famiglia viene detto che l'uomo era morto per un aneurisma celebrale. Nonostante fosse in ottima salute. Le torture fisiche restano un sospetto. Ma quello che è certo è che gli agenti avrebbero potuto salvarlo, se ascoltando le sue urla lo avessero portato in ospedale. Un diritto che gli è stato negato, perché, secondo il pubblico ministero, quella notte la guardia carceraria "non aveva voglia di lavorare". Per questo l'agente Gianluca Cantoro è stato condannato dal tribunale di Perugia a un anno e mezzo di reculsione, con pena sospesa.
Elia Bianzino - figlio di Aldo, arrestato ad ottobre del 2007 per dentenzione di Cannabis, morto in carcere due giorni dopo, senza che nessuna inchiesta sia ancora riuscita a fare luce sulle cause del decesso
Rudra Bianzino - figlio di Aldo, morto in carcere
Patrizia Moretti - madre di Federico Aldrovandi, massacrato da quattro poliziotti la notte del 25 settembre 2005. La condanna a tre anni di reclusione per i quattro agenti (Enzo Pontani, Paolo Forlani, Monica Segatto e Luca Pollastri) è stata confermata in via definitiva dalla Corte di Cassazione nel 2012. Per i giudici "furono poste in essere condotte specificamente incaute e drammaticamente lesive", individuate "da un lato nella serie di colpi sferrati contro il giovane, dall'altro nelle modalità di immobilizzazione del ragazzo, accompagnate dall'incongrua protratta pressione esercitata sul tronco dell'Aldrovandi"
Lino Aldrovandi - padre di Federico, ucciso da quattro poliziotti la notte del 25 settembre 2005 mentre tornava a casa
Stefano Aldrovandi - fratello di Federico, ucciso da quattro agenti della polizia la notte del 25 settembre 2005
Patrizia Moretti, la madre di Federico Aldrovandi , ucciso di botte da quattro poliziotti la notte del 25 settembre 2005, è stata uno dei primi contatti della ventinovenne padovana. Poi sono arrivati il padre e il fratello di Federico, insieme alle altre vittime che ora stanno girando per tutta Italia : la mostra arriverà a breve anche a Roma e a Milano. «Dopo undici casi mi son dovuta fermare: ero troppo coinvolta. Ma non escludo la possibilità di continuare: l'argomento è purtroppo sempre attuale».
Nel frattempo, dall'aprile del 2011, la Guido ha portato davanti al suo obiettivo Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano , morto dopo esser stato arrestato, picchiato, e lasciato senza cure il 22 ottobre del 2009; la famiglia di Riccardo Rasman, il giovane con problemi psichiciimmobilizzato, colpito e asfissiato da tre agenti, a casa sua, il 27 ottobre del 2006; un sopravvissuto come Paolo Scaroni , il tifoso che nel 2005 finì in coma per le manganellate della polizia e dal suo risveglio ha avviato una battaglia legale per individuare i colpevoli; o come Stefano Gugliotta, menato da uomini in divisa il 5 maggio del 2010 e salvatosi da una condanna per “resistenza a pubblico ufficiale” solo grazie ai video girati col cellulare dagli abitanti della zona.
Nella mostra ci sono poi Grazia Serra, nipote di Franco Mastrogiovanni , il maestro morto il 4 agosto 2009 in un reparto psichiatrico dell'ospedale di Vallo della Lucania, dopo esser rimasto per ore legato a un letto senza cure né acqua. Si sono fatti ritrarre anche il padre, la madre e la sorella di Carlo Giuliani , il ragazzo di 23 anni ucciso da un proiettile della polizia il 20 luglio 2001 durante le contestazioni del G8 di Genova ; la figlia di Michele Ferrulli , il 51enne morto d'infarto mentre veniva arrestato il 30 giugno del 2011; Luciano Isidro Diaz , fermato la notte del 5 aprile del 2009 mentre guidava troppo forte e reso vittima di lesioni così gravi da causargli la perforazione di un timpano e il distacco della retina; e infine la sorella e il migliore amico di Giuseppe Uva , l'uomo morto in ospedale dopo esser stato trattenuto per tre ore nella caserma dei carabinieri di Varese.
Ci sono i volti di tutti loro. Che interrogano, per primo, lo Stato. Perché non lasci ripetere quelle violenze.
Nel frattempo, dall'aprile del 2011, la Guido ha portato davanti al suo obiettivo Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano , morto dopo esser stato arrestato, picchiato, e lasciato senza cure il 22 ottobre del 2009; la famiglia di Riccardo Rasman, il giovane con problemi psichiciimmobilizzato, colpito e asfissiato da tre agenti, a casa sua, il 27 ottobre del 2006; un sopravvissuto come Paolo Scaroni , il tifoso che nel 2005 finì in coma per le manganellate della polizia e dal suo risveglio ha avviato una battaglia legale per individuare i colpevoli; o come Stefano Gugliotta, menato da uomini in divisa il 5 maggio del 2010 e salvatosi da una condanna per “resistenza a pubblico ufficiale” solo grazie ai video girati col cellulare dagli abitanti della zona.
Nella mostra ci sono poi Grazia Serra, nipote di Franco Mastrogiovanni , il maestro morto il 4 agosto 2009 in un reparto psichiatrico dell'ospedale di Vallo della Lucania, dopo esser rimasto per ore legato a un letto senza cure né acqua. Si sono fatti ritrarre anche il padre, la madre e la sorella di Carlo Giuliani , il ragazzo di 23 anni ucciso da un proiettile della polizia il 20 luglio 2001 durante le contestazioni del G8 di Genova ; la figlia di Michele Ferrulli , il 51enne morto d'infarto mentre veniva arrestato il 30 giugno del 2011; Luciano Isidro Diaz , fermato la notte del 5 aprile del 2009 mentre guidava troppo forte e reso vittima di lesioni così gravi da causargli la perforazione di un timpano e il distacco della retina; e infine la sorella e il migliore amico di Giuseppe Uva , l'uomo morto in ospedale dopo esser stato trattenuto per tre ore nella caserma dei carabinieri di Varese.
Ci sono i volti di tutti loro. Che interrogano, per primo, lo Stato. Perché non lasci ripetere quelle violenze.
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