La Procura di Palermo archiviò l’indagine sugli appalti in Sicilia tre giorni dopo la morte di Borsellino
Appena tre giorni dopo l’uccisione di Paolo Borsellino e della sua scorta, la Procura di Palermo archiviò l’indagine dei Ros sugli appalti pubblici e le connivenze tra mafia ed esponenti politici locali e nazionali. Sì, il Ros, proprio quel reparto dei Carabinieri comandato da Mario Mori, il generale che ora sta subendo una vera e propria persecuzione giudiziaria: accusato di favoreggiamento a Cosa Nostra per la mancata perquisizione dell’abitazione di Totò Riina dopo l’arresto (assolto) ed ora pure per il mancato arresto del boss Bernardo Provenzano nel 1995.
Che i rapporti tra Ros e Procura di Palermo non fossero idilliaci, nonostante i successi ottenuti dal Ros tra cui l’arresto di Totò Riina, è sempre stato evidente. Altrettanto si può dire per Falcone e Borsellino, apertamente osteggiati dalla Procura di Palermo e buona parte dei colleghi, in primis quelli appartenenti alla corrente di sinistra di Magistratura Democratica.
Falcone fu costretto a trasferirsi a Roma, alla sezione Affari Penali del Ministero di Grazia e Giustizia il cui titolare era allora il socialista Claudio Martelli. Una collaborazione proficua, che attirò però l’invidia e i sospetti di esponenti politici, colleghi o intellettuali schierati a sinistra come Leoluca Orlando, Alfredo Galasso, Nando Dalla Chiesa, Carmine Mancuso, Gherardo Colombo e tanti altri, i quali non trovarono di meglio che accusarlo di essersi venduto al potere politico.
Anche i rapporti con il procuratore capo di Palermo, Pietro Giammanco, peggiorarono sensibilmente.
Niente di nuovo, al di là di un epilogo che amareggia e lascia interdetti: la Procura di Palermo, con tanto di timbro e firma di Pietro Giammanco in persona, archiviò le indagini sugli appalti in Sicilia volute da Falcone e Borsellino e condotte dal Ros dei Carabinieri appena tre giorni dopo l’uccisione di Paolo Borsellino, a sua volta avvenuta 58 giorni dopo quella di Falcone, moglie e tre uomini della scorta.
Peggio ancora: la richiesta di archiviazione fu presentata appena due giorni prima dell’omicidio di Borsellino.
Che i rapporti tra Ros e Procura di Palermo non fossero idilliaci, nonostante i successi ottenuti dal Ros tra cui l’arresto di Totò Riina, è sempre stato evidente. Altrettanto si può dire per Falcone e Borsellino, apertamente osteggiati dalla Procura di Palermo e buona parte dei colleghi, in primis quelli appartenenti alla corrente di sinistra di Magistratura Democratica.
Falcone fu costretto a trasferirsi a Roma, alla sezione Affari Penali del Ministero di Grazia e Giustizia il cui titolare era allora il socialista Claudio Martelli. Una collaborazione proficua, che attirò però l’invidia e i sospetti di esponenti politici, colleghi o intellettuali schierati a sinistra come Leoluca Orlando, Alfredo Galasso, Nando Dalla Chiesa, Carmine Mancuso, Gherardo Colombo e tanti altri, i quali non trovarono di meglio che accusarlo di essersi venduto al potere politico.
Anche i rapporti con il procuratore capo di Palermo, Pietro Giammanco, peggiorarono sensibilmente.
Niente di nuovo, al di là di un epilogo che amareggia e lascia interdetti: la Procura di Palermo, con tanto di timbro e firma di Pietro Giammanco in persona, archiviò le indagini sugli appalti in Sicilia volute da Falcone e Borsellino e condotte dal Ros dei Carabinieri appena tre giorni dopo l’uccisione di Paolo Borsellino, a sua volta avvenuta 58 giorni dopo quella di Falcone, moglie e tre uomini della scorta.
Peggio ancora: la richiesta di archiviazione fu presentata appena due giorni prima dell’omicidio di Borsellino.
Fonte: Qelsi
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