Nelle polverose e vibranti strade di Gerusalemme, un uomo di nome Paolo, una volta feroce persecutore dei seguaci di Cristo, ora trasformato in ardente apostolo, sollevò la voce. I suoi occhi, che avevano intravisto il divino sulla strada di Damasco, ora splendevano con una fiamma indomita, mentre parlava di redenzione e risurrezione a chiunque avesse orecchie per ascoltare.
Ma la predicazione di Paolo scontentava l'aristocrazia ebraica. Molte mani che una volta lo accoglievano ora lo respingevano, trasformandosi in pugni.
Paolo, trascinato in catene di fronte ad una guarnigione romana, fu subito preparato per essere interrogato.
Gli occhi dei soldati, freddi come la pietra, fissavano l'uomo dinanzi a loro, mentre un legionario si preparava a frustrarlo prima dell'interrogatorio, come brutale prassi del mondo antico.
Ma proprio mentre stava per vibrare il primo colpo, Paolo parlò con voce chiara: “Vi è lecito flagellare un cittadino romano e per di più non ancora giudicato?”
Le parole, chiare e possenti, fecero subito vacillare la certezza nelle mani degli esecutori. Il centurione si bloccò, gli occhi inchiodati a quelli dell'apostolo, mentre il tribuno lo avvertiva: “Che cosa fai? Quest’uomo è romano!”
La domanda, colma di paura, uscì dalle labbra del tribuno: “Dimmi, tu sei romano?” Una sola parola, “Sì!”, uscì dalla bocca di Paolo.
Il dialogo che seguì, un scambio tra due uomini, due cittadini di Roma, svelò una realtà più profonda. Paolo era nato cittadino, con quello status che il tribuno aveva invece pagato a caro prezzo.
Così, Paolo, cittadino di Roma e apostolo di Cristo, venne subito sciolto dalle catene. Tale era la forza della cittadinanza romana.
Scrpta Manent
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