Fonte: Svetonio, Augusto, 26-27
All'alba di un'epoca tempestosa, nel cuore pulsante dell'antica Roma, un giovane di nome Ottaviano, ancora nel fiore dei suoi vent'anni, si trovava al bivio del destino.
Dotato di una risolutezza e di una visione che andavano ben oltre la sua età, aveva deciso di affrontare l'ordine costituito e di riscrivere il futuro della Città Eterna.
Con la determinazione di un generale e la passione di un rivoluzionario, avanzò minacciosamente con le sue legioni verso la maestosa Roma. Le sue schiere, formate da valorosi soldati, erano pronte a seguire il loro leader ovunque egli avesse deciso di guidarle.
Ottaviano sapeva che la sola presenza delle sue legioni avrebbe fatto tremare le fondamenta della città, ma voleva evitare un bagno di sangue. Così inviò un gruppo di soldati fidati a chiedere al Senato di concedergli il consolato, non per sé, ma a nome dell'intero esercito che rappresentava.
Il Senato, un'istituzione secolare e potente, sembrò esitante di fronte a tale richiesta. Ma tra i soldati di Ottaviano, vi era un centurione di nome Cornelio, un uomo dal cuore fermo e dalla spada sempre pronta. Capo della delegazione inviata da Ottaviano, Cornelio sapeva che il tempo era essenziale e che ogni momento di esitazione avrebbe potuto portare a una tragedia.
Con un gesto audace e deciso, gettò indietro il suo mantello, rivelando l'impugnatura del suo gladio, lucida e minacciosa. Rivolgendosi all'assemblea dei senatori, con uno sguardo fermo e penetrante, pronunciò parole che sarebbero entrate nella storia: “Se non lo farete voi, questa spada lo farà”.
La tensione era palpabile, e in quell'istante, il destino di Roma pendeva da un filo.
Scripta Manent
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