È Michele Iocca, morto poche settimane fa, che negli anni '50 realizzò le illustrazioni per molti dei cartelli stradali in uso ancora oggi
Ogni giorno mentre ci spostiamo per le strade dei paesi e delle città italiane incontriamo cartelli stradali che segnalano una strettoia, ci ricordano di fare attenzione a possibili animali o indicano zone in cui è vietato andare in bicicletta. Le grafiche di questi cartelli furono disegnate da Michele Arcangelo Iocca (spesso citato come Jocca), un fumettista e disegnatore abruzzese che alla fine degli anni Cinquanta fu incaricato di curarle in vista della pubblicazione del nuovo Codice della strada, morto lo scorso 9 luglio a 97 anni.
Il fatto che molti dei cartelli disegnati da Iocca siano rimasti immutati da allora e si trovino in tutto il paese ha permesso di definirlo “il disegnatore di fumetti più visto dagli italiani”, come scrisse qualche anno fa lo storico del fumetto Gianni Bono, autore della Guida al fumetto italiano.
Iocca nacque il 6 ottobre del 1925 a Calascio, in provincia dell’Aquila, e durante la Seconda guerra mondiale ritornò a Roma, dove da bambino si era trasferito per alcuni anni con la famiglia. In quel periodo conobbe il giornalista del Messaggero Giulio Tirincanti, grazie al quale cominciò a collaborare con piccole case editrici, illustrando le copertine e le pagine interne di libri e volumi di fiabe. Verso la fine degli anni Cinquanta scrisse alcune storie per il celebre programma televisivo Carosello, mentre prima si era dedicato ai fumetti, collaborando alla serie Lupettino e illustrando alcune copertine delle riviste Bambola e Amichetta.
«La chiusura di Amichetta ci mise tutti a spasso», raccontò Iocca nel 2016 al sito Guida al fumetto italiano. «Per anni avevo guadagnato tanti soldi», disse, ma poi «il vento era cambiato». Così nel 1959 partecipò al concorso per diventare impiegato all’ente statale che si occupava di opere pubbliche (Genio Civile): venne assunto, e tra le altre cose fu incaricato di disegnare le nuove grafiche per i cartelli della segnaletica stradale, che vennero pubblicate assieme ai suoi studi preparatori nel volume “Il codice della strada – Testo Unico e Regolamento con le tavole a colori di tutti i segnali stradali”.
I segnali italiani dovevano ispirarsi a quelli individuati dalla Convenzione di Ginevra sulla circolazione stradale del 1949, che omogeneizzò la segnaletica di tutti i paesi delle Nazioni Unite. La Convenzione individuava dei simboli che indicassero lo stesso tipo di divieto, obbligo o pericolo per tutti i paesi firmatari, a cui poi fu lasciato il compito di elaborare le proprie versioni dei segnali.
Iocca lavorò quindi su modelli che erano pensati per essere chiari e facili da capire, che spiegassero in modo efficace le regole per spostarsi in maniera sicura in auto, a piedi o con altri mezzi. In precedenza i cartelli italiani erano curati dal Touring Club Ciclistico Italiano (oggi Touring Club Italiano) e pensati soprattutto per le biciclette, ma nel 1959 ormai la situazione e le necessità erano molto diverse. Le automobili avevano cominciato a diffondersi anche tra le persone della classe media, e i cartelli dovevano essere comprensibili anche per chi non sapeva né leggere né scrivere: solo nel 1947 era stato introdotto un decreto-legge che aveva istituito le scuole popolari, con lo scopo di affrontare il problema dell’analfabetismo.
Come ha riassunto Alex Urso su Artribune, le immagini «sintetiche e descrittive» di Iocca condensavano «in poche linee e figure stilizzate informazioni fondamentali per la viabilità e la sicurezza urbana».
Tra i cartelli più noti del disegnatore abruzzese ci sono quello con il cervo che salta, che segnala il possibile attraversamento di animali selvatici, e che nei paesi scandinavi raffigura invece una renna. quello con la mucca, che indica la possibile presenza di mandrie o animali domestici in strada, e quello che raffigura il fiammifero, che segnala zone con rischio di incendio. Una tabella che mostra le differenze grafiche tra i simboli e i disegni dei vari paesi europei è qui.
Il Messaggero scrive che per disegnarli Iocca si era ispirato alla sua regione, e che sempre a lui si deve l’idea dei pannelli a messaggio variabile, cioè quelli che forniscono a chi guida informazioni in tempo reale sulla situazione del traffico, sui lavori in corso o sugli incidenti. «Visto che sapevo disegnare, al ministero mi facevano fare un po’ di tutto, anche i cartelli stradali», raccontò Iocca. Disse anche che con quel lavoro era diventato «famoso ma non ricco», visto che tutti i suoi disegni originali vennero poi ceduti all’editore che si occupò della pubblicazione del Codice della strada per conto del ministero dei Lavori pubblici, quello che oggi è il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Molti dei cartelli che vediamo lungo le strade tutti i giorni sono disegnati da lui; altri, come quello del divieto di transito alle biciclette, sono stati leggermente modificati (quello del divieto di transito ai pedoni nella versione di Iocca aveva due personaggi anziché uno: un uomo e una bambina con in testa un grosso fiocco, secondo la moda dell’epoca).
«Quando attraversate, che trovate il semaforo con l’omino, pensate a me», disse Iocca sempre nel 2016. Lavorò come dipendente pubblico fino al 1990, l’anno in cui andò in pensione. Nella seconda parte della sua carriera continuò a illustrare pubblicazioni varie, tra cui storie per ragazzi e i disegni per gli Studi sulla circolazione stradale di città come Verona, Salerno e Ascoli Piceno. Disegnò anche i bozzetti per alcune serie di francobolli.
https://www.ilpost.it/2023/07/28/cartelli-stradali-michele-arcangelo-iocca/
Ferrara71
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