Donne politically correct
«In quanto donna, non ho bisogno di “dare una possibilità” alle Rauti e alle Santanché nelle cariche pubbliche che riguardano la vita delle donne prima di formulare un giudizio – scrive Maria G. Di Rienzo, femminista, giornalista, formatrice -, perché la loro storia politica parla per loro: è lo stesso principio per cui non permetto ad un bambino di raccogliere un carbone ardente per giocare: so che si scotterà. In quanto donna, non faccio sconti alle mie simili che lavorano contro autodeterminazione, libertà e diritti delle donne, perché si situano nella mia parte politica. In quanto donna, il colore della lingerie preferita delle ministre, deputate, assessore, sindache, consigliere, eccetera, non mi riguarda. In quanto donna… basta veleni? Signore, io ho il diritto di sputare tutto il veleno che desidero, fintanto che con esso non avveleno nessun altro e nessun’altra, perché non ho intenzione di morire disperata a beneficio della politically correctness, della par condicio».
di Maria G. Di Rienzo
In quanto donna, non ho bisogno di “dare una possibilità” alle Rauti e alle Santanché nelle cariche pubbliche che riguardano la vita delle donne (sia nello specifico: antiviolenza, consultori, ecc. sia nel contesto più generale) prima di formulare un giudizio, perché la loro storia politica parla per loro: è lo stesso principio per cui non permetto ad un bambino di raccogliere un carbone ardente per giocare. Non sto ipotizzando e sentenziando e immaginando: so che si scotterà. Santanché 2008: “Vorrei fare un appello a tutte le donne italiane. Non votate Berlusconi perché ci vede solo orizzontalmente”, “Silvio Berlusconi non ha rispetto per le donne e lo dimostra tutta la sua vita”. Santanché 2013: Viva Silvio, siamo tutte puttane! Signora, per cortesia, parli per sé.
In quanto donna, non faccio sconti alle mie simili che lavorano contro autodeterminazione, libertà e diritti umani delle donne, perché si situano nella mia parte politica, in una parte politica a me vicina o a me simpatica o alleata della mia. E’ ad esempio il caso di Puppato, che sui consultori veneti e l’ingresso in essi dei fondamentalisti disinformati con chiara agenda politica regressiva, ha sbagliato: sorridere e fare finta di niente perché è una donna o perché sta nel centrosinistra non mitigherà l’impatto negativo della sua azione; inoltre, non l’aiuterà a non ripetere l’errore.
In quanto donna, il colore della lingerie preferita delle ministre, deputate, assessore, sindache, consigliere, eccetera, non mi riguarda. Con chi vanno a letto meno ancora. Se sono madri, nonne e bisnonne è affar loro. E per quel che concerne la loro azione politica non hanno la mia approvazione acritica solo perché condividiamo una somiglianza genetica. Non provo uno slancio di simpatia per ogni deputata al Parlamento italiano solo perché come me ha un paio di tette, ne’ quel che fa deve piacermi a priori proprio in virtù di tale comunanza.
In quanto donna, sono la prima a protestare quando una donna politica di qualsiasi formazione o partito viene svilita e aggredita in termini sessisti, ma non permetto alla Carfagna di usarmi per fare la vittima (“Sono una donna piacente vittima del maschilismo”) e tentare di aggregare attorno a sé un consenso femminile che non merita: sia per come è arrivata in politica (cooptazione a vantaggio e per agenda sessista), sia per l’obbrobriosa prova di sé che ha dato come Ministra delle Pari Opportunità.
In quanto donna, non ho un copione, un canone, un vademecum, una lista prescrittiva di compilazione altrui che determina il mio comportamento e i miei giudizi: in politica o altrove. Non c’è niente di precotto dal Grande Chef nell’alto dei cieli nel fatto che sono una donna e nel come si trattano le donne al mio paese e nel mondo intero. Tutto quel che a livello sociale mi trovo a vivere ed affrontare, a contrastare o favorire rispetto al mio genere dipende da scelte umane: potete scordarvi che io le legittimi o giustifichi se causano morte, dolore, violenza, restrizione, sfruttamento, denigrazione ad una sola donna perché provenienti da un’altra donna.
In quanto donna… basta veleni? Signore, io ho il diritto di sputare tutto il veleno che desidero, fintanto che con esso non avveleno nessun altro e nessun’altra, perché non ho intenzione di morire disperata a beneficio della politically correctness, della par condicio, dell’equivalenza delle opinioni, del bon ton, di qualsiasi ordine simbolico impostomi. Per cui, smettete di aspettarvi qualsiasi cosa da me, o da qualunque altra, in quanto donna. Cercate di capire, se vi interessa, cosa quella specifica donna pensa, vuole, fa. E traetene le conseguenze.
Maria G. Di Rienzo femminista, giornalista, formatrice e regista teatrale, è impegnata nel movimento delle donne. Cura un blog interessante.
Foto: Global project.
http://comune-info.net/2013/07/in-quanto-donna/
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