Cefalonia, spunta l'indagato 90enne
68 anni dopo, chiesto rinvio a giudizio.
Nella foto scattata da un ufficiale ellenico il 22 settembre 1943,le salme di soldati italiani fucilati.
Un nuovo indagato per la strage di Cefalonia, nel settembre '43, il
peggior eccidio di militari italiani compiuto dai tedeschi nella seconda
guerra mondiale. Oggi ha 89 anni ed è un ex caporale del 54esimo
battaglione dei 'Cacciatori di montagna': lo ha identificato la procura
militare di Roma, che ha concluso le indagini sul suo conto e ora si
appresta a chiederne il rinvio a giudizio. Sorte analoga sarebbe toccata
a un suo commilitone, che però nel frattempo è morto.
A oltre 68 anni dai fatti, dunque, è stata riaperta una delle vicende
giudiziarie più lunghe e controverse del dopoguerra, che si è trascinata
per decenni tra assoluzioni ed archiviazioni e è finita, a parte la
condanna 'simbolica' inflitta dal tribunale di Norimberga al generale
Hubert Lanz (12 anni, ma ne scontò solo tre), in un nulla di fatto.
Controversa anche la ricostruzione storica di quell'episodio e il
bilancio finale delle vittime, oscillato a lungo da un minimo di 5.000
ad un massimo di oltre 10.000, in pratica l'intera Divisione Acqui, e
poi ridimensionato drasticamente: secondo gli studi più recenti e le
conclusioni dello stesso consulente tecnico della procura militare,
Carlo Gentile, nell'isola greca morirono circa 2.300 militari, un quarto
in combattimento e gli altri fucilati dopo la resa; altri 1.500
affogarono nei naufragi delle navi con cui venivano deportati.
ARCHIVIAZIONE PER STEFFENS E WERNER.
In ogni caso, una strage senza colpevoli. Almeno finora.
All'incriminazione dell'ex militare tedesco, il procuratore Marco De
Paolis è giunto nell'ambito dell'inchiesta a carico di Otmar Muhlhauser,
l'ex ufficiale morto nel luglio 2009 mentre era in corso l'udienza
preliminare nei suoi confronti. Dalle indagini su Muhlhauser, che è
stato l'ultimo imputato per la strage di Cefalonia, emersero in un primo
momento dei sospetti nei confronti di altri due soldati della
Wehrmacht, Gregor Steffens e Peter Werner, anch'essi quasi novantenni.
Nei loro confronti, però, si è appreso il 13 febbraio, il gip militare
ha disposto l'archiviazione, su richiesta dello stesso pm, ritenuto che
non è stato trovato «alcun riscontro all'ipotesi accusatoria
inizialmente prospettata» e che, dunque, «non sussistono elementi per
ritenere che i due abbiano concorso all'uccisione di militari italiani
in Cefalonia e Corfù».
RINVIO A GIUDIZIO PER IL CAPORALE DEL 54ESIMO BATTAGLIONE.
Discorso diverso per il caporale del 54esimo battaglione 'Cacciatori da
montagna' di cui il pm De Paolis è pronto a chiedere il rinvio a
giudizio: gli inquirenti riterrebbero di avere le prove della sua
partecipazione «materiale» a uno degli ultimi atti dell'eccidio di
Cefalonia, cioé la fucilazione «di circa 73 ufficiali» italiani - e
forse dello stesso comandante della Acqui, il generale Gandin - che
sarebbe avvenuta nei pressi della tristemente nota 'Casetta Rossa' (dove
però, secondo gli storici, gli italiani uccisi furono 136 o 137).
Sembra che l'anziano ex nazista abbia a suo tempo ammesso la
circostanza, anche se ora respinge le accuse.
ACCUSATO DI CONCORSO IN VIOLENZA CON OMICIDIO.
L'uomo è accusato di «concorso in violenza con omicidio continuato
commessa da militari nemici in danno di militari italiani prigionieri di
guerra», un reato aggravato da una serie di circostanze, tra cui quelle
di aver commesso il fatto «con premeditazione», «per motivi abietti»,
«adoperando sevizie e crudeltà verso le vittime». Nel capo di
imputazione si parla di un crimine commesso «asseritamente dando
esecuzione ad un ordine direttamente proveniente dal Fuhrer e con il
quale si disponeva, inizialmente, l'uccisione di tutti i militari
italiani che 'avevano prestato resistenza attiva o passiva o che si
erano uniti al nemico', in quanto traditori dell'alleanza tra la
Germania e l'Italia». L'attuale indagato, in particolare, avrebbe
concorso, «anche partecipando materialmente alle operazioni di
fucilazione, alla uccisione di circa 73 ufficiali italiani... aventi lo
status di 'prigionieri di guerra', essendo nel frattempo intervenuta la
resa delle truppe italiane nei confronti delle forze armate tedesche».
Resti delle salme di militari italiani sottoposti ad esecuzione sommaria il 22 settembre 1943.
Cefalonia fu «il primo atto della Resistenza, di un'Italia libera dal fascismo»
Nel caos dell'8 settembre '43, il generale Antonio Gandin, comandante
della Divisione Acqui, cercò in ogni modo di trovare una strada che
consentisse di salvare al tempo stesso l'onore - rifiutando il disarmo -
e la vita dei suoi «figli di mamma», evitando una battaglia che
giudicava persa in partenza. Le trattative con i tedeschi proseguirono
così fino alla notte del 14 settembre quando Gandin, con una sorta di
'referendum', chiese direttamente ai militari della Divisione cosa
volessero fare. Scelsero di «combattere, piuttosto di subire l'onta
della cessione delle armi», come disse nel 2001 Carlo Azeglio Ciampi,
secondo cui Cefalonia fu «il primo atto della Resistenza, di un'Italia
libera dal fascismo».
I bombardamenti degli Stukas cominciarono la mattina del 15 settembre.
Il 22 la Acqui si arrese. La vendetta tedesca fu spietata e senza alcuna
giustificazione. Testimoni raccontano di fucilazioni di massa di
prigionieri. Gandin fu fucilato il 24 settembre, insieme al suo Stato
maggiore. Molti cadaveri furono bruciati e gettati in mare.
QUASI 60 ANNI DI ARCHIVIAZIONI.
Dal punto di vista giudiziario, a questa strage corrisponde uno dei più
clamorosi casi di giustizia negata che si ricordi: l'unica condanna
resta quella a 12 anni inflitta dal tribunale di Norimberga al generale
Hubert Lanz, che ne scontò solo tre. In Italia, nel 1957, il giudice
istruttore militare assolse alcuni ufficiali italiani, accusati di aver
fomentato nella truppa la rivolta contro i tedeschi, circostanza che
avrebbe portato al massacro. Sempre nel '57 e poi nel 1960 si chiuse con
un nulla di fatto il procedimento a carico di 30 militari tedeschi: un
risultato su cui, secondo la maggioranza degli storici, pesò la volontà
politica del governo italiano di non ostacolare il processo di
ricostruzione della Germania e delle sue forze armate in un periodo in
cui la Nato ne aveva bisogno. Nel 1964 venne aperta un'inchiesta anche
in Germania, in seguito a materiale fornito da Simon Wiesenthal, il
'cacciatore di nazisti', ma la procura di Dortmund quattro anni dopo
archiviò.
PRESCRITTO L'OMICIDIO DI GANDIN. Quelle
stesse indagini furono riaperte nel settembre 2001: l'attenzione venne
concentrata sull'operato di sette ex ufficiali della Wehrmacht. La
posizione di uno di questi, il sottotenente Otmar Muhlhauser, capo del
plotone di esecuzione che fucilò Gandin, venne stralciata: gli atti
passarono alla procura di Monaco che nel settembre 2007 dichiarò
prescritto il reato a carico dell'imputato, non trattandosi - secondo il
magistrato - di un omicidio aggravato, ma 'semplice'. L'8 marzo 2007
anche la procura di Dortmund ha archiviato l'inchiesta aperta nel 2001 a
carico degli altri sei ex ufficiali tedeschi.
INDAGINI RIAPERTE NEL 2009.
Dopo queste archiviazioni le figlie di due delle vittime di Cefalonia,
Marcella De Negri e Paola Fioretti, hanno presentato un esposto
chiedendo di riaprire l'inchiesta. La procura militare di Roma (che non
aveva avviato nuove indagini dopo il ritrovamento del fascicolo su
Cefalonia nell' 'armadio della vergogna', nel 1994, proprio perché il
fatto era stato già giudicato nel 1957) apre un fascicolo e, il 2
gennaio 2009, chiede il rinvio a giudizio nei confronti del solo
Muhlhauser, che però muore nel luglio successivo e il procedimento viene
archiviato.
IL NUOVO INDAGATO A 90 ANNI. Proprio
dall'inchiesta Muhlhauser, però, emersero dei sospetti nei confronti di
altri due soldati della Wehrmacht, Gregor Steffens e Peter Werner, che
furono entrambi iscritti nel registro degli indagati: nell'ottobre 2010,
il gip del tribunale militare archiviò il procedimento a carico di
entrambi, su richiesta della stessa procura, per l'assoluta mancanza di
riscontri «all'originaria ipotesi accusatoria». Adesso, la partita
giudiziaria si riapre, con un nuovo indagato novantenne di cui la
procura si accinge a chiedere il rinvio a giudizio.
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