Era
molto tardi e scendemmo verso la casa in "pietra", come la chiamava. A Via
dell'Assalto, mi disse. Sa perchè?
No
risposi.
Da
qui Federedico Barbarossa entrò a Spoleto abbattendo, come era detta, la città
dalle cento torri.
Non
so Valentino se sei stato concepito quella notte.
Tuo
padre stappò una bottiglia di Montefalco di una cantina, diceva, di piccola
produzione, e poi aprì nel freddo
ed
a torso nudo le finestre. Era evidente la sua melanconia, un suo risentimento,
una amarezza profonda, un sentirsi alle soglie dell'età che si diceva
all'epoca dei "matusa", una voglia di combattere quando si sentiva sconfitto,
mai per rivincita, ma per un senso di equità.
Vedemmo
l'alba sulla pianura fino alla montagna di Campello. Poi disse: "Ogni scrittore
succhia il sangue alla sua musa. E sei tu ora la mia musa."
Mi
ha posseduto con tenerezza, ti assicuro che sei figlio dell'amore e non di
accidentalità meccaniche, come chiamava Tuo padre le scopate.
Gli
accarezzai la testa per calmare la sua ansia.
Mi
sono innammorata di quel misto di ritualità che quasi imponeva in ogni gesto,
di rigore antico cui non ero abituata per la mia età giovane, e tuttavia di
fragilità nel suo desiderio di non essere solo.
"Sono
felicemente single", disse riferendosi ad una conversazione a Londra, cui aveva
risposto: "o infelicemente stronzo" sempre nel suo stentato inglese, preferendo
altre lingue più vicine alle sue preferite lingue morte.
Diceva:
morte? ma allora se parlano i morti sono risorti! miracolo!
Era
Tuo padre.
Ti
ho raccontato del nostro incontro, ma devo parlarti di Lui e delle sua vita ed
origini
Paolo Luceri
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