sabato 20 luglio 2013

Velentina 4

Era molto tardi e scendemmo verso la casa in "pietra", come la chiamava. A Via dell'Assalto, mi disse. Sa perchè?
No risposi.
Da qui Federedico Barbarossa entrò a Spoleto abbattendo, come era detta, la città dalle cento torri.
Non so Valentino se sei stato concepito quella notte.
Tuo padre stappò una bottiglia di Montefalco di una cantina, diceva, di piccola produzione, e poi aprì nel freddo
ed a torso nudo le finestre. Era evidente la sua melanconia, un suo risentimento, una amarezza profonda, un sentirsi alle soglie dell'età che si diceva all'epoca dei "matusa", una voglia di combattere quando si sentiva sconfitto, mai per rivincita, ma per un senso di equità.
Vedemmo l'alba sulla pianura  fino alla montagna di Campello. Poi disse: "Ogni scrittore succhia il sangue alla sua musa. E sei tu ora la mia musa."
Mi ha posseduto con tenerezza, ti assicuro che sei figlio dell'amore e non di accidentalità meccaniche, come chiamava Tuo padre le scopate.
Gli accarezzai la testa per calmare la sua ansia.
Mi sono innammorata di quel misto di ritualità che quasi imponeva in ogni gesto, di rigore antico cui non ero abituata per la mia età giovane, e tuttavia di fragilità nel suo desiderio di non essere solo.
"Sono felicemente single", disse riferendosi ad una conversazione a Londra, cui aveva risposto: "o infelicemente stronzo" sempre nel suo stentato inglese, preferendo altre lingue più vicine alle sue preferite lingue morte.
Diceva: morte? ma allora se parlano i morti sono risorti! miracolo!
Era Tuo padre.

Ti ho raccontato del nostro incontro, ma devo parlarti di Lui e delle sua vita ed origini

Paolo Luceri

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