L'addio di De Maria, fra geometria e ottone
Alla Biennale l'ultima magia dell'artista
LAND ART
Il maestro delle sculture astratte è scomparso ieri. A Venezia i suoi 30 cilindri «contro il rumore bianco dell'informazione»
La grandeinstallazione geometrica dell'artista statunitense Walter De Maria alla Biennale (LaPresse)
De Maria è stato uno dei principali esponenti americani della Land Art, ovvero di quell’approccio nato nel Settecento con la cultura dei giardini in cui l’arte è stata chiamata a dialogare con la Natura attraverso il tramite del paesaggio. A renderlo famoso, tra gli anni Sessanta e Settanta sono state le sue monumentali «Earth sculptures». Nel ’68, disegnò con la calce delle linee parallele all’interno del Mojave Desert, in California che viste dall’alto sembravano strani segni incomprensibili mentre nel 1977 a dOCUMENTA di Kassel (la principale rassegna di arte d’avanguardia d’Europa) collocò un’asta metallica per un chilometro dentro il corpo della terra. Due anni dopo, spezzò questa lancia in segmenti di due metri e realizzò una «partitura spaziale» che chiamò «Broken Kilometer».
«Il campo che luccica», 1977
Nel ’77 aveva anche ultimato la sua opera più famosa, «The Lightning Field» monumentale installazione nel deserto del New Mexico: una griglia lunga un miglio e larga un chilometro di 400 steli di acciaio, che attirano i fulmini durante i temporali. Era un modo dell’arte per mettersi in relazione con le sue origini di pratica anche votata al controllo e trasformazione della natura. Lo spettacolo di luce aveva un effetto spiazzante, quasi di gioco barocco. Il parafulmine divenne così un elemento di spettacolo, un elemento di arte performativa.
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