venerdì 12 luglio 2013

Iniziativa popolare per il reddito garantito

Paolo Cacciari ha spiegato su Comune-info (in «Lavorare meno e in modo diverso») perché e come il tema del lavoro sia uno dei tre assi (commons, democracy e work) attorno ai quali è costruita la Conferenza internazionale sulla decrescita 2012 (sull’evento suggeriamo la lettura de «Le Faq della decrescita»). Attribuire valore e dignità a tutti i lavori, a cominciare da quelli che l’economia di mercato disconosce (il lavoro domestico, di assistenza e di cura gratuita, il lavoro dedicato all’autoproduzione di beni e servizi scambiati senza moneta, le attività dedicate al volontariato nelle sue diverse forme, il tempo impegnato alla formazione, le attività che si svolgono nel mare immenso e variegato dell’«economia informale»…), redistribuire ma soprattutto ridurre il lavoro e, più in generale, mettere in discussione il paradigma del lavoro quale perno centrale del capitalismo, sono alcuni dei temi che inevitabilmente saranno affrontati, insieme alle possibile alternative. Prima fra tutte, il reddito di cittadinanza (con o senza ulteriori condizioni). Su questo tema, in particolare sull’istituzione sul territorio nazionale del «Reddito minimo garantito» attraverso un disegno di legge, è nata in queste settimane un’importante campagna promossa da reti e associazioni (tra cui Tilt, European Alternatives, Bin, Emmaus, Popolo Viola, Rete San Precario Milano, Diversamente Occupate, Asud, Altramente, Movimento per il reddito di cittadinanza), ma anche partiti e sindacati (tra i quali Sinistra Ecologia Libertà, Giovani Comunisti, Fgci, Prc Roma, Nidil Cgil Brescia).
Del resto l’Italia è l’unico paese europeo, con la Grecia, a non prevedere alcuna forma di tutela universale in caso di disoccupazione o di transizione lavorativa: la garanzia di un reddito di base è richiesta perfino dall’Unione europea, da una nota raccomandazione addirittura del 1992. «Il reddito minimo garantito ha lo scopo di contrastare il rischio marginalità, garantire la dignità della persona e favorire la cittadinanza attraverso un sostegno economico», si legge nel sito dedicato alla campagna. La proposta è di un reddito minimo per tutti «gli inoccupati, disoccupati, precariamente occupati» che non superino i 7.200 euro annui, residenti sul territorio nazionale da almeno 24 mesi.L’ammontare individuale del beneficio proposto è di 600 euro mensili, da rivalutare in base al numero dei componenti del nucleo familiare. Come ricordato da Andrea Fumagalli in un forum dedicato a questi temi, considerando che sono 7,8 milioni le persone (Istat) che sopravvivono con un reddito al di sotto della soglia di povertà relativa (stimata mediamente in poco meno di 600 euro al mese), per l’introduzione del reddito garantito sono necessari circa 8 miliardi di euro, cifra pari a meno di un terzo delle ultime manovre finanziarie. Per altro, il reddito garantito dovrebbe essere finanziato prima di tutto con la notevole somma dei fondi che al momento sono già destinate a sostenere il reddito attraverso  ammortizzatori sociali ma anche sussidi e indennità di vario genere (cassa integrazione, indennità di disoccupazione, integrazione delle pensioni al minimo, contributi a famiglie povere…) e ovviamente da una riforma fiscale.
Al beneficio economico diretto dovrebbero essere affiancati intereventi degli enti locali per l’erogazione del «reddito indiretto» ovvero favorire prestazioni di beni e servizi in forma gratuita o agevolata. Che il reddito sociale vada pensato non soltanto in termini monetari, ma anche in beni o servizi, era un’idea sulla quale, tra gli altri, già André Gorz molti anni fa aveva ragionato, quando pensava al «secondo assegno» e al «conguaglio salariale» necessari al lavoratore per raggiungere un «reddito sociale» garantito. Più recentemente anche Zygmunt Bauman ha spiegato come il mercato evita la questione del reddito minimo garantito mentre esso «permetterebbe a tutti, non solo ai poveri, di migliorare la qualità della vita dedicandosi anche all’otium, determinerebbe nuovi criteri etici per la vita della società» («La solitudine del cittadino globale», Feltrinelli).
Il disegno di legge individuato dalla campagna, inoltre, delega il governo a definire una riforma degli ammortizzatori sociali in modo da introdurre un sussidio unico di disoccupazione esteso a tutte le categorie di lavoratori (a prescindere dall’anzianità contributiva o dalla tipologia contrattuale) e a riordinare le spese delle prestazioni assistenziali per renderle coerenti con l’istituzione del reddito garantito.
Per la riuscita della campagna resta importante il ruolo dei sindacati. A questo proposito, Luciano Gallino ha spiegato: «I sindacati hanno sempre guardato con diffidenza al reddito garantito o basic income che sia. Per due ragioni: vi sono state autorevoli proposte di basic income che avevano un segno marcatamente di destra, in esse il basic income doveva accompagnarsi alla soppressione completa dello stato sociale…. Una seconda ragione di detta diffidenza era ed è il timore che il basic income diventi un pretesto che le imprese potrebbero usare per ridurre i salari. Ma si possono addurre oggi molte buone ragioni per superare tali diffidenze».
La raccolta firma è cominciata: on line, insieme al testo del disegno di legge, trovate tutte le informazioni per aderire e sostenere la campagna. Servono cinquantamila firme, ma soprattutto una mobilitazione popolare in grado di mettere al centro un’idea diversa di lavoro, di reddito, di lotta all’esclusione sociale e di lotta alla precarietà, di welfare. Su questi temi non mancano il libreria e on line pubblicazioni importanti, tra le quali segnaliamo «Reddito per tutti. Un’utopia concreta per l’era globale» (manifestolibri 2009).
Città invisibile è un piccolo collettivo attento ai temi sociali e della decrescita, nato all’interno dell’omonima libreria (info [at] editoriadellapace [dot] org) dell’ex mattatoio di Testaccio.

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