Cominciano in questi giorni i preparativi per la settimana dedicata al reddito garantito, quella dal 15 al 21 ottobre. Sette giorni per raccogliere firme promuovere concerti, dibattiti, spettacoli teatrali, volantinaggi, reading, presentazioni di libri, seminari e cineforum, per comunicare, approfondire e rendere visibile ovunque il tema del reddito garantito (le iniziative vanno comunicate aredditominimogarantito@sxmail.it e saranno visibili su redditogarantito.it).
«Il reddito minimo garantito ha lo scopo di contrastare il rischio marginalità, garantire la dignità della persona e favorire la cittadinanza attraverso un sostegno economico», si legge nel sito dedicato alla campagna (in cui trovate anche i moduli per raccogliere le firme), promossa in giugno da un’ampia coalizione di associazioni, reti sociali, partiti, movimenti, comitati. Una campagna dunque nata intorno a una proposta di legge di iniziativa popolare per istituire anche in Italia una garanzia per il reddito (attualmente previsto in tutti i paesi Ue tranne la Grecia) per coloro che sono precari, disoccupati e inoccupati, oggi soprattutto giovani, donne e working poor.
La proposta è di un reddito minimo per tutti «gli inoccupati, disoccupati, precariamente occupati» che non superino i 7.200 euro annui, residenti sul territorio nazionale da almeno 24 mesi. L’ammontare individuale del beneficio proposto è di 600 euro mensili, da rivalutare in base al numero dei componenti del nucleo familiare. Come ricordato da Andrea Fumagalli in un forum dedicato a questi temi, considerando che sono 7,8 milioni le persone (Istat) che sopravvivono con un reddito al di sotto della soglia di povertà relativa (stimata mediamente in poco meno di 600 euro al mese), per l’introduzione del reddito garantito sono necessari circa 8 miliardi di euro, cifra pari a meno di un terzo delle ultime manovre finanziarie. Per altro, il reddito garantito dovrebbe essere finanziato prima di tutto con la notevole somma dei fondi che al momento sono già destinate a sostenere il reddito attraverso ammortizzatori sociali ma anche sussidi e indennità di vario genere (cassa integrazione, indennità di disoccupazione, integrazione delle pensioni al minimo, contributi a famiglie povere…) e ovviamente da una riforma fiscale.
Al beneficio economico diretto dovrebbero essere affiancati intereventi degli enti locali per l’erogazione del «reddito indiretto» ovvero favorire prestazioni di beni e servizi in forma gratuita o agevolata. Che il reddito sociale vada pensato non soltanto in termini monetari, ma anche in beni o servizi, era un’idea sulla quale, tra gli altri, già André Gorz molti anni fa aveva ragionato, quando pensava al «secondo assegno» e al «conguaglio salariale» necessari al lavoratore per raggiungere un «reddito sociale» garantito. Più recentemente anche Zygmunt Bauman ha spiegato come il mercato evita la questione del reddito minimo garantito mentre esso «permetterebbe a tutti, non solo ai poveri, di migliorare la qualità della vita dedicandosi anche all’otium, determinerebbe nuovi criteri etici per la vita della società» (La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli).
La raccolta firma è cominciata e termina in dicembre: on line, insieme al testo del disegno di legge, trovate tutte le informazioni per aderire e sostenere la campagna. Servono cinquantamila firme, ma soprattutto una mobilitazione popolare in grado di mettere al centro un’idea diversa di lavoro, di reddito, di lotta all’esclusione sociale e di lotta alla precarietà, di welfare.
Città invisibile è un piccolo collettivo romano attento ai temi sociali, della decrescita e del pensiero critico.
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