Ciancimino: "Mai falsificato quel documento". Ma invece di spiegare rivela: "Volevano uccidermi"
Ieri mattina il procuratore aggiunto AntonioIngroia e i sostituti Di Matteo e Paolo Guido sono volati a Parma per interrogare Massimo Ciancimino, fermato due giorni fa con l’accusa di calunnia aggravata ai danni dell’ex capo della polizia Gianni De Gennaro. Ma di fronte alle domande dei pm il figlio di Don Vito si contraddice. E rivela: "Ho ricevuto un pacco di esplosivo. Volevano minacciarmi". La polizia rinviene la dinamite nella sua abitazione a Palermo. Secondo Ingroia il supertestimone potrebbe essere stato manovrato.
I magistrati sapevano da tempo che Massimo Ciancimino è in pericolo, tanto che dal momento stesso del suo arresto a Parma per lui è stato disposto l’isolamento e la sorveglianza speciale. La procura di Palermo, in effetti, ha sostenuto da sempre la necessità di una protezione particolare per il testimone per via della natura e della gravità delle sue rivelazioni passate.
Si aspettavano di trovarlo scosso e angosciato - basti vedere gli sms che ha inviato a diversi giornalisti dopo l’arresto (“sono e sarò sempre più solo. Ho tanta paura”) - ma non di vedere il quarantasettenne avvocato palermitano scoppiare a piangere e, singhiozzando, rivelare un tentativo di attentato ai suoi danni.
L’interrogatorio è iniziato dopo le 15. I Pm hanno chiesto spiegazioni a Ciancimino del documento contraffatto, col nome di De Gennaro aggiunto posticciamente nella lista del padre che enumera i nomi di funzionari dello Stato in contatto diretto con Cosa Nostra.
L’avvocato ha negato le accuse: “ho presentato tantissimi documenti, di molti non conosco l’origine”. Quando i Pm gli chiedono chi sia stato, allora, a fornigli quella carta lui prima risponde “alcuni amici”, poi si corregge: “l’ho ricevuto con una busta anonima che ho distrutto”. Ma la sua versione non convince gli investigatori. Fu Ciancimino stesso, infatti, che quando consegnò il documento ai magistrati disse: “quel nome l’ho visto scrivere da mio padre”.
Si aspettavano di trovarlo scosso e angosciato - basti vedere gli sms che ha inviato a diversi giornalisti dopo l’arresto (“sono e sarò sempre più solo. Ho tanta paura”) - ma non di vedere il quarantasettenne avvocato palermitano scoppiare a piangere e, singhiozzando, rivelare un tentativo di attentato ai suoi danni.
L’interrogatorio è iniziato dopo le 15. I Pm hanno chiesto spiegazioni a Ciancimino del documento contraffatto, col nome di De Gennaro aggiunto posticciamente nella lista del padre che enumera i nomi di funzionari dello Stato in contatto diretto con Cosa Nostra.
L’avvocato ha negato le accuse: “ho presentato tantissimi documenti, di molti non conosco l’origine”. Quando i Pm gli chiedono chi sia stato, allora, a fornigli quella carta lui prima risponde “alcuni amici”, poi si corregge: “l’ho ricevuto con una busta anonima che ho distrutto”. Ma la sua versione non convince gli investigatori. Fu Ciancimino stesso, infatti, che quando consegnò il documento ai magistrati disse: “quel nome l’ho visto scrivere da mio padre”.
Posto di fronte alla contraddizione, il figlio del boss sbotta, inizia a piangere e rivela: “qualcuno nei giorni scorsi ha citofonato a casa mia e mi ha detto: c’è una cosa per lei che questa volta potrà aprire, la prossima volta forse no”. Lui -racconta - è uscito poco dopo a vedere di cosa si trattasse.
Quando ha trovato un pacco con dei candelotti di esplosivo ci ha gettato sopra dell’acqua con la pompa del giardino nel tentativo di disinnescarlo, e lo ha poi nascosto (talmente bene che era sfuggito alla perquisizione della Dia dell'altro ieri) per evitare che la moglie lo vedesse e si spaventasse. Ciancimino dice di avere taciuto finora proprio per evitare di “creare allarmismi” tra i suoi familiari, ma soprattutto per paura che i giornali, pronti a spalare fango su di lui, lo accusassero di esserseli messi in casa da solo.
Alla fine del racconto, i Pm decidono di sospendere l’interrogatorio, e danno subito ordine alla polizia di andare a verificare. A casa di Ciancimino gli uomini della Dia hanno trovato tredici candelotti di dinamite, ventuno detonatori e due micce. Un accumulo di materiale definito dagli artificieri che lo hanno esaminato “serio” e “di pericolosità medio alta” (anche se la sproporzione tra candelotti, detonatori e micce fa pensare, come del resto il messaggio al citofono, a un avvertimento).
Gli accertamenti tecnici sono ancora in corso, ma i Pm, che per esprimere una valutazione risolutiva aspettano che vengano depositate le perizie, attribuiscono al racconto di Ciancimino una “parziale credibilità”. Si tratterebbe in ogni caso, affermano i magistrati ad AgoraVox, di “un fatto molto grave”.
Per ora, l’escussione di Ciancimino al processo Mori prevista per martedì prossimo è destinata a saltare. A fine giornata Antonio Ingroia avvalla all’Ansa lo scenario di un “puparo”, ipotizzato ieri da diversi osservatori, che avrebbe manovrato le sue dichiarazioni, suggerendogli di volta in volta cosa rivelare ai magistrati.
“Quello che è accaduto incrina la credibilità del collaboratore. Ma è anche vero che ci sono dichiarazioni di Ciancimino che stanno in piedi a prescindere dalla sua credibilità generica e sono riscontrate da elementi specifici. Ora - dice Ingroia - bisogna trovare il puparo”.
Massimo Ciancimino verrà presto trasferito a Palermo per un nuovo interrogatorio.
Gli accertamenti tecnici sono ancora in corso, ma i Pm, che per esprimere una valutazione risolutiva aspettano che vengano depositate le perizie, attribuiscono al racconto di Ciancimino una “parziale credibilità”. Si tratterebbe in ogni caso, affermano i magistrati ad AgoraVox, di “un fatto molto grave”.
Per ora, l’escussione di Ciancimino al processo Mori prevista per martedì prossimo è destinata a saltare. A fine giornata Antonio Ingroia avvalla all’Ansa lo scenario di un “puparo”, ipotizzato ieri da diversi osservatori, che avrebbe manovrato le sue dichiarazioni, suggerendogli di volta in volta cosa rivelare ai magistrati.
“Quello che è accaduto incrina la credibilità del collaboratore. Ma è anche vero che ci sono dichiarazioni di Ciancimino che stanno in piedi a prescindere dalla sua credibilità generica e sono riscontrate da elementi specifici. Ora - dice Ingroia - bisogna trovare il puparo”.
Massimo Ciancimino verrà presto trasferito a Palermo per un nuovo interrogatorio.
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