domenica 21 luglio 2013

Al lavoro a 14 anni: il Pdl vuole tornare al passato


Continua, incessabile e onnicomprensiva, la sottile opera di deregulation del Pdl che punta a modificare, a suon di emendamenti, tutte le proposte del Decreto Lavoro che arrivano dal Pd. C’è un elettorato composto dalla piccola e media imprenditoria – quello che pareva già promesso sposo di Beppe Grillo – da riconquistare. Come? Proprio nel giorno in cui arriva il dato OCSE del 52,9% di lavoratori precari fra gli under 25, il partito di Silvio Berlusconi propone una norma che potrebbe risultare una soluzione-tampone per la disoccupazione giovanile.

Nel 2010, sotto il Governo Berlusconi, l’ingresso nell’apprendistato era già stato abbassato a 15 anni, ora quella che si prospetta è un’ulteriore riduzione di un anno attraverso la formula dell’alternanza scuola-lavoro. Erano stati i governi di centrosinistra, con Luigi Berlinguer prima e Giuseppe Fioroni poi ad innalzare l’obbligo scolastico dai 14 ai 16 anni, senza deroghe, né eccezioni. 

La proposta di emendamenti del Popolo delle Libertà al Decreto Lavoro del ministro Enrico Giovannini rischia di riportare indietro l’orologio della storia e di tirare una riga netta su una grande conquista socio-educativa importante: quella della scuola full time sino ai 16 anni. 

Secondo Maurizio Sacconi, ex ministro del Lavoro e ora presidente della Commissione Lavoro al Senato, l’abbassamento dell’accesso alle professioni a 14 anni  andrebbe a favorire l’“integrazione tra scuola e lavoro, tra apprendimento teorico e pratico, tanto attraverso le tipologie di apprendistato, che vanno semplificate, quanto attraverso forme di studio che includono periodi di alternanza con esperienze in ambiti lavorativi”. Quello dell’abbassamento dell’età lavorativa è un vecchio “pallino” di Sacconi che tre anni fa, quando ancora era ministro del Welfare, aveva fortemente sponsorizzato l’apprendistato a 15 anni. 

Che cosa farà il Governo? Dopo le polemiche suscitate non più tardi di un mese fa con le norme per gli incentivi alle assunzioni favorevoli alle fasce di disoccupati dequalificati, ora questa nuova soluzione che, probabilmente, mira a colmare le paradossali lacune nel settore dell’artigianato. Secondo gli ultimi dati Istat (primo trimestre 2013) i giovani diplomati disoccupati ammontano al 40,2% della fascia di età fra i 15 e i 24 anni (quella nella quale si calcola la disoccupazione giovanile). Allo stesso tempo le imprese artigiane e gli esercizi commerciali lamentano da tempo la mancanza di sarti, panettieri, pizzaioli, falegnami e cuochi. Secondo Confartigianato sarebbero addirittura147mila i posti di lavoro che piccole imprese e aziende non riescono più a coprire per la carenza di lavoratori adeguatamente preparati. 

Gli incentivi all’assunzione integrati dall’abbassamento dell’età di accesso al lavoro riusciranno a rilanciare l’artigianato e le piccole imprese? Difficile fare delle ipotesi. Sacconi invita “ad avere coraggio” e a non cedere a “qualche dissenso”. L’Italia, con il 17,6%, è una delle nazioni europee con il maggior numero di abbandoni prima del raggiungimento dell’obbligo scolastico, fissato a 16 anni. Nell’Europa dei 27 soltanto Malta, Spagna e Portogallo hanno un tasso di dispersione più elevato. 

In un contesto di progressiva digitalizzazione delle professioni (di tutte le professioni, anche quelle artigianali) diminuire il percorso scolastico potrebbe essere estremamente rischioso: nell’arena globale le partite si giocano sulla qualità del lavoro e la qualità del lavoro presuppone una qualità degli studi che non può prescindere da un percorso di maturazione che comincia proprio nel momento (anagrafico) in cui il Pdl vorrebbe dare la possibilità di un’uscita “legale” dall’iter scolastico. Il progresso non si costruisce con le soluzioni-tampone, ma con una rifondazione sistemica che deve avere il coraggio di scommettere su una maggiore qualificazione dei lavoratori.

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