Ilva: a rischio continuita' aziendale, Letta preoccupato
Riva ricorre su sequestro. Emilio e Nicola restano ai domiciliari
Ilva
La continuità aziendale dell'Ilva è "a rischio" a causa del maxisequestro dei beni dei Riva, che hanno deciso di presentare ricorso e ai quali la Cassazione non ha revocato gli arresti domiciliari. Mentre al ministero dello Sviluppo economico il ministro Flavio Zanonato vedeva i vertici dell'azienda e i rappresentanti degli enti locali in un primo incontro che, come era prevedibile, è stato interlocutorio in attesa della riunione di domani a Palazzo Chigi, il cda di Riva Fire ha messo nero su bianco il rischio cui va incontro il gruppo siderurgico: 40mila posti di lavoro sfumati. Un rischio che, come hanno riferito i sindacati preoccupa molto il premier Enrico Letta. In prima battuta "il provvedimento - avverte il cda della società che controlla l'Ilva - rischia di compromettere l'iter per l'approvazione del piano industriale 2013-2018 avviato da mesi, sia da Ilva che da Riva Fire". L'iter, che "avrebbe consentito sia il rispetto di tutti gli obblighi Aia sotto il profilo industriale e finanziario, sia l'approvazione del bilancio nei termini di legge in situazione di continuità aziendale" appare dunque in bilico.
L'interruzione del processo "causata dal sequestro - infatti - può invece portare a una situazione fuori controllo, anche con possibili ripercussioni occupazionali per circa 20.000 dipendenti diretti in Italia e almeno altrettanti nel cosiddetto indotto". Non sembrano dunque a rischio soltanto gli stipendi di giugno, su cui il sindaco Ippazio Stefano ha chiesto oggi garanzie, ma già da oggi i posti di lavoro. Esattamente l'esito che il governo vuole a tutti i costi evitare. Letta "é apparso molto preoccupato. Ma non ha detto che cosa intende fare il governo", hanno riferito fonti sindacali dopo l'incontro che il premier ha avuto oggi a pranzo con i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. Preoccupazione che verrà ribadita domani nell'incontro a Palazzo Chigi, nel quale si cercherà di trarre qualche conclusione dopo il vertice che si è tenuto oggi al ministero. "I rappresentanti dell'esecutivo e delle istituzioni locali hanno confermato l' impegno, nell'ambito delle proprie competenze, affinché l'attività dell'Ilva, nel quadro di una rigorosa attuazione dell'Aia, si svolga nel massimo rispetto dell'ambiente e della tutela della salute", si limita a recitare il comunicato ufficiale.
Del resto risposte concrete, per il momento, ancora non ce ne sono. Il presidente della Puglia, Nichi Vendola, ha infatti sottolineato che "il governo sta riflettendo", dicendosi convinto che l'ipotesi da perseguire è quella di procedere con l'amministrazione straordinaria, che sarebbe autorizzata dal decreto salva-Ilva in caso di inadempienze, mettendo quindi nell'angolo la famiglia Riva: "I Riva da una parte e l'Ilva dall'altra", ha sintetizzato il governatore. Una strada, quella del commissariamento o di altre forme di intervento pubblico come la nazionalizzazione, suggerita da più parti (dal leader della Fiom Maurizio Landini al segretario di Rifondazione Paolo Ferrero), ma che il ministro Zanonato ieri e il collega delle Infrastrutture Maurizio Lupi oggi, hanno sostanzialmente escluso. La Corte di Cassazione infine, in serata, ha respinto il ricorso presentato dai Riva, Emilio e Nicola, confermando loro, e all'ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso, gli arresti domiciliari. E' la seconda volta dall'inizio dell'anno che la Suprema Corte respinge le richieste dei proprietaridell'Ilva, agli arresti domiciliari nell'ambito dell'inchiesta della procura di Taranto per disastro ambientale. Già lo scorso 17 gennaio la prima sezione penale avevà confermato la custodia cautelare ai domiciliari per i due Riva e per Capogrosso. Nelle motivazioni pubblicate il 4 aprile la Corte aveva espresso la certezza che i Riva fossero "consapevoli" del disastro ambiental
(ANSA)
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