Vaccini contro il cancro e batteri radioattivi
ALCUNI GERMI INFETTANO LE CELLULE DELLE METASTASI E LE UCCIDONO
Studiosi italiani hanno ideato una procedura di trattamento del tessuto muscolare con ialuronidasi, un enzima che abbassa le barriere che ostacolano la penetrazione del vaccino
MILANO - Un vaccino contro il cancro è uno dei sogni della scienza. Preventivo è stato raggiunto laddove la causa dimostrata del tumore può essere in un’infezione virale: per esempio un herpes genitale nella donna per quanto riguarda l’utero. Terapeutico è un obiettivo ancora da raggiungere. E per terapeutico s’intende poter combattere il cancro con un’arma che impedisca alle cellule malate di sottrarsi ai meccanismi di rilevamento e distruzione del sistema immunitario, ossia del sistema di difesa dell’organismo. Tanto potente ed efficace contro ogni attacco proveniente dall’esterno, quanto fragile e distratto rispetto a un attacco interno qual è il cancro. Ricercatori di tutto il mondo si stanno cimentando con questo tipo di vaccino per arrivare a vincere la battaglia contro il male. E sperimentazioni stanno già avvenendo sull'uomo per il tumore del colon, il melanoma, il carcinoma della prostata e quello del seno. I risultati di uno studio tutto italiano, al quale la rivista scientifica Human gene therapy ha dedicato la copertina del numero di aprile, offrono nuove informazioni utili a migliorare l’efficacia delle sperimentazioni in corso.
LO STUDIO - I ricercatori del Cnr-Ift e dell’università Campus Bio-medico di Roma hanno messo a punto una procedura di trattamento del tessuto muscolare con ialuronidasi, un enzima che degrada la matrice extracellulare e quindi abbassa le barriere che ostacolano la penetrazione del vaccino all'interno delle cellule. Già altri lavori avevano dimostrato il ruolo di una sorta di "corazza" che il cancro crea attorno alle sue cellule destrutturate (a differenza di tutte le strutture sane che invece hanno sviluppi cellulari secondo scheletri ben definiti in base alle funzioni). Il cancro è caotico e corazzato così come il granchio, a cui hanno pensato i primi protomedici osservando una struttura tumorale. E prima della corazza c’è il passaggio attraverso la barriera muscolare. La corazza va rotta, ma già aprire un varco nel muscolo sembra favorire l’azione del vaccino. L’enzima fa questo, favorendo il trasferimento del vaccino all'interno del muscolo tramite una particolare tecnica, chiamata «elettrotrasferimento». Il vaccino a Dna raggiunge così in quantità maggiore il nucleo delle cellule e
mostra - secondo i risultati dello studio - un'efficacia superiore nella stimolazione della risposta difensiva. «L'immissione efficace nel muscolo è uno dei problemi delle sperimentazioni in corso - spiega la responsabile del progetto di ricerca, Emanuela Signori -. L'elettrotrasferimento con pretrattamento del muscolo mediante ialuronidasi ha mostrato di supportare meglio il sistema immunitario nella produzione delle cellule incaricate di riconoscere gli antigeni che caratterizzano il tumore e quindi indispensabili per eliminarlo». Enzima ed elettrotrasferimento sembrano essere utili, perché ne aumentano l’efficacia, in tutte le vaccinazioni a Dna. Oltre che per la cura dei tumori, infatti, sono oggi già in sperimentazione per malattie infettive come epatite C, malaria e Aids.
mostra - secondo i risultati dello studio - un'efficacia superiore nella stimolazione della risposta difensiva. «L'immissione efficace nel muscolo è uno dei problemi delle sperimentazioni in corso - spiega la responsabile del progetto di ricerca, Emanuela Signori -. L'elettrotrasferimento con pretrattamento del muscolo mediante ialuronidasi ha mostrato di supportare meglio il sistema immunitario nella produzione delle cellule incaricate di riconoscere gli antigeni che caratterizzano il tumore e quindi indispensabili per eliminarlo». Enzima ed elettrotrasferimento sembrano essere utili, perché ne aumentano l’efficacia, in tutte le vaccinazioni a Dna. Oltre che per la cura dei tumori, infatti, sono oggi già in sperimentazione per malattie infettive come epatite C, malaria e Aids.
Batteri Listeria
BATTERI RADIOATTIVI - Altra arma in sperimentazione è quella dei «batteri radioattivi» nel cancro pancreas più aggressivo, quello che ha già formato metastasi e nella pratica clinica lascia pochissime chance di sopravvivenza: i batteri, una forma attenuata di Listeria (che normalmente causa intossicazioni alimentari), infettano le cellule delle metastasi e le uccidono veicolando al loro interno la radioterapia. In pratica fanno da taxi a microbombe atomiche. L’idea si deve al gruppo di ricerca guidato da Claudia Gravekamp dell’Albert Einstein College of Medicine ed è stata pubblicata dalla rivista Proceedings of the national Academy of sciences (Pnas). Lo studio ha dimostrato che la Listeria radioattiva uccide in poco più di una settimana di cura il 90% delle metastasi, senza danneggiare i tessuti sani circostanti. Il cancro al pancreas è uno dei tumori meno curabili: si scopre spesso quando è già in fase di metastasi (perché il tumore primario - in genere operabile - non dà sintomi) e quindi quando è ormai inoperabile. Gli esperti avevano già visto in provetta che batteri attenuati (e quindi resi innocui per i tessuti sani, ma sempre infettivi per i tessuti tumorali non protetti immunologicamente) caricati con radioisotopi erano in grado di attaccare e uccidere le cellule tumorali. Hanno così testato i batteri radioattivì su topolini malati di cancro al pancreas con metastasi. Listeria ha attaccato le metastasi eliminandone il 90% in poco tempo mentre i topolini non trattati (gruppo di controllo) cominciavano già a morire.
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