Bambina muore azzannata a Roma: una tragedia causata dall’incompetenza
di VALERIA ROSSI – Ieri sera, purtroppo, mi sono arrivate numerosissime segnalazioni diun articolo di Repubblica.it che mi ha lasciato davvero agghiacciata: non soltanto per l’orribile tragedia che ha visto la morte di una bimba di tre anni, ma anche per il racconto del padre, dal quale traspare un’incompetenza abissale in tema cinofilo (e sorvoliamo sul fatto che dire “Bisognerebbe stargli sempre appresso, ma adesso a tre anni si fanno anche la barba da soli…” sia indice di altrettanta leggerezza in tema di bambini, solo perché non è gentile infierire su di un padre che ha appena perso la figlia. Però questa frase – e non solo questa, tra quelle attribuite al padre – a me ha fatto venire la pelle d’oca).
Ciò che più mi stupisce, comunque, è il tenore dei messaggi che ho ricevuto: quasi tutti di proprietari di pastori tedeschi (come il cane protagonista della tragedia), quasi tutti terrorizzati.
“Ho anch’io un bambino di tre anni, cosa devo aspettarmi?”
“Ho un pastore tedesco e i miei nipoti vengono spesso a casa mia, devo preoccuparmi?”
“Ho sempre pensato che il mio pastore tedesco adorasse mio figlio, ma adesso ho paura…”
La mia prima reazione, di fronte a questi timori, è stata quasi di rabbia: perché non è certo la prima volta che un bambino finisce vittima di un’aggressione, ma stavolta a colpire l’immaginazione dei lettori è stato il fatto che fosse un pastore tedesco. Quando gli episodi di cronaca riguardano pit bull o cani corsi, evidentemente, la gente sotto sotto pensa che “con un cane così, possa succedere” (il che dimostra quanto influenzino l’opinione pubblica i dannatissimi media!): ma se succede con il commissario Rex, allora scatta l’allarme rosso.
Oddio, ma allora tutti i cani possono mordere e uccidere!
Ebbene sì.
Non è una strabiliante scoperta, signori miei: è solo la normalissima realtà dei fatti. I cani hanno i denti, e se questi denti azzannano un bambino piccolo le conseguenze possono essere terribili. Anni fa, come ho spesso ripetuto a chi si scagliava contro le presunte “razze killer”, un neonato in Francia è stato sbranato da due bassotti.
Non c’entra la razza, non c’entrano le dimensioni (almeno quando parliamo di bambini piccoli: per un adulto la taglia del cane può fare una grande differenza, ma per un bambino di tre anni può essere letale qualsiasi cane dai tre chili in su) c’entra invece moltissimo la competenza cinofila dei proprietari. C’entra il modo in cui i cani vengono socializzati con i bambini, c’entra il modo in cui il cane viene tenuto e gestito, c’entra il tipo di rapporto che i bambini hanno con il cane.
Ciò che più mi stupisce, comunque, è il tenore dei messaggi che ho ricevuto: quasi tutti di proprietari di pastori tedeschi (come il cane protagonista della tragedia), quasi tutti terrorizzati.
“Ho anch’io un bambino di tre anni, cosa devo aspettarmi?”
“Ho un pastore tedesco e i miei nipoti vengono spesso a casa mia, devo preoccuparmi?”
“Ho sempre pensato che il mio pastore tedesco adorasse mio figlio, ma adesso ho paura…”
La mia prima reazione, di fronte a questi timori, è stata quasi di rabbia: perché non è certo la prima volta che un bambino finisce vittima di un’aggressione, ma stavolta a colpire l’immaginazione dei lettori è stato il fatto che fosse un pastore tedesco. Quando gli episodi di cronaca riguardano pit bull o cani corsi, evidentemente, la gente sotto sotto pensa che “con un cane così, possa succedere” (il che dimostra quanto influenzino l’opinione pubblica i dannatissimi media!): ma se succede con il commissario Rex, allora scatta l’allarme rosso.
Oddio, ma allora tutti i cani possono mordere e uccidere!
Ebbene sì.
Non è una strabiliante scoperta, signori miei: è solo la normalissima realtà dei fatti. I cani hanno i denti, e se questi denti azzannano un bambino piccolo le conseguenze possono essere terribili. Anni fa, come ho spesso ripetuto a chi si scagliava contro le presunte “razze killer”, un neonato in Francia è stato sbranato da due bassotti.
Non c’entra la razza, non c’entrano le dimensioni (almeno quando parliamo di bambini piccoli: per un adulto la taglia del cane può fare una grande differenza, ma per un bambino di tre anni può essere letale qualsiasi cane dai tre chili in su) c’entra invece moltissimo la competenza cinofila dei proprietari. C’entra il modo in cui i cani vengono socializzati con i bambini, c’entra il modo in cui il cane viene tenuto e gestito, c’entra il tipo di rapporto che i bambini hanno con il cane.
In questo caso la situazione era tutta ad altissimo rischio.
Dal racconto del padre emerge come:
a) il cane non vivesse in famiglia, ma “in un recinto, insieme ad alcuni segugi“; quindi non stava in casa e non poteva considerare la bimba come parte del suo branco. Non era, insomma, affatto il “suo cane”, come hanno titolato decine di giornalisti palesemente incompetenti.
Ah… il fatto che in passato avesse ammazzato uno dei segugi è del tutto ininfluente, anche se molti hanno commentato “Ehhh! Aveva già ammazzato un cane, era logico che potesse attaccare anche una persona”. Invece non è logico affatto: cani e persone sono cose diverse, e i cani lo sanno benissimo); b) la piccola, che a quanto pare stava nella villetta del nonno (ci sono versioni contrastanti tra le varie testate, ma quella che ricorre più frequentemente è questa) è entrata nel recinto “dove il cane stava mangiando” : quindi il cane ha visto invadere il suo territorio da un’intrusa che probabilmente è andata anche a toccarlo durante il pasto.
C’erano, insomma, tutti i presupposti perché succedesse qualcosa di grave.
Diversi giornali riportano, tra le varie dichiarazioni del padre, questa frase: “Il cane era tranquillo, controllato, gli avevamo messo il chip” (frase che su alcune testate è diventata “era controllato con il chip”, come se si trattasse di un telecomando…).
Ma a chi al mondo potrebbe interessare, in un momento come questo, se il cane fosse iscritto o meno all’anagrafe canina?
Le cose importanti sono ben altre.
Importa il fatto che la bambina, anche se “a volte” giocava con Bobby, non fosse sicuramente considerata come la “sua” bambina, e che quindi lui non potesse affatto essere considerato “il suo cane”: il “tuo” cane è quello che vive con te, che ti conosce, che ti ama e/o ti rispetta perché sei un membro della sua famiglia (o del suo branco, se preferite).
Un cane relegato in un recinto in giardino non ha proprietari, non ha amici, non ha partner: ha effettivamente un “padrone”, nel senso più triste della parola. Ha qualcuno che gli porta da mangiare, e che “ogni tanto” magari ti lascia uscire a fare un giretto.
Il fatto che “ogni tanto” (e mi piacerebbe sapere quanto “tanto” fosse…) giocasse con la bambina fa pensare che questo cane sia tendenzialmente un bonaccione: perché altrimenti avrebbe potuto morderla molto prima, visti i presupposti.
Invece l’ha fatto solo quando la piccola – lasciata a se stessa, con imperdonabile superficialità, da tutti gli adulti della famiglia – ha commesso un atto che per un cane è una vera violazione di quanto più sacro esista: avvicinarsi al suo cibo, forse addirittura toccarlo.
Do abbastanza per scontato che nessuno avesse mai spiegato alla bimba che questo non si fa, e tantomeno che qualcuno avesse insegnato al cane a non difendere la ciotola: mi dispiace dirlo, ma chi tiene un cane in questo modo difficilmente si preoccupa di dargli un minimo di educazione e di regole.
In queste c0ndizioni, SI, c’è da preoccuparsi eccome: anzi, è un vero miracolo che cani gestiti in questo modo non facciano stragi tutti i santi giorni.
Ma vorrei sperare che i cani gestiti in questo modo fossero veramente pochi… e invece so che è una pia illusione.
Dal racconto del padre emerge come:
a) il cane non vivesse in famiglia, ma “in un recinto, insieme ad alcuni segugi“; quindi non stava in casa e non poteva considerare la bimba come parte del suo branco. Non era, insomma, affatto il “suo cane”, come hanno titolato decine di giornalisti palesemente incompetenti.
Ah… il fatto che in passato avesse ammazzato uno dei segugi è del tutto ininfluente, anche se molti hanno commentato “Ehhh! Aveva già ammazzato un cane, era logico che potesse attaccare anche una persona”. Invece non è logico affatto: cani e persone sono cose diverse, e i cani lo sanno benissimo); b) la piccola, che a quanto pare stava nella villetta del nonno (ci sono versioni contrastanti tra le varie testate, ma quella che ricorre più frequentemente è questa) è entrata nel recinto “dove il cane stava mangiando” : quindi il cane ha visto invadere il suo territorio da un’intrusa che probabilmente è andata anche a toccarlo durante il pasto.
C’erano, insomma, tutti i presupposti perché succedesse qualcosa di grave.
Diversi giornali riportano, tra le varie dichiarazioni del padre, questa frase: “Il cane era tranquillo, controllato, gli avevamo messo il chip” (frase che su alcune testate è diventata “era controllato con il chip”, come se si trattasse di un telecomando…).
Ma a chi al mondo potrebbe interessare, in un momento come questo, se il cane fosse iscritto o meno all’anagrafe canina?
Le cose importanti sono ben altre.
Importa il fatto che la bambina, anche se “a volte” giocava con Bobby, non fosse sicuramente considerata come la “sua” bambina, e che quindi lui non potesse affatto essere considerato “il suo cane”: il “tuo” cane è quello che vive con te, che ti conosce, che ti ama e/o ti rispetta perché sei un membro della sua famiglia (o del suo branco, se preferite).
Un cane relegato in un recinto in giardino non ha proprietari, non ha amici, non ha partner: ha effettivamente un “padrone”, nel senso più triste della parola. Ha qualcuno che gli porta da mangiare, e che “ogni tanto” magari ti lascia uscire a fare un giretto.
Il fatto che “ogni tanto” (e mi piacerebbe sapere quanto “tanto” fosse…) giocasse con la bambina fa pensare che questo cane sia tendenzialmente un bonaccione: perché altrimenti avrebbe potuto morderla molto prima, visti i presupposti.
Invece l’ha fatto solo quando la piccola – lasciata a se stessa, con imperdonabile superficialità, da tutti gli adulti della famiglia – ha commesso un atto che per un cane è una vera violazione di quanto più sacro esista: avvicinarsi al suo cibo, forse addirittura toccarlo.
Do abbastanza per scontato che nessuno avesse mai spiegato alla bimba che questo non si fa, e tantomeno che qualcuno avesse insegnato al cane a non difendere la ciotola: mi dispiace dirlo, ma chi tiene un cane in questo modo difficilmente si preoccupa di dargli un minimo di educazione e di regole.
In queste c0ndizioni, SI, c’è da preoccuparsi eccome: anzi, è un vero miracolo che cani gestiti in questo modo non facciano stragi tutti i santi giorni.
Ma vorrei sperare che i cani gestiti in questo modo fossero veramente pochi… e invece so che è una pia illusione.
Un’altra delle frasi del padre che mi hanno colpito duramente (riportata da moltissime testate) è questa: “Era destino, si vede che il Signore ha voluto così”.
Eh no, mi dispiace: tu e la tua famiglia avete fatto in modo che andasse così. Non avete educato il cane, non avete controllato la bambina, non avete neppure messo il cane in sicurezza (com’è che una bambina di tre anni riesce ad “aprire due cancelli”, ad uscirsene da una casa e a passare in un’altra e infine ad aprire un recinto pieno di cani, senza incontrare neppure una serratura capace di fermarla?): tirare in ballo il buon Dio è una vera e propria bestemmia.
Questa è una tragedia dell’incompetenza, evidenza che viene ovviamente ignorata (come al solito) sia dai giornalisti che dai commentatori. Sul Corriere c’è un commento che fa venire quasi più brividi della storia stessa, e che è una vera bandiera dell’odio cinofobo: “ci sono in giro troppi cani in Italia, è ora di mettere una tassa sui cani, poiche inquinano acusticamente ed organicamente le città ed i borghi”. “I cani randagi non vanno tenuti nei canili a spese del contribuente, vanno abbattutti (con quattro “t”: chissà come mai odio ed ignoranza vbanno sempre a braccetto? NdR) come si è sempre fatto e come fanno in paesi che non sono notoriamente incivili: Svizzera, Germania, Svezia, Inghilterra, USA”… e via di questo passo. Il tizio che ha scritto queste parole mi fa più paura di tutti i cani del mondo messi insieme.
Ora, come al solito, qualcuno mi accuserà di “voler difendere i cani a tutti i costi” e di infischiarmene della povera vittima innocente: ma non è vero, non me ne frego affatto.
Sono terribilmente dispiaciuta per questa piccola vita stroncata. Mi viene il magone guardando l’orsacchiotto deposto sul luogo della tragedia. Però sono anche furiosa di fronte ad un evento che si sarebbe sicuramente potuto evitare solo gestendo il cane (e anche la bimba, sì) in modo meno superficiale e con un minimo – ma proprio un minimo – di competenza cinofila.
Quella che, purtroppo, non ci viene data da nessuno: né dai media (che anzi, sembrano quasi godere quando accadono fatti come questi…), né dalla scuola, che dovrebbe assolutamente prevedere l’insegnamento di quell’ABC cinofilo che potrebbe salvare delle vite, né da nessuna istituzione.
Ogni volta che accade un episodio evitabile come questo, con protagonista un cane normalissimo che si è comportato in modo normalissimo per un cane (ovvero, ha difeso il suo cibo, ovviamente senza poter neppure capire le conseguenze del suo gesto), la colpa è di tutti coloro che continuano a permettere che le persone vivano nella più totale ignoranza.
No, non devono certo preoccuparsi dei propri cani i lettori di questo sito: perché sono persone che leggono, che si informano, che si fanno domande.
Però dovrebbero preoccuparsi migliaia, forse milioni di altri italiani che non leggono, non si informano e non sanno neppure la A dell’ABC cinofilo, perché nessuno gliela spiega.
Solo che questi non si preoccuperanno affatto (a meno che non si preoccupino a casaccio, magari abbandonando il loro cane per paura che possa “impazzire”): e le cose rimarranno esattamente come sono, con nuove potenziali vittime dietro l’angolo.
E non vittime dei cani: vittime, non mi stanco di ripeterlo, dell’incompetenza e dell’ignoranza.
Ma intanto c’è sempre pronta la scusa buona: è stato Dio a volere così. E siamo tutti a posto con la coscienza.
Eh no, mi dispiace: tu e la tua famiglia avete fatto in modo che andasse così. Non avete educato il cane, non avete controllato la bambina, non avete neppure messo il cane in sicurezza (com’è che una bambina di tre anni riesce ad “aprire due cancelli”, ad uscirsene da una casa e a passare in un’altra e infine ad aprire un recinto pieno di cani, senza incontrare neppure una serratura capace di fermarla?): tirare in ballo il buon Dio è una vera e propria bestemmia.
Questa è una tragedia dell’incompetenza, evidenza che viene ovviamente ignorata (come al solito) sia dai giornalisti che dai commentatori. Sul Corriere c’è un commento che fa venire quasi più brividi della storia stessa, e che è una vera bandiera dell’odio cinofobo: “ci sono in giro troppi cani in Italia, è ora di mettere una tassa sui cani, poiche inquinano acusticamente ed organicamente le città ed i borghi”. “I cani randagi non vanno tenuti nei canili a spese del contribuente, vanno abbattutti (con quattro “t”: chissà come mai odio ed ignoranza vbanno sempre a braccetto? NdR) come si è sempre fatto e come fanno in paesi che non sono notoriamente incivili: Svizzera, Germania, Svezia, Inghilterra, USA”… e via di questo passo. Il tizio che ha scritto queste parole mi fa più paura di tutti i cani del mondo messi insieme.
Ora, come al solito, qualcuno mi accuserà di “voler difendere i cani a tutti i costi” e di infischiarmene della povera vittima innocente: ma non è vero, non me ne frego affatto.
Sono terribilmente dispiaciuta per questa piccola vita stroncata. Mi viene il magone guardando l’orsacchiotto deposto sul luogo della tragedia. Però sono anche furiosa di fronte ad un evento che si sarebbe sicuramente potuto evitare solo gestendo il cane (e anche la bimba, sì) in modo meno superficiale e con un minimo – ma proprio un minimo – di competenza cinofila.
Quella che, purtroppo, non ci viene data da nessuno: né dai media (che anzi, sembrano quasi godere quando accadono fatti come questi…), né dalla scuola, che dovrebbe assolutamente prevedere l’insegnamento di quell’ABC cinofilo che potrebbe salvare delle vite, né da nessuna istituzione.
Ogni volta che accade un episodio evitabile come questo, con protagonista un cane normalissimo che si è comportato in modo normalissimo per un cane (ovvero, ha difeso il suo cibo, ovviamente senza poter neppure capire le conseguenze del suo gesto), la colpa è di tutti coloro che continuano a permettere che le persone vivano nella più totale ignoranza.
No, non devono certo preoccuparsi dei propri cani i lettori di questo sito: perché sono persone che leggono, che si informano, che si fanno domande.
Però dovrebbero preoccuparsi migliaia, forse milioni di altri italiani che non leggono, non si informano e non sanno neppure la A dell’ABC cinofilo, perché nessuno gliela spiega.
Solo che questi non si preoccuperanno affatto (a meno che non si preoccupino a casaccio, magari abbandonando il loro cane per paura che possa “impazzire”): e le cose rimarranno esattamente come sono, con nuove potenziali vittime dietro l’angolo.
E non vittime dei cani: vittime, non mi stanco di ripeterlo, dell’incompetenza e dell’ignoranza.
Ma intanto c’è sempre pronta la scusa buona: è stato Dio a volere così. E siamo tutti a posto con la coscienza.
http://www.tipresentoilcane.com/2014/09/26/bambina-muore-azzannata-roma-tragedia-causata-dallincompetenza/
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