La rivelazione risale allo scorso maggio, ma solo ora se n'è avuta notizia, grazie a Repubblica. Sul quotidiano, infatti, si legge come un confidente della Direzione Nazionale Antimafia abbia recentemente spiegato ai magistrati che lo storico boss di Porta Nuova Giovanni Di Giacomo è pronto a "fare un botto a Palermo", colpendo "un rappresentante delle Istituzioni".
Di Giacomo, rinchiuso al 41bis, starebbe infatti tentando di creare contatti in carcere con i catanesi, così da reperire dell'esplosivo finalizzato all'attentato. Attualmente, il verbale è in mano alle procure di Palermo, Catania e Caltanissetta, che, da parte loro, cercano di comprendere chi possa essere l'obiettivo individuato dal boss.
Quel che è certo è come tali rivelazioni dimostrino il risveglio di Cosa Nostra, pronta a rialzare la testa dopo un periodo di sommersione. D'altronde, i magistrati della Dia di Palermo l'avevano previsto: nella loro ultima relazione citavano infatti la presenza di “segnali che sembrano propendere verso derive di scontro ancora da decifrare”, e ancora “profili di rischio elevato “ e “scomposta deriva intimidatoria”.
Per comprendere le motivazioni che porterebbero Di Giacomo a compiere l'attentato, è necessario focalizzare il contesto. L'uomo, a inizio anno, era già stato intercettato dagli inquirenti mentre forniva indicazioni al fratello, Giuseppe Di Giacomo, per mantenere il controllo sul mandamento al suo posto. Un cambio di guardia che aveva indispettito qualcuno, tanto più che l'uomo è stato freddato a marzo, in un agguato. Un omicidio, questo, che ha comportato l'inaugurazione di una nuova faida, interna a Cosa Nostra, per il controllo di Porta Nuova, e placata soltanto dall'operazione Iago, avvenuta ad aprile, durante la quale gli uomini della Dia hanno decapitato il clan Di Giacomo.
Il boss detenuto si trova dunque ora bloccato in carcere, senza la possibilità di esercitare il proprio potere sulla zona, con un fratello ammazzato e il clan decimato. In tale contesto, un attentato da lui organizzato servirebbe dunque a ristabilire equilibrio, dimostrando ai rivali chi ancora comanda Porta Nuova, esattamente come accade negli anni Novanta con i Corleonesi di Riina.
Tra gli obiettivi, si teme che possano trattarsi di pm impegnati nel contrasto a Cosa Nostra: Caterina Malagoli, Leonardo Agueci e Francesca Mazzocco, per esempio, stanno indagando proprio in queste settimane sui nuovi assetti dell'organizzazione. Ma a spaventare è anche la posizione dei pm "della trattativa", Nino Di Matteo su tutti: è lui, d'altronde, il magistrato più minacciato d'Italia, destinatario di intimidazioni anche da parte del Capo dei Capi Totò Riina.
http://www.articolotre.com/2014/08/cosa-nostra-rialza-la-testa-il-boss-di-giacomo-sta-organizzando-un-botto-a-palermo/
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