Il 2 giugno 2011 il corpo senza vita di Abderrahman Salhi venne ritrovato riverso nelle acque del fiume Frassine a pochi chilometri da Montagnana, in provincia di Padova. Il giovane, che aveva ventiquattro anni, era stato visto per l'ultima volta nove giorni prima, quando i carabinieri lo avevano caricato su un'auto nel centro storico del paese dopo che una segnalazione li aveva allertati sulla sua presenza: si trovava in stato di ebbrezza e stava importunando alcune persone. Da quel momento in poi gli amici con cui condivideva una baracca lungo il fiume non avevano più avuto sue notizie, fino al tragico ritrovamento e all’esito dell’autopsia, che aveva stabilito come causa del decesso l’annegamento. Le indagini della procura avevano poi fatto emergere che Abderrahman era stato condotto dai carabinieri sulla riva del fiume e costretto a gettarsi in acqua. Questa pratica, secondo alcune testimonianze, era già stata utilizzata in almeno altri quattro episodi da parte degli agenti della locale stazione come forma di punizione nei confronti di migranti ritenuti molesti o indesiderati. Nessun arresto, nessuna denuncia, solo il lancio nelle acque gelide del Frassine, un gesto che veniva giustificato come un modo per "rinfrescare le idee agli extracomunitari". Alla fine tre carabinieri scelsero di patteggiare una condanna per abuso di potere, mentre l’accusa di omicidio colposo venne derubricata. Secondo il medico legale, infatti, l’annegamento sarebbe avvenuto nei giorni successivi alla notte in cui Salhi era stato costretto a tuffarsi nel fiume. Al momento dell’autopsia il cadavere presentava inoltre una lesione frontale sulla testa.
A 364 persone, direttamente o indirettamente uccise dalle istituzioni italiane, è dedicato il nostro libro “Morire di Stato”. Lo trovate seguendo il link nel primo commento.

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