"Se faccio qualcosa di buono sono un americano, ma se faccio qualcosa di sbagliato allora sono un nero".
Il 6 giugno 1944 nasceva TOMMIE SMITH.
QUEL PUGNO CHIUSO CHE SQUARCIO' IL CIELO.
È il momento degli inni nazionali, i tre corridori si voltano in direzione delle bandiere pronte a salire verso il cielo.
Tommie ruota su sé stesso come un robot, John si muove lento, con una sorta di infinita stanchezza.
Poi, nel momento esatto in cui parte l’inno americano, Tommie Smith abbassa la testa, il mento giù verso la sua medaglia d’oro.
Davanti allo stadio e al mondo fa scattare il braccio destro verso il cielo.
Il pugno chiuso avvolto nel guanto nero si staglia contro la notte cobalto di Città del Messico.
“I neri non possono frequentare le piscine in cui si allenano i bianchi”.
E allora John, alle Olimpiadi, ci è arrivato correndo. Perché le piscine potevano respingerlo e la scuola pure, gli insegnanti potevano ignorare la sua dislessia, ma nessuno poteva ignorare la velocità con cui vinceva medaglie.
Mentre si sistema nella sua corsia, John ripensa alla domanda che un giorno ha rivolto a Martin Luther King, prima di andare a Memphis, dove sarebbe morto.
“Perché lo fa, Reverendo King? Perché rischia la sua vita?”.
“John, io devo lottare per quelli che non vogliono lottare da soli. E per quelli che non possono lottare da soli”.
.
“In pista sono Tommie Smith, il più veloce del mondo. Ma una volta fuori torno a essere solo un altro sporco nero”.
Per diversi mesi, prima dei Giochi, il boicottaggio alle Olimpiadi è sembrato davvero possibile e ha terrorizzato l‘estabilishment bianco dello sport.
La classe operaia va in paradiso

Nessun commento:
Posta un commento