Topo bollito, al ristorante (italiano) è piatto del giorno (fotogallery)
GEAPRESS – Due recentissime operazioni dei Carabinieri e del Corpo Forestale dello Stato, rispettivamente nella provincia di Reggio Calabria e Catanzaro, hanno portato alla ribalta un problema scottante del bracconaggio italiano, incentivato (come la polenta e osei del bresciano) dai ristoratori.
In questo caso, però, ad essere fritti, arrostiti o bolliti sono dei roditori. Roditori tanto quanto i topi. Non vivono nei pagliai o tra le derrate dell’uomo. Loro, …. gli altri topi, prediligono i boschi, ed hanno il viziaccio, fin prima dell’autunno, di riempirsi di grasso per un lungo riposino.
Stiamo parlando dei Ghiri. Per alcuni da proteggere, per altri topo da cucina. Addirittura 284 quelli rinvenuti congelati ad un bracconiere di Mammola (RC) al quale i Carabinieri hanno anche sequestrato un arsenale da guerra. Poco meno di trecento trappole artigianali e ben 2.480 cartucce calibro 12, 25 cartucce calibro 12 a palla asciutta, 897 cartucce calibro 28, 71 cartucce calibro 9 per fucile, 3,2 kg di pallettoni di piombo per munizionamento calibro 12, 8,4 kg di pallini di piombo per munizionamento calibro 12, 10 grammi di pallini per munizionamento calibro 28, 4,2 kg di polvere da sparo, nonché una pressatrice per la fabbricazione artigianale di cartucce.
A Catanzaro, invece, gli Agenti del Distaccamento del Corpo Forestale dello Stato di Santa Caterina dello Ionio ed i Carabinieri di Isca Marina, i ghiri li hanno trovati già spellati, sbudellati e … dentro la pentola. Vi era pure un cannello bruciatore, dal momento in cui il Ghiro, prima di essere bollito, va bruciacchiato per via di quei poco appetibili peluzzi che resistono allo spellamento. Pensate al povero cliente del ristorante che assieme alla carne di topo si impasta la bocca con gli impertinenti peli tra i denti. Una vera indecenza. Ed ecco allora che a ricordarci del bruciacchiamento è anche il sito ufficiale di un’altra Santa Caterina, ovvero quella del quasi omonimo Comune di Santa Caterina d’Aspromonte (RC). E’ lì possibile apprendere come preparare i maccheroni di ghiro e tordi, oppure i ghiri fritti, anche se poi lo stesso Comune precisa che i ghiri “anche se numerosi” appartengono ad una specie protetta. Porca miseria ……. (!).
Eppure a sentire Giovanni Malara, della LIPU di Reggio Calabria, l’importanza del Ghiro travalica gli stessi cultori comunali di famelici palati, per ricoprire addirittura un significato simbolico nei rituali della ‘ndrangheta. L’incontro pacificatore dei narcotrafficanti delle cosche della locride, infatti, viene suggellato da un piatto di ghiri. L’attitudine culinaria si è trovata così un posto tutto suo in un rapporto dei ROS dei Carabinieri che hanno registrato il conviviale a base di topo bollito o fritto.
Ma quanto frutta il bracconaggio dei ghiri? Secondo Giovanni Malara decine di migliaia di euro, considerati peraltro in singoli ambiti territoriali. Una stima eseguita anni addietro nel territorio comunale di Guardavalle (CZ) riportava, infatti, non meno di 20.000 ghiri uccisi ogni anno. Il ghiro al ristorante veniva servito per diecimila lire. Ognuno facce le debite conversioni.
Giovanni conosce molto bene il territorio calabrese. La sua è una vita tutta dedicata alla protezione della natura, tra i campi anti bracconaggio sullo stretto di Messina per la protezione dei falchi pecchiaioli migranti (chi non gli spara è un cornuto, … secondo le tradizionali cacce) fino agli appostamenti notturni per salvare i ghiri ed i gatti selvatici.
“Il fenomeno dei ghiri in cucina – ci dice Giovanni Malara- è andato incrementandosi di pari passo con l’aumentata richiesta dei ristoranti che hanno fatto lievitare il prelievo prima più limitato ad un consumo quasi totalmente casalingo” Ed in effetti, in soli due sequestri, eseguiti nell’agosto dello scorso anno, furono rinvenuti 400 ghiri morti. Pochi giorni prima, proprio a Guardavalle, fu invece impossibile contarli. Si pesarono in blocco. Ben 166 chili di carne di ghiro. “Ormai siamo verso la fine della stagione di caccia al ghiro – aggiunge Giovanni Malara – Apprendiamo con vivo piacere delle recenti operazioni di sequestro. Auspichiamo che in futuro si riesca a coprire l’intero periodo nel quale operano i bracconieri”
Ma come vengono catturati i ghiri?
“I bracconieri utilizzano vari tipi di trappole – continua Giovanni Malara – Dagli archetti in metallo utilizzati come trappole, appunto, per topolini, a semplici scatolotti in legno o addirittura in cartone, tipo quelli del latte. In questa maniera – conclude Giovanni Malara – vengono catturati vivi e possono essere uccisi al momento oppure allevati se catturati in una stagione dove ancora il ghiro non ha le sue riserve di grasso. In questo caso vengono messi in botti ed alimentati con ghiande oppure, per addolcirne le carni, con foglie di pero”.
Quella del Ghiro è una storia antica. Il suo musetto topino già lo sgranocchiavano i romani che, una volta catturati, li rinchiudevano in sorte di orci di terracotta costringendoli al buio ed alimentandoli, proprio come si fa oggi,all’ingrasso. Le legioni civilizzatrici lo portavano in tal maniera durante le loro scorribande in territori remoti, mentre nella famosa cena di Trimalcione, descritta da Petronio, il ghiro veniva servito come antipasto. Quando si dice cultura venatoria. Tanto preziosa da essere stata favorita dall’eliminazione, per i cacciatori, del reato di furto al patrimonio indisponibile dello stato (come tale è per legge considerata la fauna selvatica). Il povero reato di maltrattamento di animali, indirizzato alla protezione di cani e gatti, è con le sue pene troppo debole (comunque manca l’arresto in flagranza, … anche per i casi di cani e gatti orrendamente torturati). Ed ecco allora che tra ristoratori e leggi italiane il topo bollito rischia di diventare un piatto nazionale. Questo perché le ricette a base di ghiro sono anche brianzole oltre che campane, laziali e toscane. E poi critichiamo i cinesi per taluni gusti alimentari.
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