La nuova era e gli zapatisti
L’insediamento del nuovo presidente del più vecchio partito del Messico dimostra come le classi politiche non siano in grado di ascoltare il frastuono di quello che gli zapatisti hanno appena definito un mondo che va in pezzi. Per ascoltare invece il rumore del mondo che rinasce ci vogliono orecchie molto attente. Come quelle di Gustavo Esteva, che è stato consigliere dell’Ezln fin dal tempo dei colloqui di San Andrés e più volte ne ha interpretato anche in questi ultimi tempi la potenza del silenzio. Esteva vive a Oaxaca, dove ha partecipato alla straordinaria rivolta dellaComune e ha fondato l’Università della Terra. Aldo Zanchetta e Antonio Tricarico di Re:Common hanno realizzato con lui una videointervista (tradotta in italiano) sulle ragioni che lo spingono a considerare aperta una nuova epoca e sul suo ultimo libro «Antistasis. L’insurrezione in corso», uscito in Italia con Asterios.
Gustavo Esteva
L’affondamento del Titanic era inevitabile. Ignorarlo era insensato. Ma l’orchestra continuò a suonare.
La messa in scena del primo giorno (della presidenza di Peña Nieto ndt) è una dimostrazione evidente di questo tipo particolare di cecità. Ha mostrato la distanza che si è aperta fra le classi politiche e la gente, e ha rivelato anche la sua pericolosa ignoranza della realtà, questa forma irresponsabile e miope di come l’occuparsi di interessi mafiosi a breve termine implichi dimenticare la profondità della crisi economica, sociale e politica nella quale ci troviamo.
Il discorso che si diffonde attualmente nel paese mostra i peggiori sintomi dell’autoritarismo populista che si è instaurato contro venti e maree. È concepito come un trionfo irresponsabile dell’ottimismo sulla realtà, con l’intenzione evidente di generalizzare questa cecità. L’orchestra continuerà a suonare finché gli strumenti e i musicanti affonderanno con la nave.
È molto difficile non udire lo strepito del disastro che si può osservare nel mondo interoe che investe con grande intensità il Messico. Coloro che si sono arrampicati sui meccanismi del potere politico, tuttavia, persisteranno in questa sordità interessata… fintantoché sarà loro possibile, per il tempo che ancora potranno farlo.
Ma gli altri, noi, non possiamo continuare a tapparci le orecchie. Dobbiamo reagire.
«Mi è odioso dire che glielo avevamo detto, però glielo avevamo detto», ci ha detto il subcomandante Marcos alcuni anni fa. In molte occasioni gli zapatisti ci avevano avvertito di ciò che sarebbe accaduto se non avessimo reagito. Non abbiamo reagito. È accaduto. Hanno descritto in molte occasioni il disastro in cui oggi ci troviamo. Hanno anticipato, prima di chiunque altro, la serie di crisi che sono venute succedendosi e la distruzione che avrebbero portato con sé nella classe politica, nel paese stesso, nel tessuto sociale… Hanno aperto con energia e lucidità delle opportunità di cambiamento, senza dogmatismi né imposizioni. Non le abbiamo colte.
La nuova chiamata dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln) deve essere ascoltata da quanti cercano, dal basso, di resistere all’orrore imperante e di creare un’altra possibilità. Che la possano ascoltare perfino coloro che si rifugiano con la fantasia nel fatto che potrebbe bastare una ribellione nelle urne per rimediare il tutto, coloro che sanno solo pensare e organizzarsi nell’ambito dei partiti e delle istituzioni e che ancora pensano che “anticapitalismo” sia una brutta parola.
È utile far vedere di nuovo che l’imperatore è nudo. Potranno arrischiarsi a vederlo e a dirlo a voce alta perfino quelli che pensano che sia possibile continuare a negarlo.
Ma mentre risulta inevitabile udire il frastuono del crollo del mondo che muore, anche perché il rumore si propaga in ogni dove e viene sofferto quotidianamente nella propria carne, non accade lo stessa cosa con il fragore del mondo che rinasce. Per ascoltarlo occorrono orecchi diversi.
Non siamo di fronte a un’altra variante di quanto già conosciamo. Non è un altro giro di vite, una rampa in più su un cammino già noto. E’ una novità radicale. Le sue profonde radici nel passato non vengono utilizzate per riprodurlo o, cosa anche peggiore, per compiere il tentativo impossibile di ritornarvi. E’ un’altra cosa.
Come si è visto venerdì scorso (giorno della imponente manifestazione zapatista, ndt), il mondo nuovo si costruisce con la speranza, la gioia e la celebrazione, a partire dalla disciplina assimilata in un contesto proprio, autonomo. Solo così, dalla disciplina organica, che viene tessuta dal basso sulla base di una libera volontà, è possibile proporsi l’eliminazione del potere e dell’autorità coercitiva, della condizione in cui si usa la posizione gerarchica per imporre un’azione.
In tempi così oscuri, è una benedizione sapere di poter contare sugli zapatisti. Come hanno detto tempo addietro Chomsky, Wallerstein, González Casanova e molti altri, l’iniziativa politica degli zapatisti è la più radicale del mondo, e probabilmente la più importante. Lo è stato ieri, quella notte del primo gennaio 1994 che scatenò un’ ondata di movimenti antisistemici nel mondo intero e che ci risvegliò. Continua a esserlo oggi, quando torna ad essere fonte di ispirazione per fare ciò di cui c’è bisogno.
È giunta la fine di un’era. Le prove si accumulano tutti i giorni. Nulla potrà impedire la sua conclusione. Però quella fine acquisterà una forma apocalittica, approfondendo l’immensa distruzione naturale, sociale e culturale che ha caratterizzato la sua agonia, a meno che non saremo capaci di resistere a tale orrore. In questi frangenti, l’unica forma valida e efficace di resistere consiste nel creare l’alternativa. È nostro compito farlo. Ciascuno nel proprio luogo e alla sua maniera. Dobbiamo dissolvere le relazioni economiche e politiche che ci intrappolano nel mondo vecchio, coscienti che la crescente dignità di ogni uomo e donna e di ogni relazione umana sfida necessariamente tutti i sistemi esistenti. Oggi il problema è questo.
Traduzione per Comune-info di Aldo Zanchetta. Di seguito, la videointervista a Esteva curata da Re:Common, che ringraziamo.
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