Egitto, Tamarrod: 'Generali non più al potere'
Hazem Beblawi, non esclude la presenza di rappresentanti dei Fratelli musulmani nel nuovo governo.
Sostenitori di Morsi in piazza al Cairo
I generali non torneranno più al potere, e il loro ruolo attualmente si limita ad assicurare la sicurezza nella fase di transizione: lo ha detto in un'intervista all'ANSA Riham al Masri un rappresentante della campagna Tamarrod lanciata per destituire il presidente Mohammed Morsi, deposto proprio dai generali il 3 luglio scorso. I promotori della campagna Tamarrod di protesta popolare contro il deposto presidente egiziano Mohammed Morsi affermano di voler "la riconciliazione con i Fratelli musulmani" e chiedono che sia personalità indicate dal movimento islamico sia quelle suggerite dal partito salafita Nur partecipino al governo di coalizione nazionale. Lo ha detto in un'intervista all'ANSA Riham al Masri, uno dei portavoce di Tamarrod.
In un clima di crescente polarizzazione politica tra l'Egitto anti-Fratelli musulmani e l'Egitto sostenitore del deposto presidente Morsi, i giovani promotori della campagna popolare Tamarrod, secondo alcuni servita da ariete per dare la spallata al raìs islamista, assicurano di non essere uno strumento dei generali e di voler tendere la mano a quei settori della Fratellanza "che non hanno le mani sporche di sangue". Tamarrod ("ribellione" in arabo) domani tornerà in piazza Tahrir nel centro del Cairo per ricordare che la sua "rivoluzione continua". Riham al Masri, una dei portavoce del movimento, assicura che "i generali non torneranno più al potere", e che "il loro ruolo attualmente si limita ad assicurare la sicurezza nella fase di transizione. L'esercito si è schierato a fianco del popolo", ha detto. "Abbiamo approvato la Road Map (annunciata dal presidente ad interim) Adly Mansur) e ci impegniamo a far sì che le sue tappe vengano rispettate", afferma Masri, 24 anni, in un'intervista all'ANSA, riferendosi al calendario elettorale che dal prossimo autunno alla primavera 2014 dovrebbe accompagnare la delicata fase di transizione politica. Da più parti la campagna Tamarrod viene descritta come uno strumento usato dall'esercito e dalle altre forze economiche e politiche dell'ex regime di Mubarak per tornare a operare dietro le quinte di istituzioni civili e laiciste. "Non c'è nessuna possibilità che l'esercito torni al potere. Sono solo voci diffuse per creare instabilità", replica la giovane attivista, assicurando che il presidente Mansur "dirige il Paese". "I generali sono ben coscienti - aggiunge - che la situazione è cambiata e che non possono più comportarsi come in passato".
Rush per governo, ma la protesta torna in piazza - Alla vigilia di annunciate e massicce mobilitazioni da parte delle anime rivali della piazza egiziana, il premier incaricato Hazem Beblawi prosegue le consultazioni e non esclude che al governo di "coalizione nazionale" possano partecipare personalità indicate dalla Fratellanza musulmana, i cui vertici sono però ancora ricercati dalla giustizia con l'accusa di aver "incitato alla violenza". Dagli Stati Uniti, storico alleato occidentale del Cairo, arrivano intanto prudenti segnali di sostegno al processo di transizione affidato ai generali: Washington si impegna a difendere le sue relazioni con l'Egitto e assicura l'invio degli aerei F-16 all'aviazione egiziana, anche se non esclude che il programma di aiuti al governo del Cairo possa esser rivisto. Dal dipartimento di Stato hanno di fatto legittimato la deposizione del presidente Mohammed Morsi, esponente della Fratellanza, definendo "non democratica" la sua gestione del potere. E dopo che Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti hanno in pochi giorni assicurato all'Egitto post-Morsi ben 12 miliardi di dollari di aiuti (il Qatar ne aveva promessi otto all'Egitto di Morsi), il Fondo monetario internazionale ha detto di aver sospeso i contatti col Cairo in vista di un eventuale prestito di quasi cinque miliardi di dollari perché "i negoziati non possono proseguire con un governo temporaneo". Anche per questo il presidente ad interim Adly Mansour e i generali che lo appoggiano chiedono al premier incaricato di formare quanto prima l'esecutivo. L'anziano economista liberale Beblawi non ha escluso che se i Fratelli musulmani "faranno un nome qualificato" per la compagine governativa "la proposta potrà essere esaminata". Ma il movimento islamico si sente messo all'angolo nella politica e, in parte, anche nella piazza.
(ANSA)
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