"Troppa burocrazia, ce ne andiamo". Dopo 6 anni due magnati inglesi non costruiranno un resort da 70 milioni nel Salento
Laura Eduati
Doveva essere un resort a 5 stelle nella Puglia aperta al turismo mondiale, un albergo diffuso immerso nell'uliveto secolare di Nardò, in provincia di Lecce, cuore del Salento. Un investimento da 70 milioni di euro che sembra superare persino le resistenze degli ambientalisti e potrebbe dare lavoro a un centinaio di persone in un'area dove la disoccupazione giovanile supera il 50%. Ma è tutto rimasto sulla carta, perché dopo quasi sei anni gli investitori dell'Oasi Sarparea - questo il nome che avrebbe avuto il villaggio vacanze - stanno gettando la spugna, esasperati dalla burocrazia killer.
A finire nell'incubo burocratico italiano sono due facoltosi inglesi: l'immobiliarista Alison Deighton, moglie dell'attuale Segretario al Tesoro del governo Cameron, e ilmagnate del petrolio Ian Taylor.
Dopo aver acquistato il terreno di 30 ettari per 5,3 milioni di euro, Deighton e Taylor nel gennaio 2009 cominciano a chiedere le autorizzazioni necessarie per avviare il progetto, che prevede di lasciare intatto l'uliveto e utilizzarlo per la produzione di olio extravergine.
Le ambizioni sono altissime, al punto che l'ideazione viene affidata a un avanzato studio di architettura di San Francisco che nel 2010 ottiene proprio con l'Oasi Sarparea il primo premio all'American Architecture Awards, il riconoscimento più prestigioso per l'innovazione architettonica e del design.
"Si aspettano un percorso in discesa per chi ha scelto di investire tanti quattrini scommettendo sul turismo e l'agricoltura di qualità nel Sud Europa, ma si scontrano subito con ritardi, rinvii, richieste di integrazione di documentazione, di pareri non necessari", si sfoga il commercialista leccese Marcello Paglialunga, rappresentante dei due inglesi, in una lunga lettera inviata oggi ai deputati e senatori delle commissioni Agricoltura. In sei anni, scrive il professionista con rabbia, "il tempo di dialogo e confronto con gli amministratori locali non sarà stato superiore alle due ore", nel frattempo enti e uffici hanno chiesto "decine e decine di pareri" spesso in contraddizione con loro e i comitati ambientalisti si dividono sull'impatto ecologico del villaggio.
Fino all'esito paradossale: "La Regione Puglia ha dato il via libera alla Valutazione Ambientale Strategica ma ha bocciato il progetto dal punto di vista paesaggistico con una motivazione incredibile e cioè che l'uliveto non poteva essere espiantato: ma l'uliveto è il cuore del resort!", afferma Paglialunga. Deighton e Tayler allora fanno ricorso al Tar, vincono, ma i funzionari regionali decidono di ricorrere al Consiglio di Stato.
In attesa dei giudici, questa potrebbe essere davvero la fine della storia. I due investitori si dicono pronti a lasciare a malincuore il Salento per costruire il villaggio-vacanze in un altro luogo del Mediterraneo. Con una perdita secca di 8 milioni di euro - tanto hanno speso finora per tentare di realizzare il resort.
"Se il villaggio turistico non si facesse più, perderemmo certamente soldi e acquisteremmo territorio", problematizza Mimmo Giannuzzi, segretario del circolo di Legambiente di Nardò: "Sulla carta il progetto è molto interessante ed ecosostenibile. Cominceremmo ad opporci se in fase attuativa si rivelasse diverso e molto impattante". Opinione condivisa anche a livello nazionale: Sebastiano Venneri, ex vicepresidente di Legambiente ora responsabile Territorio e Innovazione, osserva che "il progetto dal punto di vista della legittimità era ineccepibile poiché doveva sorgere in un'area che il piano regolatore aveva destinato alle strutture turistico-ricettive. Legambiente non ha mai potuto dare un giudizio definitivo poiché non si è arrivati al piano di lottizzazione".
"Ditelo voi ai due signori che l'Italia non è un Paese per loro, che sei anni non sono stati sufficienti a dare una risposta certa a chi voleva investire 70 milioni di euro su agricoltura e turismo al Sud", prosegue la lettera del commercialista ai parlamentari. "Da una parte cerchiamo investitori che portino quattrini per creare attività che non inquinino, non riciclino denari sporchi, che permettano al nostro territorio di uscire dalla voragine della crisi scommettendo sulle proprie risorse e tipicità. Poi trattiamo questi soggetti come i peggiori furfanti".
"E dire che i miei clienti si erano convinti a investire in Salento dopo le parole di Nichi Vendola", dice Paglialunga all'HuffPost. "Appena insediato, disse che la Puglia era pronta ad accogliere investimenti proprio sul turismo rispettoso e sulla valorizzazione delle nostre specialità. Diceva che il Sud era migliore di quanto si dipingesse, che non era soltanto mafia e camorra e aveva ragione. Certamente i due investitori non si aspettavano di finire nella malaburocrazia".
Per il territorio di Nardò è anche una perdita di manodopera: "Abbiamo fatto un calcolo: 50 persone sarebbero state impiegate nella costruzione del villaggio, e almeno 50 sarebbero state assunte per la gestione e la pulizia delle camere in mezzo agli ulivi. Non poco per un'area così depressa dal punto di vista occupazionale".
Infine una stoccata ai senatori e ai deputati che hanno ricevuto la missiva: "Siete proprio certi che per risolvere questa crisi sia il caso di continuare a parlare con gli economisti? O piuttosto non sarebbe opportuno chiamare al Governo qualche bravo psichiatra?".
http://www.huffingtonpost.it/2014/09/08/burocrazia-inglesi-resort-puglia_n_5783632.html
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