HITLER SADONAZI! UN NUOVO LIBRO RACCONTA LE MANOVRE FOLLI DEL DITTATORE PER FERMARE LO SBARCO IN NORMANDIA - COMPLETAMENTE SORDO AI CONSIGLI DI ROMMEL, CHE SI TROVAVA SUL CAMPO DI BATTAGLIA, FU IL FUHRER A MANDARE I SUOI AL MACELLO
Nel libro “D-Day”, pubblicato da “Penguin”, lo storico britannico Antony Beevor ricostruisce la catena di comando di quei giorni. Hitler licenziò tutti i comandanti che chiedevano la fine della guerra, dando ordini dalla poltrona e mantenendo una visione ottimistica e falsa di ciò che stava accadendo sul fronte occidentale... -
Adolf Hitler reagì con gioia quando gli alleati sbarcarono in Normandia il 6 giugno 1944, convinto che avrebbero perso, permettendogli così di concentrarsi sulla guerra contro Stalin. Nel libro “D-Day”, pubblicato da “Penguin”, lo storico britannico Antony Beevor ricostruisce la catena di comando di quei giorni, spiegando come non furono gli Alleati a battere i nazisti, ma fu Hitler stesso che mandò al macello i suoi, sbagliando totalmente strategia e rifiutando la resa.
Si infuriò perché non venne eseguito l’ordine di respingere i nemici in mare e guardò ai suoi comandanti del fronte occidentale come a dei rinunciatari. Si lamentò di Erwin Rommel dicendo: «E’ un grande leader quando vince, ma alla minima difficoltà diventa un pessimista totale».
Dal canto suo Rommel non era felice delle continue interferenze di Hitler in questioni militari. Era ossessionato dai dettagli e, pur non essendo mai stato a Caen, la città della Normandia assediata dagli inglesi, tormentava il suo entourage sul posizionamento delle sue brigate, lanciando ordini dal “Berghof”, il suo rifugio sulle montagne bavaresi. In pratica Hitler voleva avanzare a tappeto, mentre Rommel chiedeva flessibilità di azione, pensando anche all’eventualità di ritirarsi e riformare le truppe.
Il 16 giugno il Fuhrer volò sul suo Condor privato a Metz, nella Francia orientale, poi proseguì con un convoglio a Margival, dove era stato costruito un bunker. Qui incontrò i suoi comandanti. Secondo i testimoni, appariva nervoso e esausto. Spiegò il suo dispiacere per lo sbarco alleato, diede la colpa ai suoi capi locali, e ordinò di tenere la fortezza di Cherbourg a qualsiasi costo. Rommel rispose che c’era poca speranza a combattere contro un nemico che era nettamente superiore e si nutriva di continui rinforzi, anche se era lento e metodico. La Wehrmacht non ce l’avrebbe fatta.
Rommel preferiva piuttosto ripiegare di qualche miglio, schierare le divisioni panzer per il contrattacco e spostare la linea di difesa sulla Senna, abbandonando il nord-ovest della Francia. Hitler era indignato per la proposta. Reagì dicendo che la guerra l’avrebbero decisa le bombe volanti “V-1”, nuova meraviglia tedesca. Ma non intendeva lanciarle in Normandia, come strategia militare suggeriva. Andavano gettate su Londra, per mettere gli inglesi in ginocchio.
Rommel si lamentava perché la “Luftwaffe” (la forza area tedesca) non era di supporto in Normandia mentre la “RAF” aveva libero accesso ai cieli sulle loro teste. Hitler rispondeva che presto sciami di jet (altra arma segreta del Terzo Reich) avrebbero messo fine alla superiorità aerea degli Alleati. Era completamente sordo ai consigli di chi si trovava sul campo di battaglia.
La situazione non era affatto rosea per i tedeschi. La Germania era isolata, il fronte occidentale al collasso, la “Wehrmacht” perdeva in Italia come sul fronte russo. Rommel chiese di mettere fine alla guerra e Hitler andò in bestia: era l’ultima cosa che avrebbe voluto sentire da uno dei suoi comandanti. Non lo licenziò solo per non abbattere il morale dei suoi soldati, che lo ritenevano un eroe.
Rundstedt e Rommel lasciarono Margival, Hitler promise di andarli a trovare nel loro quartier generale entro due giorni per parlare egli stesso con i comandanti in capo. Invece tornò quella stessa notte a Berghof e non lasciò più il Reich. Da lì a poco gli inglesi avrebbero dato avvio all’”Operazione Epsom”, con l’obiettivo di conquistare la città francese di Caen.
Il generale tedesco Leo Geyr propose manovre che “gli strateghi da poltrona” situati a Berchtesgaden non condivisero. Erano lontani dal fronte, pensavano ottimisticamente e quindi le decisioni arrivavano in ritardo e sbagliate. Hitler licenziò allora Geyr e il 28 giugno convocò Rundstedt e Rommel a Berghof, costringendoli a lasciare la battaglia proprio nel momento cruciale. In loro assenza, l’”Operazione Epsom” proseguì più spedita.
Rundstedt riportò al Fuhrer che la situazione in Normandia era impossibile e gli chiese di porre fine alla guerra. Il giorno successivo fu rimpiazzato da un maresciallo che intendeva seguire le insane fantasie del dittatore, che portarono alla disfatta.
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