Popolare fu con Sturzo, intanto. Del popolarismo, virtuosa sintesi tra "primato democratico" e la Dottrina Sociale della Chiesa, soprattutto, è stato uno dei più acuti interpreti. Un popolarismo, il suo, imperniato sull'idea di libertà (non certo nella meschina declinazione post-moderna) e avversario di ogni totalitarismo.
Pier Paolo Saleri, in un suo articolo sul sito della Fondazione Italiana Europa Popolare di cui è vicepresidente, ha opportunamente citato un passaggio del leader democristiano al Congresso provinciale della Dc di Trento del 1947. Un passo che ben chiarisce la natura del popolarismo degasperiano. “Bisogna guardare – ricordava all'assise lo statista trentino – anzitutto al popolo. Quando mi parlano di partiti io li giudico da questo punto di vista: come servono il popolo? Io non servirei nemmeno la Democrazia Cristiana se non avessi la convinzione che la Democrazia Cristiana vuol servire il popolo. E il popolo vuol dire: il popolo come vive organicamente nel suo Paese, nelle sue società, nei suoi focolari, nelle sue città. Non vuol dire il conglomerato posticcio improvvisato su di una piazza”.
Un'affermazione programmatica, cui non sempre seppe essere fedele il "partito cattolico", che disegna la necessità di un "collateralismo sussidiario". I partiti realtà di servizio alla società e non, come tanta trasversale ubriacatura leninista di ieri e di oggi teorizza e pratica, il contrario.
"Laico, cioè cristiano", nella fedeltà a Dio e all'uomo, per richiamare il titolo del volume che raccoglie il suo carteggio con don Giulio Delugan, pubblicato qualche anno fa dall'Archivio trentino, De Gasperi lo fu integralmente. Non c'è da insistere sul fin troppo (non sempre a proposito) richiamato scontro con Pio XII sull'alleanza a destra per le amministrative del 1952 a Roma (la cosiddetta "Operazione Sturzo") piuttosto di una costante nell'approccio alla sfera politica. La laicità non consiste in una assenza di una fede, ma nell’uso non integralistico proprio di una fede profondamente vissuta. Nulla a che vedere, sia chiaro, con i "cedimenti al mondo" di tanta parte del progressismo ecclesiale dei decenni post-conciliari.
Europeo. Nella sua biografia, quindi nella sua identità. Europeista, in questo senso, sarebbe un'aggettivazione insufficiente. De Gasperi ha sempre (tra)guardato ad un'Europa politica. Si pensi ad esempio, alla sua battaglia per una sistema di difesa comune con la Ced, uccisa nella culla dalle resistenze francesi. Non un'Europa intergovernativa e del compromesso economicista, quella che voleva costruire. "Se la realizzazione della sovranità economica europea dovesse dipendere dalle forme di compromesso elaborate dalle diverse amministrazioni interessate, -ci ricorda Saleri, richiamando un'affermazione del leader DC nel già citato articolo – questo ci condurrebbe molto probabilmente a debolezze e contraddizioni”.
De Gasperi in sintesi non è un'immaginetta da coltiva in un nostalgico passatismo, ma un alleato per edificare il futuro. “Il futuro non verrà costruito con la forza, nemmeno con il desiderio di conquista maattraverso la paziente applicazione del metodo democratico, lo spirito di consenso costruttivo e il rispetto della libertà”, come proprio lui disse quando accettò il premio Charlemagne per il suo impegno a favore dell’Europa nel 1952.
http://www.articolotre.com/2014/08/de-gasperi-popolare-laico-ed-europeo/
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