Paghiamo chi non paga
Dal 2006, il circuito di operatori economici che dichiarano pubblicamente di opporsi al racket continua a crescere costantemente. Oggi sono oltre 800 gli imprenditori e i commercianti che aderiscono alla campagna antiracket “Pago chi non paga” e che hanno maturato la forza e il coraggio di affrancarsi dal fenomeno delle estorsioni mafiose. Nei giorni scorsi, le associazioni antiracket calabresi della Fai (Federazione Antiracket Italiana) hanno presentato a Lamezia Terme la “Guida del consumatore critico antiracket”
di Giuseppe Campisi
Lamezia Terme (Catanzaro) – «Il contrasto alla criminalità organizzata – ha detto per inciso il prefetto Belgiorno, commissario antiracket e antiusura – è cosa di tutti ed il consumo critico diventa un altro modello virtuoso da adoperarsi nel contrasto alle mafie». Ma questo è solo uno dei passaggi dei discorsi che sono stati pronunciati per tenere a battesimo la “Guida per il consumatore critico antiracket – Pago chi non Paga“ presso la sede Unionioncamere a Lamezia. Un avvenimento di portata storica in quanto per la prima volta, nero su bianco, sono stati indicati gli operatori economici e liberi professionisti calabresi che – assieme a quelli già presenti di Campania, Puglia e Sicilia – apertamente si oppongono al pagamento del pizzo e fanno rete.
Si tratta di circa 140 realtà pioniere sparse su tutto il territorio regionale diviso per le cinque provincie ma che promettono di aumentare di numero e di qualità cercando di innestare un corto circuito nelle cattive abitudini per permettere di sottrarre terreno alle aziende “malate”, quelle mafiose, a favore delle aziende sane, quelle antiracket. Un incontro che, moderato dall’arch. Maria Teresa Morano, ha visto la presenza del presidente di Unioncamere Calabria, Lucio Dattola, del responsabile d’area Fai, Armando Caputo, del prefetto Elisabetta Belgiorno, del procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho.
Ciascuno ha cercato di sensibilizzare sul tema del consumo critico riaffermando il valore della legalità e dei benefici annessi al “boicottaggio” delle aziende comunemente in odore di mafia non solo per uscire dall’isolamento individuale ma anche per capovolgere le criticità a sfavore degli operatori antagonisti che si ammantano di mafiosità. E qui s’è fatto ricorso al coinvolgimento di una clientela che sia resa consapevole di questo e che quindi liberamente possa scegliere di dare un contributo – senza più alibi – alla legalità. «Sono qui oggi anche per rendere grazie a chi – ha affermato don Pino Demasi, coordinatore di Libera – sceglie ogni giorno di denunciare e contrapporsi al malaffare perché più si è uniti e più si avranno concrete possibilità di sconfiggere le mafie. Auspico – ha concluso il presule – che questo vademecum possa avere la più ampia diffusione, iniziando dalle scuole, perché anche questo è un mezzo per scegliere e per schierarsi».
Ed è certamente un modo più che simbolico per permettere agli operatori aderenti di esternare il loro dissenso ad un sistema disonesto e sleale che sottrae economia e gode di ingiusti tornaconti, atteso che le aziende mafiose sono il frutto di traffici e malefatte che competono a tutto discapito di chi intende rispettare le regole e lavorare onestamente. Un riscatto che si attende quindi dalla società civile chiamata a fare la propria parte, a contribuire con le proprie scelte a sradicare il malcostume che mostra le sua faccia migliore innestate in quelle attività economiche risultato di una concorrenza assai proditoria. «L’impegno è quello – ha ribadito Armando Caputo – di aumentare il numero degli operatori presenti che sono stati scelti con grandissima cura e che rappresentano solo lo start-up di questa guida.
Bisogna recuperare il tempo perso rispetto ad altre regioni come la Sicilia che ha saputo costruire, grazie ad Addio Pizzo, una rete di buona economia. Speriamo di giungere presto al punto che siano gli imprenditori stessi a sentire il bisogno di chiederci l’adesione per valorizzare la propria attività». Una gara di solidarietà fatta con le scelte quotidiane quindi, che possano incidere sul tessuto sociale e sulle coscienze dei consumatori i quali vedendo sulle vetrine di negozi ed attività l’adesivo dell’associazione possano star certi d’avere raggiunto la garanzia di un consumo consapevole e lontano da logiche di malaffare. Principio che vale certo anche per le professioni a cui è stato chiesto di fare la propria parte nella lotta contro le mafie. Una guida dunque che aiuta «a completare il mosaico di legalità nella nostra regione – ha confermato Gaetano Saffioti, imprenditore-testimone di giustizia palmese – nella quale si deve restare per combattere e lottare sul campo».
A rafforzare questi concetti il procuratore De Raho: «Bisogna farsi avanti ed urlare il proprio dissenso alle mafie ed assumersi le proprie responsabilità, esponendosi anche personalmente perché è ciò che contribuisce a dare un futuro migliore alle nuove generazioni. E’ importante il contrasto giudiziario, ma altrettanto la consapevolezza dei cittadini per abbattere le organizzazioni mafiose che vivono sull’omertà. Parlare, denunciare, significa recuperare la propria libertà. Bisogna quindi reagire. E chi testimonia non dev’essere estirpato dalla sua terra, specie se ha un’attività economica sana e produttiva. Deve rimanere, essere tutelato e progredire per poter essere di esempio». La chiusura – affidata al prefetto Elisabetta Belgiorno – è servita a cementare l’iniziativa: «Quello di oggi è un percorso di economia legale che dev’essere sostenuto – ha asserito il prefetto – attraverso una responsabilità sociale delle comunità che deve fare rete.
Ecco che allora il consumo critico diventa un altro modello virtuoso di cui ci si deve servire. Quanto alla Calabria – ha proseguito – non si deve autassolvere né autopunire ma deve opporsi e favorire l’antimafia che parte dal basso, perché il pizzo non è affatto un costo d’esercizio da mettere in conto per chi decide di fare impresa qui. Ed in questo progetto vorrei tanto vedere coinvolte le banche che devono sostenere piuttosto che affossare chi ha fatto una scelta coraggiosa di denuncia, perché non è possibile gettare due volte addosso la croce a questi esempi contagiosi di dignità operosa».
Fonte: mnews.it
http://comune-info.net/2014/01/pago-chi-non-paga/
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