La storia racconta che Santa Lucianacque a Siracusa, intorno al 283, il suo feroce martirio avvenne sotto Diocleziano.
Chi è Lucia? la sua storia veleggia tra copiosi racconti leggendari, nelle due narrazioni riguardanti il suo crudele martirio: uno in latino e l’altro in greco, quest’ultimo è quello che ha maggior credito tra gli studiosi anche perché più vetusto.
Apprendiamo infatti che Lucia, di famiglia aristocratica, subisce il martirio per ordine del governatorePascasio.
Nel luogo della sua morte, i cristiani di Siracusa “dedicarono a lei un tempio, nel quale i fedeli accorrono alle reliquie”.
Il culto, dunque, comincia subito. E prosegue nel tempo: infatti papaGregorio Magno (590-604) inserisce già il suo nome nel Canone della Messa, indicandola alla venerazione di tutta la Chiesa.
Ma l’attestato più toccante su Lucia è affiorato dalle catacombe di San Giovanni a Siracusa (la città più ricca di catacombe dopo Roma): e consiste in un’iscrizione funebre in greco, dedicata a una giovane sposa di nome Euskia che, “vissuta buona e pura, morì nella festa della mia santa Lucia, per la quale non vi è elogio condegno”.
Chi è Lucia? la sua storia veleggia tra copiosi racconti leggendari, nelle due narrazioni riguardanti il suo crudele martirio: uno in latino e l’altro in greco, quest’ultimo è quello che ha maggior credito tra gli studiosi anche perché più vetusto.
Apprendiamo infatti che Lucia, di famiglia aristocratica, subisce il martirio per ordine del governatorePascasio.
Nel luogo della sua morte, i cristiani di Siracusa “dedicarono a lei un tempio, nel quale i fedeli accorrono alle reliquie”.
Il culto, dunque, comincia subito. E prosegue nel tempo: infatti papaGregorio Magno (590-604) inserisce già il suo nome nel Canone della Messa, indicandola alla venerazione di tutta la Chiesa.
Ma l’attestato più toccante su Lucia è affiorato dalle catacombe di San Giovanni a Siracusa (la città più ricca di catacombe dopo Roma): e consiste in un’iscrizione funebre in greco, dedicata a una giovane sposa di nome Euskia che, “vissuta buona e pura, morì nella festa della mia santa Lucia, per la quale non vi è elogio condegno”.
Nel 1039 il generale bizantino Giorgio Maniace toglie momentaneamente agli Arabi la Sicilia orientale, con Siracusa, e trasporta a Costantinopoli il corpo di Lucia.
Quando poi la capitale imperiale viene occupata dai crociati (1204) il doge Enrico Dandolo ordina di portarlo a Venezia (con altra “preda bellica”, tra cui i famosi quattro cavalli di bronzo).
E qui il corpo si trova tuttora, mentre Siracusa conserva di lei solamente delle piccole reliquie.
Quando poi la capitale imperiale viene occupata dai crociati (1204) il doge Enrico Dandolo ordina di portarlo a Venezia (con altra “preda bellica”, tra cui i famosi quattro cavalli di bronzo).
E qui il corpo si trova tuttora, mentre Siracusa conserva di lei solamente delle piccole reliquie.
Ma l’attaccamento dei siciliani a Lucia resta saldo e costante dopo sedici secoli, e viene manifestato pubblicamente con due feste annuali in suo onore: quella canonica del 13 dicembre, e quella siracusana e siciliana di maggio, che adempie un voto formulato nel 1646, durante una grave carestia che aveva colpito la città natale della santa.
Il 13 dicembre dunque, si festeggia Santa Lucia.
Questa festa è molto sentita in Sicilia, ma particolarmente a Siracusa, essendo la Santa siracusana e Patrona della città.
Il 13 dicembre è la data in cui ricorre l’anniversario del suo martirio, e pertanto, in tale ricorrenza la città espone ricchi drappi e tappeti ai balconi dei sui palazzi e si illumina di ceri per onorare la solenne processione, della statua d’argento della Santa, opera di Pietro Rizzo, capolavoro dell’oreficeria siciliana del XVI secolo.
Il 13 dicembre dunque, si festeggia Santa Lucia.
Questa festa è molto sentita in Sicilia, ma particolarmente a Siracusa, essendo la Santa siracusana e Patrona della città.
Il 13 dicembre è la data in cui ricorre l’anniversario del suo martirio, e pertanto, in tale ricorrenza la città espone ricchi drappi e tappeti ai balconi dei sui palazzi e si illumina di ceri per onorare la solenne processione, della statua d’argento della Santa, opera di Pietro Rizzo, capolavoro dell’oreficeria siciliana del XVI secolo.
Questa statua, alta quasi quattro metri, racchiude in una teca d’oro, dei preziosissimi frammenti delle costole di Santa Lucia, le cui spoglie sono conservate a Venezia.
L’imponente processione accompagna il simulacro lungo il tradizionale percorso dalla bellissima Cattedrale, sita sull’isola di Ortigia, alla Basilica di Santa Lucia al Sepolcro, dove rimane esposta.
Il 20 Dicembre la festa si conclude, con il rientro della statua alla Cattedrale, portata in spalla dai “berretti verdi” della confraternita dei falegnami.
Inoltre, il 20 dicembre, in occasione della processione per l’ottava di Santa Lucia, la città usa ospitare una “Lucia di Svezia”, cioè una ragazza svedese che rappresenta Lucia, e che presenta il capo cinto di una corona di candele.
La luce e Lucia hanno un legame strettissimo. Santa Lucia è la Santa che protegge la vista e quindi la luce dei nostri occhi, ed è la Santa che si festeggia nei giorni in cui anticamente si svolgevano rituali per propiziare il successivo ritorno della luce -il 21 dicembre giorno del solstizio invernale-. Forse anche per questo la tradizione vuole che si accendano fuochi per la vigilia della festa.
Una certa iconografia raffigura la Santa recante un mazzo di spighe e la tazza con gli occhi. A volte la tazza reca una fiaccola ed è per questo che viene accostata alla dea greca Demetra o alla romana Cerere,che venivano rappresentate cone un mazzo di spighe e la fiaccola.
Un altro collegamento con il grano è quello narrato nella leggenda che nel 1646 Siracusa fu colpita da una grave carestia, durante la dominazione spagnola e nella disperazione del momento giunse una nave carica di frumento, Dove? Per alcuni aSiracusa, per altri a Palermo.
L’imponente processione accompagna il simulacro lungo il tradizionale percorso dalla bellissima Cattedrale, sita sull’isola di Ortigia, alla Basilica di Santa Lucia al Sepolcro, dove rimane esposta.
Il 20 Dicembre la festa si conclude, con il rientro della statua alla Cattedrale, portata in spalla dai “berretti verdi” della confraternita dei falegnami.
Inoltre, il 20 dicembre, in occasione della processione per l’ottava di Santa Lucia, la città usa ospitare una “Lucia di Svezia”, cioè una ragazza svedese che rappresenta Lucia, e che presenta il capo cinto di una corona di candele.
La luce e Lucia hanno un legame strettissimo. Santa Lucia è la Santa che protegge la vista e quindi la luce dei nostri occhi, ed è la Santa che si festeggia nei giorni in cui anticamente si svolgevano rituali per propiziare il successivo ritorno della luce -il 21 dicembre giorno del solstizio invernale-. Forse anche per questo la tradizione vuole che si accendano fuochi per la vigilia della festa.
Una certa iconografia raffigura la Santa recante un mazzo di spighe e la tazza con gli occhi. A volte la tazza reca una fiaccola ed è per questo che viene accostata alla dea greca Demetra o alla romana Cerere,che venivano rappresentate cone un mazzo di spighe e la fiaccola.
Un altro collegamento con il grano è quello narrato nella leggenda che nel 1646 Siracusa fu colpita da una grave carestia, durante la dominazione spagnola e nella disperazione del momento giunse una nave carica di frumento, Dove? Per alcuni aSiracusa, per altri a Palermo.
Questo avvenimento è stato ritenuto un prodigio e da quel momento alla devozione perSanta Lucia è stato associato l’uso di consumare cuccia – grano bollito - il 13 dicembre di ogni anno.
In questo giorno per Santa Lucia “si cuccìa” (3.a persona singolare di “cucciàri” derivato da “còcciu” cosa piccola, chicco).
In questo giorno per Santa Lucia “si cuccìa” (3.a persona singolare di “cucciàri” derivato da “còcciu” cosa piccola, chicco).
Durante questi giorni di festeggiamento e’ bandito l’uso di pasta e pane e si usa consumare solo verdure e legumi, le arancine e la cuccia, piatto tipico a base di grano e legumi, in alcune località, e dolce a base di grano bollito e crema di ricotta, a Palermo.
Altra usanza, invece, è quella di fare dei piccoli pani a forma di occhi, da benedire, che vengono consumati per tenere lontane le malattie connesse alla vista.
Il sentimento comune che vuole che Santa Lucia aiuti la vista è confermato dal Pitrè che scrive che “serba sani gli occhi dei suoi devoti”, che rinunciano a mangiare pane e pasta il 13 dicembre. A Palermo, il giorno che dovrebbe essere di astinenza dal pane e dalla pasta diventa il pretesto per consumare arancine in abbondanza. Anche se oggi vengono proposte nei più svariati modi, la classica arancina palermitana è quella con la carne.
La tradizione vuole che questo dolce sia distribuito a familiari, amici e vicini di casa. Le briciole si lasciano su tetti per essere catturate dagli uccellini.
Che Siracusa sia stata colpita da una grave carestia, durante la dominazione spagnola, è storia.
Che nella disperazione del momento sia giunta una nave carica di frumento e che questa circostanza sia stata ritenuta un miracolo, è possibile.
Certo è, però, che da quel momento alla devozione per Santa Lucia è stato associato l’uso del mangiare cuccia.
Altra usanza, invece, è quella di fare dei piccoli pani a forma di occhi, da benedire, che vengono consumati per tenere lontane le malattie connesse alla vista.
Il sentimento comune che vuole che Santa Lucia aiuti la vista è confermato dal Pitrè che scrive che “serba sani gli occhi dei suoi devoti”, che rinunciano a mangiare pane e pasta il 13 dicembre. A Palermo, il giorno che dovrebbe essere di astinenza dal pane e dalla pasta diventa il pretesto per consumare arancine in abbondanza. Anche se oggi vengono proposte nei più svariati modi, la classica arancina palermitana è quella con la carne.
La tradizione vuole che questo dolce sia distribuito a familiari, amici e vicini di casa. Le briciole si lasciano su tetti per essere catturate dagli uccellini.
Che Siracusa sia stata colpita da una grave carestia, durante la dominazione spagnola, è storia.
Che nella disperazione del momento sia giunta una nave carica di frumento e che questa circostanza sia stata ritenuta un miracolo, è possibile.
Certo è, però, che da quel momento alla devozione per Santa Lucia è stato associato l’uso del mangiare cuccia.
Parliamo prima della cuccìa che anticamente era anche un piatto salato (grano cotto con verdure), ma che ora e’ esclusivamente un piatto dolce.
Tale uso non e’ che sia strettamente siciliano, lo troviamo un po’ dovunque nelle regioni meridionali (sardegna compresa); basti pensare alla “pastiera”.
L’esecuzione del piatto e’ molto varia: si parte da grano ammollato per 2-3 giorni e quindi cotto in genere nel latte.
Il resto poi e’ fantasia: crema di ricotta, crema di cioccolato, vin cotto, cannella, polvere di cacao, zuccata, ciliege candite, granella di pistacchio …
Ognuno la fa a proprio gusto.
Tale uso non e’ che sia strettamente siciliano, lo troviamo un po’ dovunque nelle regioni meridionali (sardegna compresa); basti pensare alla “pastiera”.
L’esecuzione del piatto e’ molto varia: si parte da grano ammollato per 2-3 giorni e quindi cotto in genere nel latte.
Il resto poi e’ fantasia: crema di ricotta, crema di cioccolato, vin cotto, cannella, polvere di cacao, zuccata, ciliege candite, granella di pistacchio …
Ognuno la fa a proprio gusto.
Per quanto riguarda il riso, poiche’ funge da pasto, e’ d’obbligo l’uso salato, ma non manca anche quello dolce.
Si consuna in timballi o sformati, infornati o fritti.
Ma il piatto piu’ comune e’ l’ “arancina”.
Si consuna in timballi o sformati, infornati o fritti.
Ma il piatto piu’ comune e’ l’ “arancina”.
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