Unioni e diritti, svolta Ue:
"La famiglia è anche gay"
Il Parlamento europeo si divide sulle coppie gay. Per venti voti il fronte popolare e i partiti della destra non sono riusciti a cancellare il punto 7 della risoluzione sulla «Parità dei diritti fra uomo e donna» approvata ieri, testo che «si rammarica dell’adozione da parte di alcuni stati di definizioni restrittive di "famiglia" con lo scopo di negare la tutela giuridica alle coppie dello stesso sesso e ai loro figli». L’emendamento è stato bocciato con 342 voti contrari a fronte di 322 favorevoli. Così è rimasto agli atti di Strasburgo anche il principio secondo cui la maggioranza, e dunque l’assemblea, ricordano che «il diritto va applicato senza discriminazione sulla base di sesso o orientamento sessuale, in conformità della Carta dei diritti fondamentali».
Non è un atto vincolante, ma è destinato a fare scalpore in un momento in cui il confronto sul ruolo della famiglia si sta facendo particolarmente acceso. «La sinistra delle nozze gay» è stata attaccata ancora sabato dal leader del Pdl, Angelino Alfano, suscitando parecchie repliche velenose dagli attuali alleati di governo. Strasburgo l’ha decisa diversamente, ed il riferimento alla libertà di coppia emerge da documento di ampio respiro - passato coi voti di socialisti & democratici (italiani non compatti), verdi e sinistra-sinistra -, che affronta il nodo diritti fondamentali, soprattutto per quanto concerne il genere. Per questo si occupa in primo luogo di donne, chiedendo alla Commissione Ue di presentare un testo che disciplini le quote rose ai vertici delle aziende e suggerisce di fare altrettanto per le elezioni politiche. Qui invita a ridurre differenziale retribuito fra uomini e donne a chiudere in fretta la proposta, ora all’esame dei consiglio (cioè dei governi), che garantisce il congedo di maternità retribuito nell’Ue.
La relatrice Sophia in’t Veld, liberale olandese, ha ampliato il discorso anche ai diritti degli omosessuali. Il che ha fatto infuriare i popolari, col capogruppo del Pdl Mario Mauro che denuncia: «Si è cercata con un approccio strumentale l’occasione per uno scontro di natura ideologica al quale ci siamo opposti compatti». Irritata la leghista Bizzotto, per la quale «la famiglia omosessuale non esiste e non esisterà mai». Divisioni a sinistra, dove Silvia Costa si è astenuta sul punto 7 perché «l’unione fra persone dello stesso non può essere equiparata a una famiglia, ma si possono riconoscere dei diritti legato alla convivenza». Mentre Debora Serracchiani l’ha votata: «Il Parlamento sa guardare lontano, delineando una definizione di famiglia che prospetta il futuro e che ritrae molte situazioni esistenti».
La risoluzione affronta in effetti questioni variegate. Chiede lo sblocco della direttiva che applica il principio di parità di trattamento fra le persone, indipendentemente da religione o convinzioni personali, disabilità, o l’orientamento sessuale, e ne auspica l’approvazione entro giugno. Sollecita la Commissione Ue «a elaborare proposte per il riconoscimento reciproco delle unioni civili e delle famiglie omosessuali a livello europeo tra i paesi in cui già vige una legislazione in materia», con lo scopo di evitare discriminazioni per lavoro e previdenza, così da «proteggere i redditi dei nuclei familiari». E’ solo un appello. Ma è il classico caso di cui si sentirà parlare ancora. (La Stampa)
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