Una caserma dei carabinieri era diventata, in pieno lockdown e in una tranquilla città di provincia come Piacenza, una centrale criminale dove passavano lo spaccio di droga, le estorsioni, la ricettazione, dove si picchiavano le persone, le si torturavano, le si ammanettavano senza ragione. Un anno fa la storia della caserma Levante e dei carabinieri arrestati, scosse non solo la città emiliana, ma tutto il Paese. Ieri per cinque carabinieri finiti sul banco degli imputati è arrivata la condanna al termine del rito abbreviato, che prevede uno sconto di pena. Per un sesto militare, invece, il processo è ancora in corso.
Carabinieri Piacenza, l'epilogo
Durissima la sentenza emessa dal gup Fiammetta Modica a carico dell'appuntato Giuseppe Montella, considerato il leader della banda criminale in divisa: 12 anni di reclusione. L'accusa aveva chiesto 16 anni, un mese e 10 giorni. Montella ha ammesso di aver preso parte a gran parte dei 60 episodi contestati nel capo di imputazione e avvenuti tra l'ottobre 2018 e il giugno 2020, ma ha sostenuto di non aver agito da solo. Secondo l'accusa avrebbe picchiato pusher per ottenere informazioni che gli garantivano arresti certi ed encomi. E avrebbe anche inflitto torture, prodotto verbali falsi e gestito un giro di spaccio. Non era solo alla sbarra.
Per l'appuntato scelto Salvatore Cappellano il giudice ha disposto 8 anni di reclusione, mentre per Giacomo Falanga 6 anni. E ancora: 4 anni per Marco Orlando, all'epoca comandante della stazione di via Caccialupo; 3 anni e 4 mesi per Daniele Spagnolo. L'accusa aveva avanzato per tutti e cinque i militari richieste di condanna più severe. È trascorso meno di un anno dall'operazione Odysseus, coordinata dalla procura di Piacenza, scattata dopo le rivelazioni di un carabiniere.
A svolgere le indagini, la Guardia di finanza e la Polizia locale. Era il 22 luglio 2020 quando furono emesse 22 ordinanze di custodia cautelare e fu deciso il sequestro della caserma Levante.
Offesa
Nella requisitoria dell'aprile scorso, il procuratore capo Grazia Pradella aveva parlato di comportamenti di «eccezionale gravità» che hanno «offeso i carabinieri che lavorano in silenzio e con spirito servizio». Nell'aula di Piacenza Expo, trasformata in tribunale per rispettare le norme anti Covid, è stato il pm Antonio Colonna a ricostruire «il sistema Levante» e a spiegare le responsabilità di tutti gli imputati «accecati dall'arroganza di chi si crede al di sopra delle regole», capaci di tenere in piedi un sistema parallelo «fatto di menzogne, di sequestri di droga rivenduta attraverso pusher di fiducia, di arresti architettati per aumentare le statistiche, di pestaggi con modalità tali da configurare la tortura».
Scenario
Il pm è stato rigoroso nell'elencare i reati commessi dai cinque carabinieri che hanno scelto l'abbreviato: le contestazioni spaziano dallo spaccio di droga al peculato, dal falso alle lesioni, fino alla tortura. L'ultima accusa è rimasta a carico di Montella, Cappellano e Falanga e solo per uno dei due episodi contestati, che riguarda un giovane egiziano la cui aggressione in caserma, da parte dei militari, venne registrata in un'intercettazione. «C'è gente che indossa la divisa con onore, perciò leggere questi fatti è motivo di umiliazione e vergogna. Dedico il mio intervento a queste donne e a questi uomini valorosi», è uno dei passaggi della requisitoria davanti agli imputati e alle parti civili, tra le quali alcune associazioni di carabinieri e, naturalmente, l'Arma, che ha ottenuto una provvisionale da 150mila euro. Ha commentato il procuratore Pradella dopo la sentenza: «L'impianto accusatorio ha retto in pieno». Tutti gli imputati erano presenti in aula, tranne Montella.
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