martedì 9 settembre 2014

Stragi, Totò Riina prende le distanze: “Perché avrei dovuto colpire fuori da Palermo?”

Il Dap spieghi perchè non isola Totò Riina-Redazione- "Se io sono siciliano perché devo andare a fare cose fuori dalla Sicilia?"
E' questo il quesito che il Capo dei Capi,Totò Riina, rivolge al suo compagno d'aria, Alberto Lorusso, il 18 agosto del 2013.
Una conversazione, ora in mano agli inquirenti, diffusa dal Fatto Quotidiano, che evidenzia l'intenzione del boss di prendere le distanze dalle stragi compiute in continente nel '93, quando si attentò al patrimonio culturale e artistico del Paese. Strategia, questa, (secondo alcuni "suggerita" dalla primula nera Paolo Bellini) che servì probabilmente a "spingere" le istituzioni a cedere agli accordi della Trattativa Stato-mafia.
Firenze, Roma, Milano: queste le città che conobbero la furia corleonese. Eppure, ora, a sorpresa, Riina si tira indietro. Nei suoi dialoghi spiega con dovizia di particolari gli attentati a Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino, ma prende le distanze dalle altre. “Io di Palermo e me ne devo andare a Firenze? Perché me ne devo andare a Firenze?”, si chiede il capomafia. “Io dentro la mia casa metto le cose, li prendo e li metto a bollire." "Questi non hanno capito niente", aggiunge. "A mio cognato (Leoluca Bagarella) gli ho detto: che ci vai a fare a Firenze, a Firenze ci devi mandare a lui, a Binnu Provenzano ci devi mandare a Firenze”.
Riferendosi a Provenzano, che Riina definisce "carabiniere", aggiunge: "Non è che voglio offendere le idee degli altri, per l’amor di Dio, però debbo dire che fa parte di essere un carabiniere. Al governo gli devo vendere morti gli devo vendere, al governo morti gli devono dare”.
Ma non solo: il giorno successivo, sempre parlando con Lorusso, un Riina sibillino sembra confermare in parte quanto sostenuto dal collaboratore di giustizia Franco Di Carlo, secondo cui l'attentato, fallito, all'Addaura, nei confronti del giudice Giovanni Falcone, non fu solo opera di Cosa Nostra. Le "menti raffinatissime" che già il magistrato denunciava all'indomani del 21 giugno '89, e che, secondo la ricostruzione del testimone del processo sulla trattativa, meditarono l'attentato per convincere Falcone ad allontanarsi da Palermo, dove stava facendo troppi danni. "Il fatto dell’Addaura, quando gli hanno messo la bomba..", dichiara infatti Riina, catturato dalle cimici della Dia. "Lui ha detto, dice, altri saranno gente perfetta: se lo è immaginato che poteva essere gente, politici, gente con il cervello”.

http://www.articolotre.com/2014/09/stragi-toto-riina-prende-le-distanze-perche-avrei-dovuto-colpire-fuori-da-palermo/

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