Mosca e Pechino: la telefonata d’intesa
e la nostalgia di una politica di potenza
Due le notizie diplomatiche da registrare questa mattina sul fronte della crisi tra Russia e Ucraina. La prima riguarda la telefonata tra Mosca e Pechino e la «larga convergenza» che si è registrata tra i due interlocutori, il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov e il suo collega cinese Wang Yi. La seconda la dichiarazione rilasciata dal viceministro russo Grigori Karasin a una trasmissione tv: «Sono assolutamente convinto che nessuno in Russia vuole una guerra con l’Ucraina».
Uno scontro aperto tra soldati russi e ucraini , in effetti, non è nell’interesse della politica russa, che mira e mantenere l’integrità territoriale, anche quando questa non coincide con dei confini politici acquisiti e internazionalmente riconosciuti. Per la Russia l’Ucraina non è terra da invadere, ma da conservare e difendere in quanto appendice di sé medesima. Il fatto che Kiev abbia intrapreso un processo politico di indipendenza, segnatamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica, continua a essere, per i politici russi, ma anche per una vasta parte dell’opinione pubblica, un dettaglio, una formalità che non cambia la sostanza delle cose: l’Ucraina, per i russi, è se non proprio russa, talmente intrisa di russità da esserlo “ad honorem”.
Di qui la naturale convergenza politica con Pechino, che pure ha le sue zone d’ombra nel Tibet o in quelle regioni a maggioranza uigura come lo Xiinjang, che aspirano a svincolarsi dall’autorità centrale di Pechino e che regolarmente - ad ogni alzata di capo - vengono riportate sotto controllo, mai con le buone. L’intesa tra Cina e Russia affonda le sue radici direttamente nella storia delle dittature asiatiche, che fanno dell’estensione territoriale la ragione della propria politica di potenza, e della politica di potenza la propria ragion d’essere.
http://www.lastampa.it/2014/03/03/esteri/mosca-e-pechino-la-telefonata-dintesa-e-la-nostalgia-di-una-politica-di-potenza-xB3JZyQJYIZbT8oLVpYtMJ/pagina.html
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