domenica 9 marzo 2014

Gli amici degli amici

Opera, 18 aprile 2010
Il 14 aprile 2010, il pubblico ministero Luisa Zanetti ha chiesto ai giudici dell’ottava sezione penale del Tribunale di condannare il generale dei carabinieri, comandante del Reparto operativo speciale (Ros), Giampaolo Ganzer a 27 anni di reclusione per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti ed altro.
Insieme a lui, dovranno essere condannati il generale Mauro Obinu ed altri ufficiali e sottufficiali dei carabinieri che hanno operato insieme a Ganzer.
Non c’è da scandalizzarsi.
Nella storia più oscura dell’Italia contemporanea, a partire dall’ omicidio di Ettore Muti nella pineta di Fregene, nell’agosto del 1943, passando per l’uccisione di Salvatore Giuliano, al ruolo rivestito nella guerra politica con personaggi del calibro di Giovanni Battista Palumbo, l’Arma dei carabinieri ha ormai un posto di tutto rilievo.
Anche Giampaolo Ganzer inizia la sua carriera a Udine, quando nel 1972, con il grado di sottotenente comandava il Nucleo radiomobile, e ha certamente partecipato, sul piano emotivo, alle indagini sull’ attentato di Peteano di Sagrado del 31 maggio 1972 che costò la vita a tre carabinieri.
Non si accorse, perché troppo giovane ed inesperto, Ganzer, che i suoi superiori depistavano le indagini per coprire i propri legami con i finti nazisti di Ordine nuovo e la strategia politica del terrore e delle bombe.
Per carità, lungi da noi l’idea che Giampaolo Ganzer abbia mai saputo qualcosa su quei depistaggi. Certo è che fa carriera dimostrando capacità investigativa e spregiudicatezza non comuni, tanto da finire oggi imputato per aver organizzato un traffico di droga che permetteva di arrotondare gli stipendi e, contestualmente, di compiere “brillanti operazioni” ed ottenere promozioni.
Quello che, però, ci interessa qui sottolineare è l’arroganza del Comando generale dei carabinieri e le protezioni politiche di cui gode, insieme alla ennesima dimostrazione di servilismo e di pavidità della magistratura italiana, milanese in particolare.
L’inchiesta nasce dodici anni fa, ed ancora si attende la conclusione del processo di primo grado.
Per un’accusa come quella di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti il mandato di cattura è obbligatorio per i cittadini italiani, non per Ganzer ed i suoi colleghi che, in spregio alla legge, vengono giudicati a piede libero.
Il Comando generale dell’Arma dei carabinieri, non ritiene di dover sospendere dal grado e dallo stipendio Ganzer ed i suoi colleghi, anzi addirittura li promuove: Obinu era colonnello, oggi è generale; Ganzer era vicecomandante dei Ros ora ne è comandante.
Come dire, liberi di inquinare le prove, farle sparire, crearne altre a scopo difensivo, intimidire testi che, ovviamente, dinanzi allo sfoggio di tanta potenza non è difficile ipotizzare che si siano trovati in difficoltà nell’accusare gli imputati.
Una magistratura che calpesta la legge (non certo per la prima volta, basti pensare al compagno dei compagni Adriano Sofri), un Comando generale dei carabinieri che ostenta il massimo del disprezzo nei confronti della magistratura e dei cittadini italiani, ed un politica che avalla, copre, sostiene l’una e l’altro.
Non c’è giorno che politico italiano di ogni partito e gruppo non si presenti in televisione o non rilasci reboanti dichiarazioni alla stampa sull’esigenza di dare all’Italia una giustizia “giusta” dinanzi alla quale tutti i cittadini siano veramente eguali.
Sappiamo quanto valgono i politici italiani, ma l’immunità concessa a Ganzer ed ai suoi colleghi supera ogni livello di tollerabilità, così che la richiesta di condannarlo a 27 anni di carcere suona derisoria nei confronti di un popolo che non è più in grado di comprendere cosa significhi giustizia.
Dubitiamo che Ganzer, lasciato libero dalla magistratura, promosso dal Comando generale dei carabinieri, protetto dal centrosinistra e dal centrodestra, possa essere condannato, se non ora, in appello o in Cassazione.
Ci chiediamo, però, se il caso Ganzer non debba essere posto ad esempio della necessità di liberare il Paese dal dominio di quattro tirannelli stercorari di centrodestra e di centrosinistra che riescono, con impressionante ripetitività e di comune accordo, ad imporre una doppio sistema di giustizia: quello che vale per loro, i loro amici e gli amici dei loro amici, e l’altro che vale per tutti i cittadini ritenuti sudditi sottomessi e rimbambiti ai quali si può fare credere ed accettare tutto ed il contrario di tutto, utilizzando la razza mercenaria dei pennivendoli di professione.
In un Paese in cui, giustamente, si mette in galera il gaglioffo che vende qualche grammo di droga e lo si tiene in galera perché può inquinare le prove e reiterare il reato, è tollerabile che un Ganzer sia rimasto sempre libero e che abbia addirittura fatto carriera nonostante accuse che ora hanno obbligato il pubblico ministero a chiedere per lui ben 27 anni di reclusione?
La domanda prescinde dall’esito finale del processo a carico di costui e dei colleghi, perché nulla giustifica, sotto qualsiasi profilo morale, politico, giuridico, il trattamento a lui riservato con la complicità di tutti, politici e giornalisti, intellettuali e magistrati, vescovi e docenti di diritto penale.
Ganzer è la prova vivente del regime dittatoriale in cui l’Italia vive, dove lo “sbirro” è un intoccabile, come parimenti impunibili sono i detentori del potere politico ed i loro complici.
Ci chiediamo quanto dovrà passare ancora prima che questo popolo abbia un sussulto di dignità e cacci via questa razza di infami, piccoli e grandi, che lo depredano, lo opprimono, lo deridono, lo insultano esibendo la loro arroganza e la loro impunità?
Quanti Berlusconi, Sofri, Dell’Utri, Mori, Fioravanti, Ganzer dobbiamo guardare ancora prima di intravedere la luce di una nuova alba?
La risposta la lasciamo alla coscienza di ognuno.
Vincenzo Vinciguerra
http://www.archivioguerrapolitica.org/?tag=cesare-mori

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