Cosa diavolo state mangiando?
In tutto il mondo, a partire dagli Stati uniti, le persone vogliono saperne di più del cibo che finisce nei piatti. L’industria alimentare non fa altro che dire «siamo poco informati». Ma per quanto sia necessaria più informazione, dice Raj Patel (autore di «I padroni del cibo»), non sarà mai sufficiente per arrivare a mangiare meglio. L’informazione su cosa mangiamo, dove e come, è infatti solo uno dei molti fattori che plasmano il cibo. L’ambiente, il reddito, la cultura, le sovvenzioni, le tecniche di produzione industriale e la commercializzazione, tutto questo incide sul nostro modo di mangiare. Affrontare questi vincoli significa mangiare meglio, ma soprattutto implica un cambiamento sociale. «Se nessuna scelta alimentare sana è disponibile dove vivi, se sei troppo povero per permetterti quelle scelte, se gli ingredienti insalubri sono presenti negli alimenti trasformati, o se ti manca il tempo sufficiente per cucinare, allora nessuna quantità di conoscenza ci aiuterà a mangiare cibo migliore».
di Raj Patel*
Il pubblico statuninese sembra molto interessato a saperne di più sul suo cibo. Recentemente, ad esempio, in modo inaspettato un milione di persone ha firmato una lettera per chiedere alla Food and Drug Administration di etichettare le colture geneticamente modificate (la Fda ha considerato la petizione solo come uno tra i 394 «commenti» ricevuti). Ma per quanto sia necessaria più informazione, non sarà mai sufficiente per arrivare a mangiare meglio.
Immaginate che i produttori alimentari, i contadini e i trasformatori abbandonino le loro battaglie legislative, in particolare quelle sull’informazione degli imballaggi alimentari. Saremmo lasciati a «grattarci le nostre teste». Come un gateway (nell’informatica, è il servizio di inoltro di pacchetti di informazione verso l’esterno, ndt) per capire come mangiare, la lista degli ingredienti è un portale con le dimensioni di un francobollo. «Zucchero», ad esempio, copre una gamma di sostanze. I ricercatori dell’Università della California a San Francisco hanno detto che abbiamo bisogno di sapere molto di più su che tipo di zucchero c’è nel nostro cibo. Il maltosio è relativamente benigno. Il fruttosio invece è associato a diabete, a malattie cardiache che, secondo alcuni studi, favoriscono il cancro e il declino cognitivo.
In questo mondo di sogno, saremmo sufficientemente educati a conoscere non solo quello che abbiamo mangiato, dove e da chi il nostro cibo è stato venduto, ma anche chi è stato ferito per la sua fabbricazione, quello che è stato il suo impatto ambientale, e quali sarebbero le sue conseguenze per noi e per la pianeta. Si potrebbe pensare che in questa fantasia, saremmo liberi di fare scelte consapevoli e razionali circa il nostro cibo. Eppure molti di noi continuano a mangiare male, perché l’educazione è solo uno dei molti fattori che plasmano ciò che mangiamo.
Se nessuna scelta alimentare sana è disponibile dove vivi, se si è troppo poveri per permettersi quelle scelte, se gli ingredienti non sani sono in gran parte inevitabilmente presenti negli alimenti trasformati, o se ti manca il tempo sufficiente per preparare piatti sani, allora nessuna quantità di conoscenza ci aiuterà a mangiare cibo migliore. … L’industria alimentare è disposta a promuovere l’idea che le scelte alimentari sono un segno della scarsa conoscenza individuale, e che tutti i cittadini hanno bisogno di più informazioni. Eppure l’ambiente, il reddito, la cultura, le sovvenzioni, i diritti, le tecniche di produzione industriale e la commercializzazione, tutta questo incide sul nostro modo di mangiare. Mangiare meglio significa affrontare questi vincoli attraverso la regolamentazione e il cambiamento sociale, in modo che possiamo fare scelte individuali sane che sono veramente alla nostra portata.
Sì, abbiamo certamente bisogno e vogliamo una migliore educazione. Ma solo l’industria alimentare si fissa su questo aspetto.
Fonte: nytimes.com
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Raj Patel, docente universitario negli Stati uniti e in Sudafrica (dove affianca da anni il movimento dei baraccati Abajali baseMjondolo), si occupa di politiche del cibo e collabora con Via Campesina. E’ autore di «Il valore delle cose» (Feltrinelli), «I padroni del cibo» (Feltrinelli), «Food rebellions! La crisi e la fame di giustizia (con Eric Holt-Giménez, Slow Food).
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Raj Patel, docente universitario negli Stati uniti e in Sudafrica (dove affianca da anni il movimento dei baraccati Abajali baseMjondolo), si occupa di politiche del cibo e collabora con Via Campesina. E’ autore di «Il valore delle cose» (Feltrinelli), «I padroni del cibo» (Feltrinelli), «Food rebellions! La crisi e la fame di giustizia (con Eric Holt-Giménez, Slow Food).
http://comune-info.net/2013/09/cosa-mangiamo-pranzo/
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