Carlos De Luna giustiziato per un crimine commesso dal suo sosia omonimo: si era difeso fino all'ultimo giorno
Carlos De Luna, il condannato vittima di uno scambio di persona
MILANO - Giustiziato per un crimine commesso dal suo sosia omonimo. Che
la pena di morte fosse uno strumento fallibile l'aveva raccontato con
grande pathos nove anni fa il regista Alan Parker nel film "The life of
David Gale" interpretato da un superbo Kevin Spacey. Adesso, grazie al
lavoro del professore di diritto James Liebman, coadiuvato da un folto
team di studenti della Columbia University di New York, vi sono le prove
concrete che dimostrano come in passato una persona sia stata
giustiziata per un delitto portato a termine da un'altra persona. La
vittima del tragico errore giudiziario si chiamava Carlos De Luna, era
un americano di origine ispanica e fu arrestato dalla polizia per aver
ucciso il 4 febbraio del 1983 Wanda Lopez, un’impiegata della stazione
di servizio Sigmor Shamrock nella cittadina americana di Corpus Christi,
in Texas. Il docente, che ha lavorato sul caso per cinque anni e che ha
pubblicato recentemente un lungo dossier intitolato «I sosia Carlos:
anatomia di un errore giudiziario», è riuscito a dimostrare come quel
delitto fu commesso da Carlos Hernandez, un vecchio amico di De Luna che
non solo aveva il suo stesso nome, ma assomigliava tantissimo al
ragazzo giustiziato nel 1989.
IL DELITTO - Durante il processo, De Luna, che aveva appena 20
anni all'epoca dell'arresto, avrebbe raccontato la verità, ma non
sarebbe stato creduto dalla Corte. Il giovane avrebbe dichiarato di aver
incontrato Hernandez in un bar e di essersi fermato a parlare con lui.
Più tardi avrebbe visto il suo amico litigare animatamente con una donna
nella stazione di servizio e per non ritrovarsi nei guai sarebbe
scappato via (De Luna era in libertà condizionata). Dopo 40 minuti la
polizia lo avrebbe arrestato e in seguito sarebbe stato condannato a
morte sulla base del racconto di un testimone oculare che avrebbero
visto un ispanico sul luogo del delitto, nonostante «tutti gli altri
indizi dimostrassero la sua innocenza». Il lavoro del docente della
Columbia University afferma che le indagini furono compiute in un modo
«troppo spedito e superficialmente», identifica «numerosi errori, indizi
perduti, occasioni mancate che hanno portato all'accusa contro De
Luna».
Carlos Hernandez, il presunto assassino
LA CONDANNA - Hernandez che era già stato in carcere
per diversi reati e più tardi sarebbe stato condannato a 10 anni di
galera per aver tentato di uccidere un'altra donna, fu definito dal
giudice che seguì il processo contro De Luna «un fantasma frutto
dell'immaginazione dell'imputato». Questa teoria fu supportata anche
dall'avvocato d'ufficio che difese l''allora ventenne: il legale
dichiarò che Carlos Hernandez «probabilmente non era mai esistito». Nel
1986, un giornale locale ritornò sulla vicenda pubblicando la foto di
Carlos Hernandez definendolo "il vero omicida di Walda Lopez", ma non
servì a nulla: De Luna fu giustiziato con un'iniezione letale tre anni
dopo: «Se un nuovo processo fosse condotto oggi, la giuria dovrebbe
assolvere De Luna», ha dichiarato Richard Dieter, direttore del Death
Penalty Information Center, organizzazione no profit fondata nel 1990 -
Fino ad oggi non avevamo ancora un caso così eclatante in cui una
persona innocente era stata condannata a morte. Ma grazie a questo
studio ci siamo arrivati». «Nonostante tutto sia andato storto in questo
processo, l'imputato poteva essere salvato», rileva l'autore del lavoro
che alla fine dell'opera denuncia: «Disgraziatamente le stesse crepe
che hanno portato alla condanna per errore di De Luna continuano oggi a
mandare a morte persone innocenti».
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