mercoledì 16 maggio 2012

Dal boia per uno scambio di persona Il caso che riapre la polemica sulla pena di morte

Carlos De Luna giustiziato per un crimine commesso dal suo sosia omonimo: si era difeso fino all'ultimo giorno

Carlos De Luna, il condannato vittima di uno scambio di personaCarlos De Luna, il condannato vittima di uno scambio di persona
MILANO - Giustiziato per un crimine commesso dal suo sosia omonimo. Che la pena di morte fosse uno strumento fallibile l'aveva raccontato con grande pathos nove anni fa il regista Alan Parker nel film "The life of David Gale" interpretato da un superbo Kevin Spacey. Adesso, grazie al lavoro del professore di diritto James Liebman, coadiuvato da un folto team di studenti della Columbia University di New York, vi sono le prove concrete che dimostrano come in passato una persona sia stata giustiziata per un delitto portato a termine da un'altra persona. La vittima del tragico errore giudiziario si chiamava Carlos De Luna, era un americano di origine ispanica e fu arrestato dalla polizia per aver ucciso il 4 febbraio del 1983 Wanda Lopez, un’impiegata della stazione di servizio Sigmor Shamrock nella cittadina americana di Corpus Christi, in Texas. Il docente, che ha lavorato sul caso per cinque anni e che ha pubblicato recentemente un lungo dossier intitolato «I sosia Carlos: anatomia di un errore giudiziario», è riuscito a dimostrare come quel delitto fu commesso da Carlos Hernandez, un vecchio amico di De Luna che non solo aveva il suo stesso nome, ma assomigliava tantissimo al ragazzo giustiziato nel 1989. IL DELITTO - Durante il processo, De Luna, che aveva appena 20 anni all'epoca dell'arresto, avrebbe raccontato la verità, ma non sarebbe stato creduto dalla Corte. Il giovane avrebbe dichiarato di aver incontrato Hernandez in un bar e di essersi fermato a parlare con lui. Più tardi avrebbe visto il suo amico litigare animatamente con una donna nella stazione di servizio e per non ritrovarsi nei guai sarebbe scappato via (De Luna era in libertà condizionata). Dopo 40 minuti la polizia lo avrebbe arrestato e in seguito sarebbe stato condannato a morte sulla base del racconto di un testimone oculare che avrebbero visto un ispanico sul luogo del delitto, nonostante «tutti gli altri indizi dimostrassero la sua innocenza». Il lavoro del docente della Columbia University afferma che le indagini furono compiute in un modo «troppo spedito e superficialmente», identifica «numerosi errori, indizi perduti, occasioni mancate che hanno portato all'accusa contro De Luna».

Carlos Hernandez, il presunto assassinoCarlos Hernandez, il presunto assassino
LA CONDANNA - Hernandez che era già stato in carcere per diversi reati e più tardi sarebbe stato condannato a 10 anni di galera per aver tentato di uccidere un'altra donna, fu definito dal giudice che seguì il processo contro De Luna «un fantasma frutto dell'immaginazione dell'imputato». Questa teoria fu supportata anche dall'avvocato d'ufficio che difese l''allora ventenne: il legale dichiarò che Carlos Hernandez «probabilmente non era mai esistito». Nel 1986, un giornale locale ritornò sulla vicenda pubblicando la foto di Carlos Hernandez definendolo "il vero omicida di Walda Lopez", ma non servì a nulla: De Luna fu giustiziato con un'iniezione letale tre anni dopo: «Se un nuovo processo fosse condotto oggi, la giuria dovrebbe assolvere De Luna», ha dichiarato Richard Dieter, direttore del Death Penalty Information Center, organizzazione no profit fondata nel 1990 - Fino ad oggi non avevamo ancora un caso così eclatante in cui una persona innocente era stata condannata a morte. Ma grazie a questo studio ci siamo arrivati». «Nonostante tutto sia andato storto in questo processo, l'imputato poteva essere salvato», rileva l'autore del lavoro che alla fine dell'opera denuncia: «Disgraziatamente le stesse crepe che hanno portato alla condanna per errore di De Luna continuano oggi a mandare a morte persone innocenti».
 Francesco Tortora 

 

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