martedì 30 aprile 2013

Quattro fallimenti in due anni, politica commissariata


La casta & il paese reale


La supplenza di Monti, la pressione di Grillo, i 10 saggi e adesso il bis obbligato di Napolitano  


Giorgio Napolitano è il nuovo, vecchio, presidente della Repubblica. Il Parlamento si arrende. Al netto dell’indiscutibile profilo selezionato, per i nostri partiti l’elezione di oggi rappresenta il quarto fallimento in meno di due anni. L’ennesimo passo falso di una classe politica ormai inadeguata, incapace di assolvere persino i compiti che le attribuisce la Costituzione. Ai principali gruppi parlamentari non sono bastate cinque diverse votazioni per trovare un accordo sul nuovo capo dello Stato. E così le Camere si sono dovute appellare alla disponibilità del Quirinale (per la prima volta nella storia repubblicana un presidente viene riconfermato al Colle). Ancora una volta la politica è stata commissariata. Tutta. Destra-centro-sinistra. Il fallimento della seconda repubblica, ognuno pro quota per gli anni in cui ha governato, è plasticamenete compiuta. Il comissariamento era già successo nel novembre di due anni fa. Di fronte all’aggravarsi della crisi finanziaria, il governo Berlusconi era stato costretto alle dimissioni. Nell’impossibilità di trovare una soluzione, i partiti non avevano trovato di meglio che farsi da parte. L’esecutivo tecnico di Monti è nato così. Grazie al passo indietro di Silvio Berlusconi e Pier Luigi Bersani, che si sono limitati a fornire un appoggio esterno per evitare ripercussioni sul proprio elettorato. La vittoria dei tecnici sui politici.
La stessa inadeguatezza è emersa durante le ultime elezioni. Incapaci di interpretare le richieste di rinnovamento del Paese, Pd e Pdl sono stati nuovamente commissariati. Stavolta da Beppe Grillo. Non è un caso se al crollo di popolarità dei principali leader si è accompagnata l’incredibile ascesa del Movimento Cinque Stelle. Forte anche, soprattutto, di milioni di voti di protesta trasversali.
Nelle ultime settimane l’incapacità della politica sembra essere persino aumentata. Nel Paese eventuali derive autoritarie non sono ancora popolari, per fortuna. Ma certo inizia a imporsi una riflessione sull’attuale sistema rappresentativo. Imbarazzante la complicata – e irrisolta – vicenda del nuovo governo. La girandola di consultazioni al Quirinale che ha seguito le elezioni. Quel gioco di veti reciproci che ha legato le mani al presidente Giorgio Napolitano, costringendolo a inventarsi l’inedita formula dei dieci saggi per guadagnare tempo. E, ancora più grave, non gli ha permesso di dare vita a un esecutivo.
Adesso il Quirinale, il quarto scivolone. Un fallimento dopo l’altro, in Parlamento non si è neppure riusciti a eleggere un nuovo capo dello Stato. I cambi di strategia, gli accordi disattesi, le furbizie di chi ha cambiato idea nel segreto dell’urna. E così questa mattina, in una lunga processione, i leader di partito si sono presentati in ginocchio al Colle. Chiedendo al presidente Napolitano di accettare una conferma. Era l’ultima carta rimasta, l’unica soluzione per superare l’impasse istituzionale. L’ennesima dimostrazione della propria inadeguatezza. 


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