martedì 30 aprile 2013

“Perugia, qui nasce il giornalismo del futuro”


Aumentate le presenze, 20mila gli accessi giornalieri al live streaming


L’intervista ad Arianna Ciccone, «Il festival è sempre più un laboratorio di idee»
Yoani Sanchez, la blogger cubana contestata al Festival da un gruppo di filo castristi


Arianna Ciccone, organizzatrice insieme a Christopher Potter del Festival internazionale del giornalismo di Perugia, risponde quasi afona al telefono, reduce dagli scontri dell’ultimo giorno di festival tra castristi e la blogger cubana Yoani Sanchez. Dagli ospiti d’eccellenza come Emily Bell, Mathew Ingram e Harper Reed, a twitter, «termometro che misura la febbre del popolo della rete, Ciccone traccia il bilancio di quanto emerso nella «piazza» del ijf, «luogo di incontro e di scambio», ma anche laboratorio di idee per il futuro.
Quali tendenze escono da questo Festival? Verso dove sta andando il giornalismo?
Forse mai come quest’anno c’è stata così tanta attenzione nei confronti della tecnica, del giornalismo come “scienza”: a dimostrarlo le presenze e le iscrizioni ai workshop, l’interesse internazionale che su questi si era creato, e che hanno fatto di questa edizione un piccolo laboratorio a cielo aperto. La conoscenza specialistica di alcuni aspetti della professione, oggi, è uno dei punti più importanti emersi da queste giornate: Emily Bell, Mathew Ingram e Harper Reed ci hanno ricordato - ognuno a modo suo - che bisogna specializzarsi, eccellere in campi specifici, e farlo con cura maniacale.
Tra gli ospiti di quest’ultima edizione, quali sono stati i più significativi?
I tre keynote speech si sono decisamente confermati ai livelli delle aspettative: Emily Bell e Mathew Ingram hanno portato il dibattito sulle velocità del panorama anglosassone, indicando alcuni dei metodi attraverso i quali la news industry può riuscire a sopravvivere; Harper Reed ha incantato tutti: fuochi d’artificio con una presentazione fresca e la sua matematica al servizio della comunicazione. Saviano ha riempito il Teatro Morlacchi di ragazzi rimasti in fila ad aspettarlo sotto la pioggia. E le grandi firme italiane nelle twitterview, i relatori dei workshop.
Come deve cambiare il giornalismo per diventare sostenibile economicamente?
Questa è stata un po’ la questione di fondo del Festival, la ricerca di un modello sostenibile e i modi migliori per raggiungerlo. È una domanda che rimane inevasa, e alla quale il Festival non può rispondere: in giro per il mondo non si fa altro che innovare e cercare alternative, provando quasi per tentativi, nell’intenzione di invertire la rotta di una crisi che ormai appare ormai irreversibile. Qui a Perugia però cerchiamo di raccontarli, lasciare che parlino, e mettere insieme esperienze da offrire a chi ne è curioso e a chi cerca lo spunto giusto.
Velocità e lentezza: il giornalismo è sempre più orientato alla notizia immediata, al live streaming. Sarà sempre più così in futuro o recupereremo anche l'altra dimensione, quella lenta dell'analisi e dell'approfondimento?
Se l’approfondimento e la lettura lenta avranno vita lunga non possiamo essere in grado di dirlo, ma di sicuro comincia ad averne una nuova oggi: i recenti modelli di impaginazione dei siti online e dispositivi come i tablet rendono sempre più piacevole la lettura “profonda”, cosa che sugli schermi dei computer desktop di solito diventa velocemente fastidiosa. Questo ha portato alla produzione - o al ritorno - di contenuti longform, altro tema del Festival di quest’anno, e alla nascita di nuove imprese editoriali e tecnologiche che nell’iPad hanno trovato dimensione e lettori. Staremo a vedere.
Quanto è importante il coinvolgimento dei lettori nel giornalismo contemporaneo? Come si sta concretizzando?
È uno dei temi più discussi degli ultimi tempi, ed è diventato un tratto distintivo della produzione giornalistica online, contaminata da un uso professionale e chirurgico dei social network e dall’irruzione nei media classici dei cosiddetti «user generated content»: relatori come Paul Lewis del Guardian, per esempio, hanno ricordato l’importanza del coinvolgimento dei lettori su Twitter per il disvelamento delle bufale che girano in rete, o ancora come punto di sviluppo di un racconto collettivo, che nelle diverse prospettive, e la visione accurata e certificata del giornalista, aiutano a rendere questo mestiere “migliore”. Lo ha ricordato del resto anche Mathew Ingram. Non meno faticoso, ma più vicino al valore del giornalismo come servizio e testimonianza.
Credi che i social network stiano influenzando le scelte politiche italiane? Pensi che Twitter abbia influenzato la scelta del presidente della Repubblica? 
Secondo Twitter non ha affatto influenzato le scelte politiche, è un alibi per chi, tra i politici (anche forse tra i giornalisti) usa questa interpretazione. Su Twitter in rete si esprime una parte (ancora modesta) dell’opinione pubblica, purtroppo irrilevante rispetto alle dinamiche politiche. I politici non sono in ascolto nemmeno dentro questi “ambienti” digitali. Figuriamoci se si facevano guidare, influenzare dalla pressione di alcune persone che esprimevano il proprio dissenso a colpi di tweet. La verità è che è esplosa una tensione - che ha radici antiche evidentemente - all’interno del Pd. Se twitter avesse influenzato l’elezione ora avremmo Rodotà come Presidente della Repubblica.
Il tema dell'integrazione tra media: è sempre più presente? come si sta compiendo? quali gli esempi meglio riusciti?
Senza dubbio, il ruolo dei social network, e in particolare Twitter, ha sempre più rilevanza nell’informazione, che ha deciso di farne termometro generale per misurare la febbre del popolo della rete. Da qui l'interesse per un mezzo “cool”, presentato come rappresentativo e che ha sempre più parte in tv e sui giornali. Ma allo stesso tempo è il popolo di Twitter a rincorrere i media mainstream nel momento in cui alcuni eventi da commentare provengono solo da tv, radio, giornali: è una compenetrazione che di per sé funziona, e rende sempre più capillari le connessioni sociali e le possibilità di migliorare e velocizzare il mestiere. Ma che è ancora attesa alla prova della sistematizzazione editoriale e della riproducibilità economica.
Da un'intervista che ha rilasciato recentemente leggo dell’intenzione di trasformare il Festival da semplice luogo di dibattiti a occasione per far emergere nuove start up editoriali...
Il ijf è un luogo di energie, una piazza in tutti i sensi: un punto di incontro e di scambio, e allo stesso tempo la vetrina ideale per esporre il proprio prodotto, le proprie idee. È bello che queste esperienze possano confrontarsi e “testare” la loro appetibilità pubblicamente, avere un feedback. Ed è bello per noi offrire questa opportunità ed essere i primi a credere in progetti nuovi, e a mostrarli - gratuitamente - al pubblico. Così vincono tutti.
Le contestazioni alla blogger Yoani Sanchez in uno dei suoi primi viaggi all'estero: come l’hai vissuta, come la leggi?
Le contestazioni, i confronti, le polemiche, le domande scomode fanno parte della normale dinamica democratica. Quello che è successo domenica è solo stato un vile, vigliacco, indecente agguato. I contestatori, filocastristi, hanno impedito all’inizio a Yoani di parlare, hanno aggredito noi e hanno occupato il palco, tra insulti, offese e minacce. Cosa c’entra questo con una normale dialettica democratica? Ho reagito d'istinto, con tutte le forze che avevo per un senso di giustizia: ho protetto uno speaker del festival e ho preteso rispetto per il pubblico, che aveva diritto ad ascoltare le parole della blogger e a confrontarsi con lei. Devo dire che Yoani ha reagito con uno stile e un’eleganza incredibili. Ha risposto con calma, umiltà, forza e determinazione a tutte le (finte) domande, in realtà vere e proprie provocazioni, mistificazioni, proclami propagandistici. Mario Calabresi ha poi gestito tutti i momenti più critici con grande professionalità.


 http://www.linkiesta.it/intervista-festival-giornalismo-perugia-2013-arianna-ciccone#ixzz2RtnIJCCU

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