“Ai giovani auguro di trovare grandi Maestri ricchi non solo di scienza ma anche di saggezza come ne ho trovati io, basta un consiglio ben dato in un momento cruciale per cambiare la nostra vita. Occorre anche altro. Pochi anni or sono ho incontrato un direttore di orchestra, gli ho chiesto cosa lo aveva spinto verso la musica e mi ha risposto lapidario “passione maniacale”. Anche nella scienza e non solo in musica occorre passione maniacale. Senza passione non solo la ricerca ma qualsiasi attività creativa umana si riduce a banale contabilità, una triste fine.”
Con le sue intuizioni fisico-matematiche fantasiose e uniche, Tullio Regge si è distinto come una delle menti più brillanti e creative del ventesimo secolo.
Come ha scritto recentemente Giorgio Parisi:
“Era professore all'Institute for Advanced Study di Princeton, dove rimase dal 1965 al 1979. All'epoca l'Institute era l'istituzione scientifica più prestigiosa del mondo (vi erano stati Einstein, von Neumann, Gödel e Oppenheimer): tuttavia, era la presenza di Regge che portava prestigio a Princeton e non viceversa.”
Pietro Frè, che si è descritto come suo discepolo, ha ricordato:
“Il più gande elogio alla sua personalità, originale, poliedrica e intrigante, è quello di ricordare che ha sempre fatto grandi cose, ma senza mai prenderle troppo sul serio. Aveva la curiosità e l’immaginazione di un bambino e come tutti i bambini giocava. I suoi giochi erano di altissima complessità e si basavano su concetti innovativi, eppure per lui erano solo giochi, sofisticati giochi intellettuali che attiravano la sua attenzione e stimolavano la sua creatività. Nel momento in cui questi apparivano utili, accademicamente consistenti e diventavano la base per lo sviluppo di una nuova area di ricerca, le creature di Tullio perdevano completamente l’interesse del loro padre e la sua mentre si rivolgeva verso altre direzioni, alla ricerca di nuovi e stimolanti giochi.”
Nato l’11 luglio del 1931 a Torino, si iscrisse inizialmente al Politecnico e, dopo il biennio, passò a studiare Fisica all’Università dove fu presentato a uno delle figure più rilevanti di quel tempo, Gleb Wataghin. Come lui stesso ha ricordato:
“Wataghin conosceva tutti i grandi fisici del mondo, lo ascoltavo a bocca aperta e scatenò la mia imaginazione. In quei giorni passavano da Torino tutti i grandi della fisica contemporanea, quelli che avevano creato la meccanica dei quanti e la teoria dei campi. Ricordo bene l’incontro con Wolfgang Pauli, un caratteraccio incredibile. Fui preso in custodia da Mario Verde che mi iniziò alla Fisica Teorica.”
Dopo la laurea, ottenne il dottorato di ricerca l'Università di Rochester dove incontrò John Wheeler con il quale, nel 1957, scrisse un articolo molto importante che è universalmente considerato il punto di partenza nella teoria delle perturbazioni dei buchi neri.
Un aneddoto raccontato da Vittorio de Alfaro ci può aiutare a capire la personalità di Regge:
“Nel 1958 aveva esteso la simmetria dei coefficienti di Clebsch-Gordan. Immediatamente si cimentò ad estendere un’altra simmetria, quella dei coefficienti di Racah, ma non riusciva a compiere il lavoro e per oltre in mese se ne imbestialì senza riuscirci. Poi una mattina lo trovai in Istituto che scriveva a macchina come un matto su una vecchissima scrivania che lo circondava da tre lati. Quella notte si era sognato l’estensione della simmetria ed era arrivato la mattina alle 7, come disse, per riuscire a scrivere il lavoro prima di dimenticarselo.”
Successivamente fu invitato a Monaco di Baviera all’Istituto diretto da Heisenberg ed infine iniziò una lunga attività pendolare tra Italia e Princeton negli USA, dove fu chiamato da Robert Oppenheimer all’ all'Institute for Advanced Study, fino al suo definitivo ritorno in Italia nel 1978.
Non vi è la pretesa, in queste poche righe, di dare una descrizione del lavoro di Regge perché risulterebbe impossibile, ma è altresì impossibile non menzionare i “Poli di Regge”, introdotti per studiare le proprietà fondamentali delle ampiezze di transizioni in processi d’urto e che diventarono di uso comune nel linguaggio dei fisici delle alte energie in tutto il mondo. Un ulteriore concetto, introdotto nei primi anni Sessanta, fu il “Calcolo di Regge”, un approccio matematico alla formulazione della Relatività Generale di Einstein. Questo si basa sul “complesso simpliciale”, una sorta di geometria basata su oggetti geometrici elementari chiamati simplessi, che fornisce una rappresentazione discretizzata dello spaziotempo, sostituendo la geometria continua con una rete di triangoli e poliedri.
Storie Scientifiche
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