Ovidio racconta nelle Metamorfosi che Pigmalione era il re di Cipro ed era talmente preso dalla sua passione per la scultura da trascurare e disprezzare il sentimento dell'amore. Afrodite, che dell'amore era la dea protettrice, non gradiva quell'arroganza dei sentimenti, e per vendicarsi lo fece innamorare perdutamente di una statua da lui realizzata che raffigurava una bellissima donna. Straziato per questo amore impossibile l'uomo chiese aiuto proprio ad Afrodite chiedendole di guarirlo dalla sua schiavitù. La dea invece si divertiva molto a vederlo prostrato e afflitto davanti a quella scultura inerte che non poteva amare. Così l'uomo continuava a piangere, a disperarsi, a non dormire, a non mangiare, era diventato l'ombra di sé stesso. Finalmente la dea si commosse per tanta sofferenza e, toccando la statua con le sue mani miracolose, le infuse la vita. Pigmalione felice sposò la fanciulla che nel racconto non aveva nome, ma che in epoca moderna gli studiosi del mito chiamarono Galatea, che in greco significa latte, in ricordo dell'algido colore della statua che era stata.
Il racconto mitologico fu poi ripreso dal drammaturgo irlandese George Bernard Shaw, che nella commedia Pygmalion (1913) racconta la storia di un professore di dizione che decide, per scommessa con un amico, di insegnare le buone maniere a una giovane fioraia ignorante, al fine di trasformarla in una raffinata signora dell’alta società.
Da qui l’uso di definire “pigmalione” chi assume un ruolo di guida nei confronti di una persona rustica e inesperta, plasmandone la personalità, sviluppandone le doti naturali e affinandone i modi.
Fonti:
"I miti degli dei e degli eroi" di Fernando Palazzi
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"I miti greci" di Robert Graves.
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