mercoledì 20 luglio 2022

Davide Sannino

 


La colpa di Davide Sannino fu quella di guardare negli occhi l’uomo che lo stava rapinando. Lui e i suoi amici. Erano fuori a festeggiare il suo diploma, una pizza tra amici, quando un camorrista si avvicinò loro e sotto minaccia si fece consegnare orologi e motorino.


Davide, che aveva capito la situazione e aveva solo 19 anni, gli consegnò le chiavi, ma lo guardò negli occhi e gli chiese, con fermezza, quale fosse il loro diritto, quello dei camorristi, di comportarsi così. Fu la sua condanna a morte. Per quel gesto e quella frase, si ritrovò una pallottola alla tempia. Aveva osato “sfidarlo”, disse poi l’assassino. 


La vita di Davide finì quel giorno, era il 19 luglio del 1996. Un ragazzo brillante che oltre al diploma di scuola superiore aveva anche conseguito quello di solfeggio. Voleva fare il carabiniere aveva già passato i test. 


Oggi la famiglia ancora lotta per la giustizia.

In 25 anni, hanno ricevuto minacce di morte, faldoni dei tribunali bruciati. E oggi, che i colpevoli sono stati condannati, la beffa: il risarcimento non si può ottenere. L’avvocato che avevano non ha neppure notificato la sentenza ai colpevoli. E nessun avvocato sembra volerli aiutare.


L’Italia, purtroppo, è anche questa.

Giustizia che arriva decenni dopo, beffe continue alle famiglie delle vittime, spesso lasciate sole. 

A loro, che non smettono di lottare, un grande abbraccio.

Leonardo Cecchi 

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