Teatro Valle, cioè Tu vali 0 (zero)
Il vero acronimo del Teatro Valle Okkupato di Roma. Che se la ride degli altri, nella tradizione del Marchese del Grillo, di cui reitera “Io so’ io”; e tu ..tu vali 0 (zero), tu cittadino, tu lavoratore, tu soggetto alle regole penali, tu soggetto alle regole d’impresa, tu esodato, tu pensionato, tu collega d’ufficio, tu giovane
Nomi e cognomi. Ma chi è TV0, questo anonimo, questa maschera che tutti conoscono, di cui tutti hanno una fifa boia, che nessuno può sfidare, e che interscambiabilmente si cela sotto una sigla TV0, ogni volta ammiccando benecommune, come potrebbe capitare al picciotto\bravo cui viene in mente la fratellanza della messa a commune di tutto, solo quando ha sotto lo sguardo la donne altrui. Ha più di un nome e cognome, eccellente e meno, a partire dallo stendardo Rodotà, il docente calabrese, già radicale, poi comunista, infine strabico libertario della rete, presidente Ds, Garante della privacy, candidato grillino al Quirinale. Con lui Settis, Gifuni, Sermonti, Negrelli, Germano, Papaleo, Crippa, Rivera, Mattei, Marini. Celestini, Marchioni, Servillo, Pesce, Santameria, Nicolai, Camilleri e ovviamente la Guzzanti. Benigni invece si è concesso solo in video. I “soliti noti”.
I soliti noti. Più noti di così. Brillano gli avanzi del generone Rai che paventano tagli al canone che ha pagato la loro vita. Dalle sedimentazioni dell’incoscio tornano, immortali, gli avanzi del massimalismo più malato d’Italia, Berardi Bifo (e d’Europa: do you remember Paul Ginsborg)? 50enni e 60enni orgasmano per il deja vu dei loro vent’anni quando Radio Onda Rossa trasmette in diretta l’occupazione del Valle. I giovani, studenti, laureandi, imbrogliati dalle continue balle di una storia riscritta centinaia di volte, confondono il “Freddo” di Romanzo Criminale per un conduttore della Radio Alice della Bologna ’77. Poi c’è l’impressionante elenco di docenti di tante università italiane, della società dei territorialisti guidati dalla direttrice Poli, animati dal (potrebbe essere altrimenti?) territorio bene comune; uno schermo dietro il quale si nasconde il Mibac. Tutte le istituzioni piemontesi si nascondono dietro la iper convenzionata Fondazione Fitzcarraldo, l’addetta ai sindaggi con Cresco per il TV0.
Lezioni di mafia e di Vicerè. I direttori, i capi, le starlette, i nomi eccellenti, i parenti, tutta la corte del moderno Vicerè, a far finta di essere i servi, i camerieri, gli operatori di call center, i giornalisti e gli attori da pochi euro a pezzo e spettacolo, da loro abitualmente sfruttati. Certo, può essere che anche nella famiglia di un ex direttore Rai, ci sia un precario. Con le balle si rimedia, anche ultimamente. Prima delle dimissioni, l’assessora capitolina Barca, quella del fratello intercettato e zanzarato, ha assunto a chiamata diretta la pargola Cappon, portavoce del Valle okkupato, già capo ufficio stampa dell’Eliseo, includendole anche una piccola corte di giornalisti in erba sfornati dalla scuola urbinate e cresciuti a corsi di legalità, a dossier antimafia e relativi cortei strappalacrime. I Valerio e Mariangela ringraziano: hanno avuto l’occasione di di conoscere de visu i boss del proprio paese in una full immersion di prepotenza ed intimidazione. Per chi “io so io” c’è la chiamata. Per i TV0 (tu vali zero) come i 5000 dipendenti comunali a rischio, c’è l’esubero. Per loro il bene commune non vale.
Il secondo lavoro dei formatori. L’impiegato Mibac, già macchinista di teatro, salvato dai sindacati, in odio a loro, va a fare i corsi a gente che si sogna il posto fisso. Lo spalleggia il fonico, con un posto all’Università Roma Tre, o il direttore di un altro teatro. Seguono l’ideale e fanno i formatori. Il Valle Okkupato si vanta di produrre 5000 ore di formazione chiamate altreresistenze. Senza alludere al prezzo modico di 120 euro cad. per classi da 20 persone. Nelle lezioni gli impiegati ministeriali, i tecnici di altri teatri e della Rai, i docenti di Roma 3 arrotondano senza mai mancare di tuonare contro l’evasione fiscale. Ottima nave scuola di provata esperienza, molto più raffinata della rappresentazione antifatturina dei Vanzina.
Le tante sfumature di occupazione. L’associazione Ubu per Franco Quadri (dal presidente Jacopo, a Mello, dalla Molinari a Ponte di Pino, da Quadri alla Ventrucci) ha voluto vedere, con il prestigioso riconoscimento del settore teatrale, nel TV0 “una “nuova possibilità di vivere il teatro”, o di abitarci. Per ottenere un dormitorio è fin troppa grazia, utilizzare le auguste sale di un teatro settecentesco, che dalla sola ricettività museale potrebbe ricavare profitto. L’Ubu, dati i rapporti istituzionali, coinvolge lo stesso Mibac che per dignità dovrebbe almeno rivederne il patrocinio. Nella vasta massa capitolina di 100 immobili occupati, di 63 cinema chiusi, abbandonati e sfitti c’era da scegliere, tra un teatro Volturno occupato ed un Palazzo pure. L’unica area culturale (se una balera estiva aperta rientra nella definizione) occupata che era stata liberata era l’Angelo Mai di Parco San Sebastiano, alle Terme di Caracalla. Il Tribunale del Riesame con insolito garantismo ha rilasciato tutti i 41 attivisti che immediatamente con tanto di conferenza stampa hanno annunciato festa per la “riapertura”. A Venezia parte l’imitazione dall’esperienza dei centri sociali che occupano lo spazio dei Magazzini del Sale, creando lo spazio indipendente per l’arti visive e sceniche del S.a.L.E. I fascicoli per occupazione abusiva sonnecchiano nelle cure togate palamare.
Ratto della Sabina . Insomma è stato un ratto della Sabina che contava sull’odio dei ricchi romani per il sindaco di destra Alemanno, per il suo assessore il cattolico Gasperini, per i Lavia ed i Barbareschi, accusati di trasformare tutto in un carrozzone mangia soldi o nell’ennesimo Stabile di scambio spettacoli. Le stesse prospettive, d’altronde dei soliti noti. I quali tacciono ora che, sotto il demomarziano Marino è tutto molto peggiorato; ora che Maxi e Macro non hanno più né capo né coda. Nemmeno quando l’Ambra Jovinelli è stato sul punto di chudere, nessuno è corso in aiuto dell’ex baluardo di Rai3. Viene da ridere, oggi, a tre anni da quel mercoledì 15 giugno, giorno dell’occupazione abusiva del noto teatro settecentesco, al rileggere il credito concesso dai media alla cerchia più viziata universitaria, culturale e dello spettacolo scambiata per poveri “lavoratori dello spettacolo in protesta per la generale condizione di precariato del settore dello spettacolo”. Viene da ridere, oggi, a leggere che i soliti noti temevano e temono che la riapertura del Teatro lo consegnasse ai “soliti protagonisti del mondo dello spettacolo, dando la solita impronta elitaria e settaria”. Viene da ridere leggendo del sostegno in quei giorni all’idea di occupare anche la Biblioteca Nazionale di Roma. Con i commentatori che definivano grottesca la zona rossa, posta davanti la più grande biblioteca d’Italia. Il blocco delle forze dell’ordine utile a difendere l’uso generale, non venne difeso nemmeno dalla redazione del Sole confindustriale che si trova a poche centinaia di metri. L’Europa, fuorviati dall’influenza che il partito Repubblica ha sulla stampa estera accreditata, ha partecipato entusiasta senza vedere che i premi dell’ECF e di Euromed collegavano Creative Europe e Commissione Europa all’illegalità ed al malaffare. Concentrata solo su se stessa, bocciata dalle commisioni filmiche la Sabina continua a correre per ste stessa. Declama la sua visione di «satira scientifica» con l’attor giovane di Virzì, l’uno e l’altra a cavallo tra teatri occupati. Forma all’odio ed al rancore, ai modi in cui la parola possa, da vedere poi come, gambizzare gli avversari politici. L’ondata della marea di supporto ha però perso vigore smorzata dagli stessi poteri che l’avevano innalzata. Berlusconi è stato disarcionato. I poveri sono sempre di più e non hanno tempo da perdere in occupazioni gestite da garantiti, in preda a trans di adolescenza. La sinistra più o meno comunistachic perde un’elezione dietro l’altra. Anche per il manifesto antisindacalismo degli occupanti.
Antisindacalismo. Eccitati dal clima di delirio collettivo antiberlusconiano, ebbri della forza loro data dal connubio tra poteri forti, nazionalchic, violenti di strada e l’ordinaria sovvenzione organizzata delle figlie e dei fidanzati, mantenuti a vita dalle commissioni ministeriali, sotto l’occhio amico del rione Sant’ Eustachio, quello del Senato, hanno aggredito il teatro soprattutto in odio ai sindacati moderati, primo obiettivo terra-terra a loro disposizione. Ed ecco l’attacco in nome del soppresso Eti e di Cinecittà, in odio a chi ha appena scongiurato la chiusura degli storici studios romani. Ecco il cantore che si è costruito una carriera sui call center e che si fa finanziare i film, dimentco degli scioperi in corso degli operatori delocalizzati, Ecco tutto il partito Rai, sempre di casa al Valle che si defila dallo sciopero, quando le cose si fanno serie ora divennuto illegittimo per i renziani. Anche Legambiente ha premiato TV0 per virtù civica. L’associazione aveva piazzato il suo ex consigliere regionale laziale Fontana alla direzione di Paese Sera che rinasceva proprio nei giorni dell’occupazione del Valle. Ora che ParsitaliaMedia liquida il giornale e che i redattori restano senza neanche gli armonizzatori, l’estensore del Rapporto Ecomafia potrebbe invitarli all’esproprio dei centri di consumo equo e agricoltura biologica. Non mancano a nome degli attori occupanti ci sarà il riminese Riceci già a suo tempo entrato in rotta di collissione con sindacati, Rai, radio ed emittenti ed il gruppo “7607″ di 440 artisti della Mascoli, sempre in guerra contro l’istituto a tutela dei diritti degli interpreti posto in liquidazione e poi sostituito dal Nuovo Imaie. Non gli piace neanche troppo la Siae ed il capo dei 4 amici al bar che ne è il padrone risponde per le rime: Il Valle “gode di vantaggi arroganti perché non rispetta le regole della concorrenza, evade completamente le tasse, non versa i contributi previdenziali Enpals e non rispetta alcuna misura di sicurezza per autori, tecnici e spettatori”. A superare l’imbarazzo dei sindacati, restii a muoversi contro un’iniziativa di sinistra estrema, basterebbe far passare nello stretto passaggio della via del teatro Valle, la fiumana dei 10mila dipendenti capitolini, scesi in sciopero per la prima volta in duecento anni. E’ stato ripetuto mille volte ed ogni volta a vuoto, che l’occupazione, ormai triennale, del Teatro Valle dei Rodotà e Guzzanti, è costata alla città finora 3 milioni di euro. Ditelo ora a loro, alla massa dei dipendenti cui i risparmi vogliono togliere 250 euro cadauno, un quinto dell’entrata mensile.
Imbarazzo. Così l’aria è cambiata. A febbraio l’allegra brigata ha subito l’onta della visita della Digos. I soliti formatori si sono presi paura. Ma come? Abbiamo dato ospitalità a tutti i togati democratici, qui sempre di casa. Gli ispettori del lavoro, i poliziotti ed i tecnici Asl hanno pazientemente atteso, per strada, fuori dalle porte del Valle. l’esito di mille telefontate tra le famiglie e le istituzioni più importanti. La semplice ispezione di routine che non si è potuta svolgere non ha avuto conseguenze. Le forze dell’ordine per il momento non hanno insistito. Traumatizzati, gli occupanti piangono l’incapacità delle amministrazioni pubbliche. Tradotto: il Prefetto non ha ubbidito loro.
Contrordine, ex compagni. L’Unità tace ma la sua Communità, a cena fra amici, si lascia andare a critiche prima inimmaginabili (l’illegalità su Siae e affitto, la concorrenza sleale verso le altre sale). Non solo, ammette nero su bianco che “l’appropriazione del più antico teatro di Roma da parte di un gruppo di artisti (?) non è un gesto democratico “. Ammette che non c’è nessuna pulsione ideale nell’immigrazione selvaggia delle compagnie di tutto il paese: “Molti dei nomi in cartellone al Valle vedono come una gran bella opportunità quella di esibirsi nel teatro occupato a gratis”, perché, – la scoperta!- le compagnie non romane faticano ad esibirsi nella Capitale perché “le sale chiedono il pagamento dell’affitto”. La Communità non osa criticare gli occupanti ma vorrebbe, senza litigi, “una soluzione vera per l’antico, prestigioso e bellissimo Teatro Valle”. Come dire, dateci un taglio, torniamo all’antico. Il Valle è “diventato una specie di «imbuto» dei problemi. L’imbuto dei problemi della cultura. Della psicologia. Forse dei noialtri della Communità. Gli appelli a togliere le castagne dal fuoco a Bray, Barca, Franceschini, Renzi, sottotitolano: abbiamo scherzato. Valle, sempre balle Giornalisti, blogger, neo consiglieri del Teatro di Roma, dopo aver fatto voto di antiberlusconismo eterno, ammettono: “Qualcuno ha occupato il Valle contando di strapparne alle istituzioni la gestione ed otterrà, un incarico pubblico. Ma che il Valle fosse chiuso da anni e che ne andasse tutelata la “funzione” è una balla colossale”
Più che Valle, furono subito balle. Non c’era nessuna chiusura dello storico teatro. Né imminente, né posticipata. Il Valle non era chiuso da anni, ma in chiusura estiva da 2 settimane. La sua funzione teatrale non era in forse. C’era già il passaggio del Valle al Teatro di Roma, siglato da Comune di Roma e MiBac senza alcun ritardo. Oggi le balle continuano. Le presentano le esperte? militanti? sicuramente cittadine Raffaella, Doriana, Samantha e Francesca Romana nel corposo dossier di 100 pagine “Gli anni dell’occupazione dal 14 giugno 2011 al 15 giugno 2013” (annale 34, Teatro e Storia). Pubblica Bulzoni di Roma. Paga chi legge; se ne sono fatti carico infatti le università di Roma 3 e dell’Aquila. Vi si parla del comunicato stampa che un anno fa annunciava la “Fondazione Teatro Valle Bene Comune”. Appunto, lo Statuto è finito da un anno; i curatori, docenti rodotaiani di diritto possono far finta di credere e far credere di credere che il “ Teatro Valle potesse “ essere trasformato in un garage o in un supermercato”, cambiare destinazione d’uso, magari “spianando i palchetti, mettendo le automobili in mezzo agli stucchi, ignorando tutte le leggi che proteggono i beni culturali”. Non credono però ci sia pubblico registro che riconosca il documento, registrato da un il notaio il 17 settembre dell’anno scorso, di appropriazione indebita di una sala da teatro del Settecento. Chiosa il professore rodotaiano: “il bene comune non svolge alcuna attività culturale. Non c’è programmazione” Nemmeno dei turni di pulizia e di cucina, che si mischiano ai litigi fra vendoliani, tsiprasiani, travaglini, furbi, guzzantiani e maneschi. Quelli del “Se vuoi le cose, Valle”. E vai di Balle. Qualcuno spera che Renzi, pur di far un dispetto alla Camusso, sostenga il TV0 ome ha fatto con la Fiom. A Firenze però le uniche occupazioni sognate sono docili. Ora la sinistra si sta ingegnando a scaricare il TV0, baloccoo ormai inutile. A riguardo sarebbe interessante conoscere l’opinione dell’inviato della berlinese Tageszeitung, Braun che è anche referente della fondazione sindacale tedesca Ebert. Al TV0 si violano i contratti collettivi di lavoro di settore, le verifiche dell’Ispettorato e le pratiche di sicurezza sul lavoro. Si pratica a gogo l’evasione fiscale, previdenziale, assistenziale, assicurativa oltre che dei diritti d’autore. La fondazione Ebert ed il sindacato europeo dovrebbero sostenere l’appello alla liberazione del Valle fatto da Sylos Labini. Come si vede l’elenco di coloro che devono rifondere 3 milioni di euro è noto. Ed è anche facile, da fare in comode rate. Da applicare proporzionalmente a contributi, finanziamenti, salari, stipendi e gettoni da amministratori. Tanto perché almeno una volta anche i TV0 possano dire “anch’io valgo”
http://www.qelsi.it/2014/teatro-valle-cioe-tu-vali-0-zero/
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