giovedì 14 agosto 2014

Tartarughe marine, nel centro di Lampedusa dove i volontari sognano di salvarle dall'estinzione



Con la biologa Freggi, un pomeriggio a bocca aperta a vedere le caretta caretta



Lampedusa Turtle Group, il centro di recupero per le caretta caretta a rischio estinzione. Foto di Valerio Pochini

Lampedusa Turtle Group, il centro di recupero per le caretta caretta a rischio estinzione

Per Lifestyle, tartarughe centro Lampedusa

Lampedusa Turtle Group, il centro di recupero per le caretta caretta a rischio estinzione

Lampedusa Turtle Group, il centro di recupero per le caretta caretta a rischio estinzione

Lampedusa Turtle Group, il centro di recupero per le caretta caretta a rischio estinzione

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Per Lifestyle, tartarughe centro Lampedusa

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Lampedusa Turtle Group, il centro di recupero per le caretta caretta a rischio estinzione

Lampedusa Turtle Group, il centro di recupero per le caretta caretta a rischio estinzione

Lampedusa Turtle Group, il centro di recupero per le caretta caretta a rischio estinzione

(di Alessandra Magliaro)
 LAMPEDUSA - Si chiamano Serena, Maia, Alex, Diana, Homerous, sono le tartarughe ferite che Diana Freggi e un manipolo di volontari - attualmente in queste settimane d'agosto tutte giovani donne - curano con grande passione nel centro Lampedusa Turtle Group che ha il patrocinio del WWF e che dopo i tagli ai fondi che hanno provocato la chiusura degli altri centri - tra qui quelli di Comiso e Ficuzza - e' rimasto l'unico aperto in tutta la Sicilia ad occuparsi dellecaretta caretta, le tartarughe a rischio di estinzione che abitano questo mare.
''Noi resistiamo -dice la biologa marina Freggi, l'eroina delle tartarughe, da 20 anni emigrata in Sicilia per loro- i fondi non li avevamo prima e non li abbiamo oggi, a noi non ci e' cambiato nulla. Viviamo del nostro volontariato, di chi come il chirurgo veterinario Antonio Di Bello dell'università di Bari prende il primo volo per Lampedusa quando lo chiamiamo per qualche operazione da fare e lui con generosità si precipita. Lo stiamo aspettando anche oggi, ci sono tre tartarughe che hanno bisogno del suo bisturi per non morire''. C'è il volontariato, diciamo anche la dedizione assoluta di Diana Freggi, quello di Di Bello e quello dei tanti ragazzi che da ogni parte d'italia e dall'estero vengono a dare una mano qui. ''Siamo in una casa del centro tutti insieme noi volontari, ci paghiamo le spese, lavoriamo con le tartarughe, impariamo a conoscere la loro vita e quello che noi possiamo fare per non contribuire alla loro estinzione. Sono 15 giorni o un mese qui ma e' un'esperienza che vale tanto'', ci racconta Caterina che e' arrivata da Milano e pazienza se il tempo per fare il bagno e' davvero poco. E ci sono i turisti, i bambini in vacanza a bocca aperta a vedere muoversi nelle vasche di degenza, i loro letti d'ospedale, questi animali che magari hanno un amo nel'intestino, un'intossicazione da plastica scambiata per una medusa di cui sono ghiotte o una ferita sul carapace provocata dall'elica di un motoscafo. Ai turisti e' aperto durante la stagione estiva, ogni pomeriggio dalle 17alle 20, i bambini guardano, ascoltano i racconti delle volontarie, sono i primi a lasciare qualche euro di offerta mentre ammirano la figura lenta di questi animali. Una sosta obbligata qui a Lampedusa, tra un tuffo e l'altro.
''Una visita importante perché dalla loro sensibilità -racconta Daniela - si potrà cambiare in futuro il nostro rapporto con il mare. L'uomo ha inventato una cosa utile come la plastica ma quando la getta in mare non si rende conto di quanto sia un'arma micidiale. Il tappo di una bottiglia di plastica si pianta alla bocca dello stomaco della tartaruga e la soffoca, per fare un esempio banale''.  E poi i bambini sono preziosi, ''tornano nelle loro città e spesso quando nei primi giorni di scuola gli insegnanti chiedono cosa è rimasto delle loro vacanze è proprio il racconto di un pomeriggio passato a vedere le tartarughe ferite è la prima cosa che affiora e da lì una bella onda di conoscenza, voglia di approfondimento, di educazione ambientale si propaga'', dice con entusiasmo la Freggi.
Con le donazioni dei turisti si comprano alimenti, medicine, strumentazioni. C'è la sala chirurgica, il laboratorio, la sala video, lo spazio 'museo' con la storia di questi animali , le uova grandi come palline da ping pong che non si sono schiuse. (Una visita virtuale in attesa di andare a Lampedusa si può fare su www.lampedusaturtlegroup.org). In 20 anni racconta la biologa ''abbiamo curato 4000 tartarughe, cinque anni fa nel centro ne sono arrivate 500 , lo scorso anno appena 30, prima arrivavano esemplari da 60 kg ora da 10. Significa che si stanno estinguendo per davvero e che muoiono sempre più giovani''.  Molte tartarughe arrivano dalla Sicilia, dove le squadre del WWF, specialmente le guardie della Riserva Naturale di Torre Salsa, Paceco e Capo Rama, affrontano i viaggi di collegamento dalle Capitanerie dove l'animale è stato trasportato al traghetto di Porto Empedocle, con qualsiasi tempo e a qualsiasi ora.
Un capitolo a parte spetta ad Homerous, la tartaruga di circa 25 anni che da tre anni è diventata una mascotte del Centro. E'  arrivata nel 2008 da Marsala, con una ferita ad una pinna. Quando è arrivata era affamata, mostrava una grande ferita cicatrizzata sul dorso, responsabile della lesione alla colonna vertebrale che le impediva l'uso delle pinne posteriori. ''Ma la nostra paziente ha continuato a crescere in mare, superando quel grave trauma, fino a quando, forse in una rete a strascico, un masso le ha polverizzato l'omero sinistro. A questo punto per la tartaruga, con l'uso solo di una pinna, è diventato difficile procurarsi il cibo, lei predatrice di pesci, calamari, meduse, conchiglie, alghe, ha dovuto alimentarsi con le piccole cose che riusciva a catturare, lenta nei suoi movimenti, fino a quando sfinita, è rimasta impigliata nelle reti di un pescatore sensibile, che dopo averla recuperata, l'ha consegnata alla Capitaneria di Porto di Marsala, che l'ha affidata alla squadra del WWF per il trasporto presso il nostro ospedale. Le radiografie hanno mostrato subito l'impossibilità di recuperare l'osso leso, e l'unica cosa che abbiamo potuto fare è curarla dalle infezioni e dalla debilitazione che la indebolivano. Le abbiamo dato il nome di quell'osso che le impedisce la libertà, ed ora è Homerous per tutte le migliaia di visitatori che anno dopo anno la ritrovano nel nostro ospedale. Nel frattempo Homerous cresce, sensibilizza le persone alla difesa dell'ambiente e delle tartarughe marine in estinzione, e stimola convegni dove i veterinari studiano il suo caso, per cercare di trovare le nuove tecniche ortopediche o neurologiche che le restituiscano la velocità che le serve per la sopravvivenza. Spesso la portiamo in mare, per ritrovare il suo ambiente, ed è dolcissimo vederla fare capolino fra la posidonia, nel blu trasparente delle acque cristalline di Lampedusa'', racconta la volontaria che è addetta a lei e che qualche giorno fa s è emozionata a vederla muoversi nel mare per la terapia riabilitativa. Dice Daniela Freggi: ''per lei sogniamo un braccio di mare dove protetta possa sviluppare la sua muscolatura, per compensare le limitazioni motorie che ha. Una piccola baia dedicata a lei, ambasciatrice di una specie che sta scomparendo dai nostri mari, preziosa per l'umanità perché ha il compito di tenere sotto controllo il numero sempre maggiore di meduse, un pezzetto di mare dove la gente posa vederla nuotare, dove lei possa imparare ad andare più veloce, per catturare il suo cibo''.
Fondamentale e' la collaborazione con i pescatori, la Freggi li vorrebbe più sensibili come quelli di Mazara del Vallo. Le tartarughe sono a volte considerate dannose, rompono le reti, sono fastidiose, e' difficile far capire loro che stanno per estinguersi. E capita anche che li tengano come 'attrazione' nelle barche che fanno il giro turistico dell'isola. ''A Lampedusa c'è solo un pescatore che si da tanto da fare per noi, ci consegna gli animali feriti che trova, ci porta le meduse per dargliele da mangiare'', racconta. Muoiono per le lenze da pesce spada conficcate nell'intestino, per i metalli pesanti per le fratture agli arti provocate dalle eliche, ''tutti danni provocati dall'interazione con l'uomo''. Daniela insegna matematica e scienze agli studenti delle medie a Lampedusa, ''mi mantengo così per lavorare volontaria anche io in questo centro aperto 365 giorni l'anno. ''Un solo ragazzo di Lampedusa c'è ad aiutarci e questo mi dispiace tanto, ma le cose cambieranno sono fiduciosa'' dice la dottoressa che avrebbe voluto da biologa marina occuparsi di delfini invece il destino l'ha portata qui da Roma ad occuparsi delle tartarughe. ''Sono animali solitari, ostinati che solo con il tempo ho imparato ad amare. Sono tenace come loro'', conclude.

 (ANSA) 

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