venerdì 15 agosto 2014

Chi guida il partito antitasse?

Girotondo di prof liberisti e no sul manifesto anti flemma di CDB

In Italia occorre dare precedenza al dibattitosulle riforme economiche,  altrimenti sarà difficile concepire “un vero e proprio choc di crescita” per il nostro paese. L’appello lanciato ieri sulle colonne di questo giornale da Carlo De Benedetti, che ha invocato tra l’altro una “riforma in senso liberale del fisco”, è stato raccolto dagli economisti che il Foglio ha raggiunto in queste ore. Non tutti unanimi nella scelta delle opzioni da privilegiare, ma uniti dalla convinzione che quella di restare immobili non è una strategia percorribile. 

Riccardo Gallo, già manager dell’Iri e oggi professore all’Università La Sapienza di Roma, esordisce con uno speranzoso “benvenuto” a CDB: “Ancora tre anni fa invitammo pensatori e politici di ogni appartenenza culturale per stilare un Manifesto di valori liberali – ricorda al Foglio – da sinistra, allora, non venne nessuno”. Detto questo, un liberista come Gallo non si sogna di negare che “la pressione tributaria in Italia sia un peso insopportabile” e che occorra “abbattere il peso dello stato”. Ma il ragionamento di CDB funzionerebbe meglio se invertito: “Prima bisogna frenare l’invadenza dello stato, tagliando la spesa e riducendo tutta una serie di prescrizioni statali che regolano la nostra vita quotidiana e alimentano una burocrazia in perenne espansione”. Poi può venire tutto il resto, patrimoniale inclusa. “Ma solo se prima si frena l’invadenza statale, altrimenti non mi fido”, ribadisce Gallo. 

Un giudizio complessivamente positivo sull’intervento dell’Ingegnere di Ivrea è quello di Paolo Savona: “Diagnosi e terapia proposte da De Benedetti sono complete e chiare, anche se la terapia suggerita non è al momento praticabile da un punto di vista politico”. Non c’entra il fatto, osserva Savona en passant, che De Benedetti tenti in maniera acrobatica di tenere assieme il pensiero di due uomini così diversi tra loro come Luigi Einaudi e Ezio Vanoni: “Diceva Keynes che spesso siamo schiavi degli economisti morti”. A rendere “democraticamente impraticabile” lo choc fiscale c’è un altro dato oggettivo: sono ormai decenni che si parla di ridurre la spesa pubblica e di diminuire le tasse, senza risultati sensibili. Senza contare che ora si aggiunge anche una congiuntura globale avversa: “Quando si parte da un livello di debito pubblico che sfiora il 120 per cento del pil, non si possono rischiare salti nel buio riducendo le tasse senza certezze di riduzione delle spese. Piuttosto servirebbe un accordo sull’ipotesi di cedere quote del patrimonio pubblico per aggredire il debito”. Solo così la ricetta debenedettiana si fa più realistica. 

Anche perché “il consenso sul fatto che si debba ridurre il peso fiscale, lasciando allo stesso tempo invariato il saldo dei conti, è ormai quasi unanime”, dice l’economista Mario Seminerio, “e spostare la tassazione delle persone alle cose, in linea teorica, va benissimo. Su questo Tremonti e De Benedetti hanno ragione”. Ma la strategia non può essere la stessa che avremmo applicato prima dell’attuale “emergenza fiscale globale”: “Oggi, per alzare l’asfittico potenziale di crescita, a una manovra sulle imposte serve affiancare una svolta nel campo delle riforme strutturali, come le liberalizzazioni”. Anche l’incremento dell’età pensionabile andrebbe in tal senso: “Servirebbe un generalizzato aumento dell’età del ritiro”, scriveva ieri CDB. Su questo fronte Fiorella Kostoris, docente di Economia politica all’Università La Sapienza di Roma, ritiene si debba proseguire con maggiore decisione: “Ridurre le imposte tout court oggi è difficile, ma per provarci occorre diminuire la spesa pubblica rendendo più radicale il meccanismo di adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita e innalzando l’età pensionabile delle donne”.   

Il punto di vista dell’Ingegnere, che (recenti precisazioni a parte) resta la tessera numero 1 del Partito democratico veltroniano, ovviamente fa discutere anche a sinistra. Stefano Fassina, deputato e responsabile economico del Pd, raccoglie volentieri il guanto di sfida gettato da CDB: “Il suo è un punto di vista liberale e allo stesso tempo progressista. Non ci vedo contraddizioni”. Anche perché, osserva Fassina, “la crescita è la condizione indispensabile per qualsiasi politica ridistributiva”. E però “il taglio delle tasse – soprattutto sul lavoro – è solo uno dei fattori propulsivi dello sviluppo, sul quale siamo già pronti a discutere con il governo”. Non solo, secondo il responsabile economico del Pd, le fonti di copertura indicate da De Benedetti rischiano di non essere sufficienti: “Serve rafforzare in maniera non ideologica la lotta all’evasione e aumentare l’imposta sostitutiva sui redditi da capitale”. Riccardo Realfonzo, ordinario di Economia all’Università del Sannio, partendo da una prospettiva più keynesiana sottoscrive l’analisi di CDB sulla situazione italiana e si spinge oltre: “Non solo la ripresa è più lenta, ma continua un processo di declino avviato prima della recessione. È essenziale ridurre le imposte sui redditi da lavoro, alla luce del livello estremamente basso dei salari”, aggiunge, “ma senza intaccare la spesa pubblica che serve invece per infrastrutturazione e politiche industriali. Gli sgravi si ripagano redistribuendo i carichi fiscali sui redditi da capitale”. 

Enrico Colombatto, infine, professore di Economia all’Università di Torino, ribalta addirittura la prospettiva di partenza: “Da un punto di vista liberale le regole sono fondamentali. Se il paese non attrae investimenti, ciò è dovuto innanzitutto ai limiti delle nostre istituzioni, a partire dalla giustizia lenta e dalla burocrazia invasiva. Se lo stato non torna ad essere un arbitro rapido e giusto, parlare di riforme economiche rischia di essere soltanto un esercizio di stile”.

http://www.ilfoglio.it/articoli/v/112723/rubriche/chi-guida-il-partito-antitasse.htm

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