A VOLTE RITORNANO! DOPO GLI SCANDALI ABU OMAR E TELECOM, LO SPIONE MARCO MANCINI TORNA A ROMA DOPO L’ESILIO IN AUSTRIA E VUOLE UN POSTO DI PRIMA FILA NEL CONTROSPIONAGGIO - CHI LO SCRIVE? CLAUDIA FUSANI, CHE SI BRUCIÒ PROPRIO PER IL CASO MANCINI...
La giornalista, rimasta a piedi per la chiusura dell’Unità, seguì la sua amica Concita De Gregorio al quotidiano fondato da Gramsci dopo un mitologico scazzo dentro a “Repubblica”: fu beccata a passare notizie proprio a Mancini. E ora rientra nel gruppo, con un blog su “Huffington Post”…
1 - A VOLTE RITORNANO. GLI 007 LO FANNO QUASI SEMPRE
Claudia Fusani per “Huffingtonpost.it”
I colpi di mano accadono spesso d'estate. Meglio se d'agosto, caldo, vacanze, stanchezza, pressione bassa, si sa come va: ci si distrae. Così capita, d'agosto per l'appunto, di vedere il capitan Schettino, quello della Concordia che inchinandosi al Giglio ha ucciso 33 persone e devastato un territorio, tenere una lezione all'università sul tema: "Gestione degli stati di crisi". Certo, lui sì che ne sa qualcosa visto che scappò a gambe levate dalla nave che stava affondando e per questo è sotto processo.
Ugualmente capita di scoprire che Marco Mancini, 007 dei nostri servizi segreti esteri, prima Sismi e ora AISE, è tornato da Vienna, dove era stato distaccato, ed è a Roma dove batte i piedi perché pretende di tornare ad essere operativo. Un vero agente segreto, di quelli - si diceva una volta - con i baffi finti e il cappello calato sugli occhi. Oggi si dice "impegnato in prima linea nei teatri di crisi internazionali, perfetta sintesi di humint e sigint", di human intelligence e signal intelligence.
Ora, tra Schettino e Mancini c'è una grossa differenza. Il capitano è sotto processo e diciamo che per lui non si sta mettendo bene. Lo 007 di processi ne ha attraversati due, uno per sequestro di persona (l'imam Abu Omar) e uno per spionaggio (Telecom), è stato condannato ma poi su di lui - e sul suo capo Niccolò Pollari - è calato il velo del segreto di stato.
E quindi, pulito come un giglio, vuole diventare capo del controspionaggio militare. Diventare il numero due di Alberto Manenti nominato in aprile direttore del Servizio e numero 1 di Forte Braschi. Che poi è sempre stato il suo sogno, questo, di Mancini, ostacolato, a suo tempo, da Nicola Calipari, ucciso a Baghdad dal fuoco amico la sera del 4 marzo 2005 mentre portava in salvo la giornalista Giuliana Sgrena.
Formalmente Marco Mancini non ha condanne. E però è il caso di ricordare qualche passaggio della sua carriera. Il 5 luglio 2006 viene arrestato con l'accusa di concorso in sequestro di persona per il rapimento di Abu Omar, l'imam egiziano della moschea di viale Jenner a Milano fatto sparire il 17 febbraio 2003. A Mancini è contestata la creazione di una "polizia parallela" composta da agenti italiani e agenti della CIA, una struttura che agisce in quegli anni di terrore ed esegue extraordinary rendition (sequestri di persona di soggetti legati al mondo integralista islamico e per questo ritenuti pericolosi).
Nel 2012 la Cassazione condanna in via definitiva 23 agenti americani e dopo vari passaggi (14 gennaio 2014) annulla senza rinvio le condanne di Pollari e Mancini in quanto "l'azione penale non poteva essere perseguita per l'esistenza del segreto di Stato". Il verdetto della Cassazione chiude una lunga contrapposizione tra i giudici della Procura di Milano, spalleggiati dalla Cassazione, e la Presidenza del Consiglio, supportata dai giudici costituzionali.
Mancini è stato protagonista anche del caso Telecom, una gigantesca operazione di dossieraggio (di cui Telecom è parte lesa) messa in piedi dal2003 al 2006 (quando fu scoperta) da uomini della sicurezza interna (Luciano Tavaroli, amico e collega di Mancini), agenti privati (Cipriani) e 007 in servizio, Mancini appunto. Ancora una volta il segreto di stato ha lavato le colpe. Ma non i dubbi. Che restano.
Ora, questo e molto altro ancora è la storia professionale di Marco Mancini, agente segreto amante delle abbronzature, degli abiti di taglio e del potere, della ribalta e degli aperitivi. In questi anni di processi è stato capo centro a Vienna. Il primo agosto è tornato in servizio a Forte Braschi, a Roma. "A disposizione", si dice. "In attesa di tornare operativo" aggiungono altri. Una destinazione di incarico che deve passare da palazzo Chigi, dalla scrivania del Premier e del sottosegretario con delega all'intelligence Marco Minniti. E su cui siamo sicuri che entrambi vorranno spendere qualche minuto di attenta riflessione.
2 - IL CASO FAZZO-FUSANI
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