Il “Ribellarsi facendo” spiegato ai bambini
“Ribellarsi facendo” non è solo il titolo della campagna promossa da Comune. Prima di tutto è un mondo che vogliamo raccontare, accompagnare e difendere insieme ai molti e molte, bambini e ragazzi inclusi. Un mondo diverso fatto, ad esempio, di autogestione, di cose messe in comune, di conflitti gestiti, di città e scuole a misura di bambino e di bambina, di rabbia e di affetto, di forme nuove di apprendimento e, soprattutto, di cooperazione.
“Il nostro mondo è stato lacerato ed ha ora bisogno di essere ricostruito”
Maria Montessori
di Gianluca Carmosino e Annarita Sacco
Ribellarsi facendo. cioè la rivolta dei verbi, è …
1. Gridare di fronte a bugie, atti di prepotenza, violenze.
2. Cercare insieme domande.
3. Imparare facendo, ovvero scoprire il gusto di sperimentare (il cambiamento qui e ora), farescuola nel bosco e nelle piazze, negli orti e andando a scuola a piedi o in bici, fare il pane insieme e autocostruirsi giocattoli, rallentare … “Il nostro libro è il mondo, i nostri strumenti gli occhi e le mani (e magari la macchina fotografica)”, ha scritto un po’ di anni fa un maestro molto bravo.
4. Mettere in comune delle buone idee, tanti giochi, della colla, e poi matite, colori, gessetti, un cacciavite, qualche sacchetto di Fantasia, di Arte di arrangiarsi e di Saper fare. I più fortunati di voi che sono stati in una ciclofficina lo sanno bene: hanno scoperto, ad esempio, come togliere la camera d’aria di una ruota bucata, come identificare il punto preciso di una foratura con una bacinella d’acqua, come utilizzare della colla liquida per mettere la toppa di gomma … e lo hanno fatto insieme ad altri, grandi e piccoli, condividendo attrezzi, spazi, tempi e conoscenze.
5. Vincere la paura di non riuscire a cavarsela, non rassegnarsi, non aspettare che altri risolvano i nostri problemi. Abituarsi a pensare, di fronte a un problema enorme: “Questa è un’opportunità, non solo e non per forza un pericolo”. Una possibilità per cambiare, per fare cose nuove, per buttare giù le frontiere di tutti i tipi, per costruire amicizie profonde.
6. Prendersi cura del nostro compagno di banco e chi abita dall’altra parte del mondo ma sappiamo che è nostro fratello e nostra sorella, ma anche di cani, di gatti, di lucertole, di lumache (maestre di lentezza e di tante altre cose come raccontano i bimbi del Chiapas) e pure di zucchine e pomodori (d’estate), zucche e cavoli (d’inverno), aria e acqua.
7. Gestire i conflitti, sperimentare mediazioni, inventare soluzioni, imaparare a litigare. Perfino provocare conflitti. Chi ha paura, li evita o, peggio ancora, li nasconde non fa altro che gettare benzina sul fuoco della violenza: fa il gioco dei prepotenti.
8. Mostrare ai più grandi che è possibile vivere senza la “regola del più forte” e che non esiste solo la storia scritta dai più prepotenti sui loro libri e sui loro giornali.
9. Fare cooperazione. Cooperare è una bella parola. Suppone di muoversi con gli altri insieme, mettersi in cerchio, accogliere, abbracciare. La conoscete la filastrocca di Mario Lodi intitolata “La mano”? Eccola: “La mia mano ha cinque dita, e racconta la sua vita. Dice il pollice, dito ciccione: Io sono il padrone. Senza di me non infila l’ago nemmeno il re. E dai piccini sono succhiato come un gelato. Subito l’indice si alza e dice: Io insegno la strada al turista e al ciclista, e suono il campanello alla casa del dottore al portone del castello. Il medio allora dice: Io tengo il ditale alla sartina che fa vestina. Zitti, l’anulare sta per parlare: Io ho poca voglia di lavorare, ma sono il più bello perché ho l’anello. Così ornato sono da tutti molto ammirato. Alla fine parla il più piccino, che si chiama mignolino: Nessuno è più piccolo di me. Ma se suono il violino scivolo sulla corda come un ballerino. Però… voglio dire la verità: la sinfonia da solo suonar non potrei, senza i fratelli miei”.
10. Non smettere mai di sognare, quando dormiamo oppure ad occhi aperti. Sognare un mondo diverso fatto di grida, di domande, di autogestione (non abbiamo bisogno di un capo che scrive i nomi dei buoni e dei cattivi alla lavagna, abbiamo bisogno di tanti e tante compagni di strada), di cose messe in comune, di conflitti, di città a misura di bambino e di bambina, di rabbia e di affetto, di forme diverse di apprendimento e, soprattutto, di cooperazione. Ha scritto Danilo Dolci, maestro e poeta ribelle, che invece di protestare e scioperare per la mancanza di strade si metteva a costruirle insieme ai suoi amici contadini: “Ciascuno cresce solo se sognato”.
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