domenica 25 agosto 2013

NAPOLITANO, MARINI E QUELLA PENSIONE “REGALATA” SENZA AVER PAGATO UN CENTESIMO DI CONTRIBUZIONE


Ecco i pensionati che non hanno mai pagato i contributi, tra loro il Presidente Napolitano


L’attuale presidente della Repubblica e l’ex presidente del Senato (Napolitano e Marini) beneficiano della legge Mosca, così chiamata dal nome dell’esponente della Cgil, Giovanni Mosca, che ne fu il relatore.
” La legge nacque (nel 1974) con buoni propositi, quelli che lastricano la via dell’inferno: sanare la situazione di un centinaio di persone che nei decenni successivi al dopoguerra avevano prestato la loro opera nei sindacati o nei partiti senza che a loro nome fossero stati versati i contributi all’Inps.

La pratica andava per le spicce: bastava la semplice dichiarazione del rappresentante del partito o del sindacato e all’interessato veniva versata la pensione, oltre naturalmente gli arretrati a partire dal 1948.
Via via prorogata, della legge Mosca hanno finito per avvantaggiarsene qualcosa come 40mila persone. Con un costo per lo Stato e dunque per i contribuenti calcolato, per difetto, in 25mila miliardi di vecchie lire.
Molte persone, pur senza averne i titoli, approfittarono della legge Mosca per ottenere una pensione a costo zero e, salvo qualche caso isolato, le inchieste finirono per insabbiarsi.”
Beh sapete chi usufruìsce di tale legge?
Tra i beneficiari della legge Mosca, molti bei nomi della politica e del sindacato, gran parte dei quali ancora in attività:
Armando Cossutta,
Achille Occhetto,
Giorgio Napolitano,
Sergio D’Antoni,
Pietro Larizza,
Franco Marini,
Ottaviano del Turco,
la scomparsa Nilde lotti.
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LA LEGGE MOSCA: UNA TRUFFA SEMIDIMENTICATA

di Giorgio Bianco – 28 aprile 2005
Quasi mai se ne parla. Pochissimi sanno che cosa sia, talvolta anche tra le persone più informate. Per quasi venticinque anni la faccenda sarebbe rimasta sotto silenzio, se il 30 luglio del 1998 un senatore dell’opposizione, Eugenio Filigrana, allora di Forza Italia, non avesse presentato una lunga dettagliatissima interrogazione rivolta agli allora ministri del Lavoro e delle Finanze, Tiziano Treu e Vincenzo Visco.
Si sta parlando della legge 252 del 1974, detta «legge Mosca», dal nome del suo promotore, Gaetano Mosca, originariamente deputato milanese del Partito Socialista molto vicino a Ernesto De Martino, poi passato alla Cgil quando la direzione del Psi decise che avrebbe dovuto prendere il posto del capo storico della corrente socialista all’interno del sindacato, Fernando Santi. Quando nella Cgil, come nelle altre due principali confederazioni sindacali, fu sancita l’incompatibilità tra mandato parlamentare e incarichi sindacali, Mosca ritornò nel partito, dove ricoprì mansioni importanti, fino alla vicesegretaria, ma la sua carriera politica si avviò al tramonto nel 1976, quando, all’hotel Midas di Roma, si svolse la storica riunione del comitato centrale del Psi che vide l’avvento di Bettino Craxi e l’eclisse di De Martino.
Il nome di Giovanni Mosca, comunque, rimane legato, piaccia o no, alla legge grazie alla quale decine di migliaia tra funzionari ex Pci, portaborse ex Dc e socialisti, e, immancabilmente, sindacalisti Cgil-Cisl e Uil,hanno potuto beneficiare – spesso abusivamente – di pensioni agevolate, e di godere dell’incredibile privilegio di riscattarsi a basso costo non solo gli anni trascorsi nel partito o nel sindacato, ma persino quelli passati sui banchi di scuola, purché si rientrasse nelle suddette categorie. Nel complesso, a beneficiare di questa manna sono state 37.503 persone, delle quali il 60% della Cgil (9.368 unità) o dell’ex Pci (8.081), seguiti a ruota degli ex padrini o impiegati della Dc (3.952), Psi (1.901), Cisl (3.042) e Uil (1.385). Rimangono poi altre 9,390 pensioni erogate, sempre grazie alla legge Mosca, ad appartenenti ad organizzazioni minori, comunque quasi tutte distribuite secondo la logica del favoritismo, della clientela e della lottizzazione.
È stato calcolato che il danno provocato all’erario da questo esercito di privilegiati ha superato i 25mila miliardi di lire. Grosso modo, la somma che il governo di centro-sinistra ha cercato a suo tempo di racimolare con i tagli sulle pensioni di anzianità previsti dalla finanziaria ’99. Una gigantesca truffa ai danni dello Stato, visto che il numero dei beneficiari della normativa speciale ha superato di gran lunga quello degli aventi diritto, come dimostra il fatto che, al momento dell’interrogazione di Filigrana, molti risultavano ancora in servizio.
Il meccanismo della truffa, peraltro, era semplice. In molti casi vanivano dichiarati anni, persino decenni, fasulli oppure lavorati in maniera non continuativa. Tra i soggetti beneficiari della «legge Mosca», alcuni risultavano aver fatto gli autisti fin dall’età di 12 anni! Un altro esempio del modo truffaldino con cui ci si servì del provvedimento fu la vicenda giudiziaria di un impiegato toscano della Dc, che venne condannato per truffa e falso ideologico e dovette restituire quasi 325 milioni di lire di pensione intascati senza averne diritto.
Ma il caso più eclatante fu il processo istruito contro 111 lavoratori fittizi di Pci, Dc, Cisl e Lega Coop, tutti accusati di aver usufruito della pensione garantita dalla legge Mosca senza aver mai lavorato, rispettivamente, presso partiti, sindacati e cooperative. In realtà, la maggior parte di costoro, negli anni riscattati, erano stati partigiani, soldati, studenti (delle medie inferiori) quando non addirittura detenuti!
La denuncia si rivelò una bella patata bollente, per una sinistra che, proprio nel momento in cui si trovava a fare i conti con il delicato terreno dei tagli alla spesa sociale, rischiava di trovarsi colta in fallo, senza le carte in regola. «Vaglielo a dire - scriveva Robi Ronza - a quei poveracci che hanno sempre pagato fiori di contributi all’Inps che la loro pensione, sia pure d’anzianità (ma c’è chi l’ha presa avendo iniziato a lavorare a dieci anni per davvero, e non solo figurativamente come hanno fatto risultare i furbi della legge Mosca) che ora sono proprio loro a dover pagare truffe come le pensioni per i finti invalidi o quelle di comodo per i vari politicanti d’Italia».
Le domande di Filigrana, comunque, non ricevettero alcuna risposta: un silenzio assoluto, tanto che il parlamentare definì esplicitamente Romano Prodi«insabbiatore dello scandalo». Un silenzio, quello di Prodi, per un verso anche comprensibile, visto che la truffa coinvolgeva anche molti degli allora leader sindacali, nonché dei politici della sinistra, i quali, più che il rosso delle bandiere, avrebbero dovuto mostrare quello della vergogna, a dover spiegare alla classe operaia che avrebbe dovuto sopportare tagli previdenziali per compensare gli sprechi e le truffe attuate negli anni Sessanta per favorire esponenti della Trimurti sindacale, nonché della sinistra stessa.
La questione ripiombò nel silenzio fino a quando, nel gennaio del 2001, Marco Palma, consigliere comunale di Roma, tirò nuovamente in ballo lo scandalo: «Il presidente dell’Inps, Paci, tiri fuori i nomi dei beneficiari della legge Mosca. Così avvieremo una vera e propria perestrojka presso l’Inps. Faremo luce sulla spartitopoli e sui moralisti che oggi lanciano strali sulla previdenza dei lavoratori». Parole che, come nel ’98 quelle di Filigrana, sono rimaste del tutto prive di risposta.

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