domenica 2 giugno 2013

Il paese che trucida le donne

di    - Afghanistan: due le ministre morte in attentati, molte le ragazze punite per "reati morali"


Il paese che trucida le donne

La condizione femminile in Afghanistan, dopo l’omicidio del secondo  ministro donna negli ultimi mesi, sta diventando sempre più drammatica. A perdere la vita, lo scorso 10 dicembre, è stata Nadia Sidiqi, responsabile del dipartimento per le questioni femminili della provincia di Laghman. Soltanto cinque mesi prima la stessa sorte era toccata ad Hanifa Safi, colei che l’aveva preceduta in quell’incarico. Morta per l’esplosione di una bomba sulla sua auto, che uccise anche il marito e ferito 11 persone, tra cui la figlia. A denunciare con un video-reportage la grave violazione dei diritti umani contro le donne afghane è il “Center for investigative reporting“, in un paese dove la maggior parte delle detenute nelle carceri sono soltanto delle vittime. Accusate per quelli che i tribunali chiamano “crimini morali”.

L’ATTENTATO – Nadia Sidiqi è stata assassinata a colpi d’arma da fuoco, mentre si recava a lavoro, proprio nella giornata internazionale dedicata ai diritti umani. A riferirlo alla France Presse è stato Fazil Ahmad Sherzad, capo della polizia della provincia di Laghman, città che si trova ad est di Kabul. Un’inchiesta è in corso, ha assicurato Sherzad, affermando che i responsabili “saranno presto arrestati”. Ma non è certo l’unico caso ad intimorire l’opinione pubblica internazionale. Il CIR, nel suo video, mostra l’oppressione e l’intimidazione delle donne afgane, attraverso un viaggio nelle carceri femminili di Kabul e Mazar-e-Sharif. Uno sguardo che mostra un aspetto sconvolgente della società afghana, che troppo spesso non riesce a trovare spazio nei media. “La maggior parte delle donne afghane in carcere non hanno commesso alcun reato. Sono richiuse in galera per adulterio  quando non vengono addirittura condannate a morte, come nel caso denunciato a luglio, ndr - o per aver scelto l’uomo sbagliato. Oppure per essere fuggite da mariti violenti, scelti dai loro padri”, spiega il CIR.

VITTIME NEL SILENZIO  - Nel video le donne intervistate denunciano le violenze subite. E la beffa di essere ritenute colpevoli: “Non volevo stare con lui, aveva già due mogli. Mio padre voleva portarmi a Nuristan per costringermi a sposare un uomo, così sono scappata con il mio amante. Ma quando mi ha trovato, mi ha messo in prigione”, ha spiegato Soheila. Storie impressionanti, donne vittime di una società tragicamente conservatrice e maschilista: “L’Afghanistan è una società dominata dagli uomini. Padri e fratelli sono quelli che decidono ogni aspetto della vita di una donna. Nei villaggi più poveri le figlie sono ancora vendute nei matrimoni combinati, in cambio di un pezzo di terra o di denaro”, denuncia un’altra ragazza. A volte sono vendute quando sono ancora giovanissime: “Avevo nove anni quando mio padre ha scelto per me l’uomo con cui ero costretta a sposarmi”. Eppure, spiega Azad, in teoria la legge afgana sembrerebbe molto simile a quella di molti paesi occidentali. Ma la realtà è radicalmente diversa, come spiega Gul Guthai: “Se il marito scompare per più di tre anni, in base alla legge afghana la moglie può andare in tribunale e chiedere il divorzio”. Ma per la Shari’a, invece, una donna deve attendere suo marito per 70 anni. Così il giudice spesso privilegia l’interpretazione della Shari’a, rispetto a quella offerta dal diritto civile.

LA VERGOGNA - In cambio di un pezzo di terra, il padre di Soheila esigeva che la figlia si sposasse e diventasse la terza moglie di un uomo più anziano. Invece, la donna è scappata e ha sposato il suo amante. Suo padre l’ha trovata e la fece arrestare, anche se lei era incinta: suo figlio è nato in carcere, è uno dei 42 bambini di Badam Bagh. “Qui non ho una vita. Il mio bambino non ha un futuro. Vivere in carcere è difficile. Ma se vado a stare con mio marito, mio ​​padre mi ucciderà”, denuncia Soheila. Non tutti gli uomini guardano alla  Shari’a con favore: “Penso che le ragazze non dovrebbero sposarsi prima dei 18 anni. E dovrebbero essere in grado di farlo con chi gli pare. Non è giusto che i padri vendono le loro figlie per i soldi”, denuncia il marito. Secondo la legge afghana l’età legale per il matrimonio è di 16 anni per le donne e 18 per gli uomini. Peccato che la realtà, anche in questo caso, sia differente: secondo un rapporto delle Nazioni Unite quasi il 60 per cento delle ragazze si sposano prima di compiere 16 anni.
SITUAZIONE POLITICA - Anche se il regime dei talebani è stato rovesciato nel 2001, dopo l’attacco alle Torri Gemelle e l’intervento militare (l’operazione Enduring Freedom) voluto dagli Stati Uniti di Bush, poco è cambiato in Afghanistan. Altro che “esportazione di democrazia”: gli effetti della dominazione fondamentalista restano evidenti. Oggi, la violenza contro le donne è una costante drammatica nel paese. Azad, come molte donne, si chiede: “Cosa ci accadrà quando tutte le forze di sicurezza internazionali lasceranno il paese?”. Non sono pochi quelli che temono un ritorno al regime talebano.
(Photo/video credit: ilmondo.itcironline.org)

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