FRANCIA Morto a 96 anni il "Menhir" dell'estrema destra francese
Jean-Marie Le Pen durante un comizio nel 2007 – Ap
Jean-Marie Le Pen, il «menhir» dell’estrema destra francese, è morto ieri all’età di 96 anni. Da tempo era ormai ai margini della politica francese, aveva lasciato il posto alla figlia, Marine Le Pen, che ha trasformato il vecchio Fronte Nazionale in un partito che persegue la strategia della normalizzazione, il Rassemblement National, ormai alle soglie del potere. «Figura storica dell’estrema destra, ha svolto un ruolo nella vita pubblica del nostro paese per circa 70 anni, ormai affidato al giudizio della storia», ha sottolineato un comunicato di poche righe dell’Eliseo.
Per il leader della France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, «la lotta contro l’uomo è finita, quella contro l’odio, il razzismo, l’islamofobia e l’antisemitismo continua». Il primo ministro, François Bayrou, ricorda che «combattendolo sapevamo che combattente era». Il presidente attuale del RN, Jordan Bardella, omaggia «il tribuno del popolo», mentre il partito di estrema destra sottolinea che «nella tempesta ha tenuto nelle sue mani la piccola fiamma vacillante della nazione francese».
ERA STATO DIFATTI Jean-Marie Le Pen, nel 1972, quando assieme a un ex Waffen-SS e degli ex collaborazionisti aveva fondato il Fronte nazionale, ad aver adottato la fiamma tricolore, copiata dal Msi, il partito “fratello” a cui si ispirava. All’inizio era un partitino, che ha attirato difensori dell’Algeria francese e violenti di ogni tipo. Non aveva pudori: lo storico Pierre Vidal-Naquet aveva raccolto le prove della sua partecipazione alle torture di prigionieri in Algeria, e Jean-Marie Le Pen aveva ribattuto, spavaldo: «Ho torturato perché bisognava farlo» (più tardi, ritratterà questa dichiarazione).
Nella sua lunga vita politica ha collezionato le condanne penali, per provocazione all’odio, apologia di crimini contro l’umanità e di guerra, violenze contro persone. È naufragato sull’antisemitismo, sulle camere a gas «dettaglio della storia», causa del temporaneo distacco della figlia Marine che punta alla “normalizzazione”.
JEAN-MARIE LE PEN è entrato in politica a 27 anni nel 1956, come deputato poujadista. Poi, varie volte candidato all’Eliseo, ha riunito poco per volta attorno al primo nucleo di un’estrema destra uscita screditata dalla guerra, varie componenti radicali, dai cattolici tradizionalisti alla Nuova Destra, per raggiungere il suo punto culminante personale: la presenza al secondo turno delle presidenziali del 2002. Una bomba politica e per il Fronte Nazionale il punto di partenza di una nuova fase, che va oltre i brevi e alterni successi di politica locale.
Jean-Marie Le Pen non è stato un ideologo intellettuale, ma ha saputo navigare sulle paure, e lascia degli eredi agguerriti, pronti a prendere il potere. Ha detto di sé: «Socialmente sono di sinistra, economicamente di destra, nazionalmente di Francia». Cioè ha utilizzato le sue origini sociali modeste (il padre era un pescatore bretone), a un certo punto ha sognato di essere «il Reagan francese», mentre non si è mai allontanato dal nazionalismo più bieco, che accusa l’immigrazione di tutti i mali (il suo primo slogan: «Un milione di disoccupati, un milione di immigrati»).
LE PEN È STATO UN AGGUERRITO uomo d’affari e il fondatore di un clan famigliare che, malgrado dei momenti di tensione, continua ancora oggi a funzionare. Il primo grosso colpo è l’eredità di Hubert Lambert, erede del re del cemento. Un lascito enorme, valutato sui 30 milioni di euro. Le Pen organizza una struttura finanziaria che gli permette di gestire il denaro senza controlli da parte delle strutture del partito. Lambert lascia a Le Pen anche la tenuta di Montretout sulle alture di Saint-Cloud, che è da sempre la residenza della famiglia Le Pen e al tempo stesso la sede delle manovre politiche dell’estrema destra francese.
Ci saranno altre misteriose “eredità” per Le Pen: l’immobiliarista Julien Le Sabazec, il pensionato Henri Bussière, la vedova di un farmacista Solange Leonet. Le Pen inventa un sistema di scatole cinesi, dei “micro-partiti” che creano confusione tra soldi privati e quelli del Fronte nazionale e sono una macchina per raccogliere fondi e sovvenzioni, a cui fa aderire la figlia Marine, che arrivata alla testa del Fn nel 2011, segue la stessa strada, con il micro-partito “Jeanne”.
IL “CLAN” TIENE TUTTO sotto controllo: la seconda moglie Jany, le figlie (oltre a Marine, Yann, madre della nipote Marion Maréchal, per un periodo fuggita nel partito di Zemmour; Marie-Caroline, che alla fine degli anni ’90 ha “tradito” scegliendo la fronda di Bruno Mégret, oltre ai vari mariti e ex, tutti attivi per brevi e lunghi periodi nel partito).
https://ilmanifesto.it/jean-marie-le-pen-un-capo-clan-affidato-al-giudizio-della-storia
Mucci71
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