Era un partigiano. Per questo gli lesionarono stomaco e intestino a calci, devastando un corpo già martoriato da mesi di botte e privazioni di ogni genere. Fu un kapò a farlo, perché Teresio si era frapposto tra la sua furia e il corpo di un prigioniero che stava venendo da lui massacrato.
Da mesi, Teresio Olivelli era infatti diventato l’uomo più odiato dai tedeschi del lager di Hersbruck. Perché si occupava di tutti i prigionieri. Materialmente e spiritualmente. Pregava con loro, aiutava i malati abbandonati a sé stessi, curava le loro piaghe, li difendeva e li assisteva fino all’ultimo. Si privava persino delle sue razioni per sfamarli, e questo lo aveva ridotto ad uno stato di deperimento. Tutto di nascosto, perché quando i tedeschi lo scoprivano lo massacravano di botte, dato che gesti di carità non erano ammessi.
In quel lager, Teresio c’era finito di sua spontanea volontà. Catturato perché da militare si era rifiutato di collaborare con i nazifascisti e aveva invece aderito alla Resistenza, diventando partigiano, decise lui di seguire gli altri prigionieri in quel lager per non lasciarli soli.
La sua vita finì in questo giorno, il 17 gennaio, dopo settimane di agonia provocategli dalla furia tedesca.
È stato il primo partigiano ad essere beatificato e oggi ricordiamo il suo nome, la sua storia e i suoi valori che ancora oggi devono ispirare la nostra comunità.
Leonardo Cecchi
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