Il 19 Gennaio, nell'anniversario della morte nel villaggio di Otrar, nell'odierno Kazakhstan, si ricorda il condottiero tartaro Muhammad Shuja Uddin Tīmūr Barlas, meglio noto come Tamerlano (1336-1405), capostipite dei Timuridi.
I. LE ORIGINI
Tamerlano sosteneva di appartenere a un ramo cadetto dei Genghisidi, la stirpe di Gengis Khan, al secolo Temüjin Khan (1162-1227). Gli storici dubitano di questa affermazione.
Certo è comunque che egli era il figlio del capo della tribù turco-mongola dei Barlas, stanziatasi nel Canato del Chagatai in seguito all'invasione mongola del secolo precedente.
Il nome di Tamerlano, in lingua tartara, era Timur Lenk, cioè Timur lo Zoppo, per via di una ferita giovanile: una freccia scagliata da un contadino che lui aveva derubato d'una pecora. Uomo dotato di possente muscolatura e statura imponente, non aveva comunque mai usato il pretesto della zoppìa per lesinare a se stesso la fatica chiesta ai propri uomini.
II. L'IMPERO
Quando la morte lo colse, aveva sessantanove anni e – considerando anche i reami posti in istato di vassallaggio – un impero più grande di quello di Gengis Khan, comprensivo dell'Asia Centrale e della Mongolia, del Caucaso e della Russia, della Persia e della Mesopotamia, della Siria e della Turchia, dell'Egitto dei Mamelucchi e dell'India del Nord.
In realtà, non assunse mai di persona altro titolo se non quello di "Amir", cioè "emiro", che vuol dire "condottiero" o "duca", come a ribadire che governava solo in nome del Khagan dei Mongoli.
Tamerlano era un musulmano religioso che credeva profondamente nella "jihad" e si riteneva un "ghazi", cioè un combattente per la fede, ma le sue campagne più terribili furono quelle contro l'Orda d'Oro o altri Stati musulmani.
Pietoso verso chi avesse accettato le sue condizioni di resa, era stato invece un implacabile distruttore di eserciti nemici e delle città che gli si opponevano, al pari del suo presunto antenato Gengis Khan. Diversamente da questi, però, era stato anche protettore di letterati, uomini di scienza e artisti, oltre che costruttore di splendidi edifici, soprattutto a Samarcanda e a Kesh.
Nel 1402, annientando l'esercito turco nella battaglia di Ancyra, aveva catturato il sultano ottomano Bayazid I la Folgore (1354-1403), poi morto in prigionia in capo a un anno, secondo circostanze che variano a seconda dei cronisti. La devastazione del sultanato aveva consentito a Costantinopoli, all'epoca dei fatti già sotto assedio, di sopravvivere un altro mezzo secolo.
III. L'ULTIMA IMPRESA, LA MORTE, LA SUCCESSIONE
Non pago delle conquiste ottenute, Tamerlano meditava di soggiogare anche la Cina, riportandola sotto il controllo mongolo. Tuttavia, l'esercito in marcia fu sorpreso da una tempesta di ghiaccio in un deserto bianco e lui stesso si spense per le conseguenze di un'ipotermia, nei pressi del villaggio di Otrar, nell'odierno Kazakhstan.
Aveva avuto diciotto mogli e svariate concubine.
Alla sua morte, l'impero da lui creato si sarebbe disgregato, ma i discendenti, i Timuridi, avrebbero governato l'Asia Centrale e la Persia fino al 1507 e l'Impero Moghul, in India, fino al 1858.
IV. IL GIUDIZIO STORICO
Tamerlano segnò al tempo stesso il culmine e il declino delle grandi invasioni dei cavalieri nomadi in Asia e in Europa. La sua figura fu così contraddittoria che è controverso il giudizio degli storici: un uomo colto, un precursore del Rinascimento, oppure un feroce sanguinario, addirittura analfabeta. Stando alle fonti storiografiche, egli poteva agevolmente sostenere una discussione su temi di filosofia, geografia o di storia antica con un erudito del calibro del grande storico Ibn Khaldūn (1332-1406). Per un altro verso le sue vittorie militari e le conquiste lasciarono una scia di stragi e di devastazioni quasi senza precedenti. Da Delhi nella valle del Gange fino a Bursa e Smirne sul Mediterraneo furono a decine le città incendiate e distrutte: Delhi, Herat, Isfahan, Baghdad, Damasco, Aleppo, Kiev, Astrakhan, Mosca, Saraj. Le stragi delle popolazioni — stimate da alcuni studi demografici fino a 17 milioni di vittime fra civili e militari, pari a circa il 5% della popolazione mondiale allora esistente — ebbero un confronto solo con le precedenti invasioni dei mongoli di Gengis Khan.
V. BIBLIOGRAFIA
— AA.VV., "Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti", Istituto dell'Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani degli Alfieri (1877-1961):
- Ettore Rossi (1894-1955), voce "Tamerlano", nel Vol. 33 (1937).
— AA.VV., "Storia del mondo medievale", Cambridge University Press:
– nel Volume III (L'impero bizantino):
- Georgij Aleksandrovič Ostrogorskij (1902-1976), "XV. I Paleologhi";
- Franz Taeschner (1888-1967), "XVIII. I Turchi Ottomani fino al 1453";
– nel Volume VII (L'autunno del Medioevo e la nascita del mondo moderno):
- Dmitrij Petrovič Svjatopolk-Mirskij (1890-1939), "VII. La Russia dal 1015 al 1462";
- Alexander Bruce-Boswell (1884-1962), "VIII. Polonia e Lituania nel XIV e XV Secolo".
— Franco Adravanti (n. 1934), "Tamerlano, la stirpe del Gran Mogol".
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[Nell'immagine: in alto, ricostruzione del volto di Tamerlano, operata nel 1942 in Unione Sovietica, sulla base delle spoglie riesumate del grande condottiero; in basso, carta geopolitica dell'Asia del XIV Secolo, tratta dall'Atlante Storico realizzato nel 1911dal cartografo statunitense William Robert Shepherd (1871-1934)]
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